da: https://www.lettera43.it/
- di Francesco Peloso
La rivista dei gesuiti attacca quell’idea
di cristianesimo inteso come “religione civile” in base alla quale la fede si
trasforma in collante culturale, ideologico, etico, istituzionale, anche a
prescindere dai contenuti, dall’essere credente, dalla parola del Vangelo.
La Civiltà cattolica regola i conti con gli
atei devoti e lo fa a cominciare dal loro capostipite: Benito Mussolini. La
rivista dei gesuiti italiani che per ogni suo numero riceve il ‘visto‘ della segreteria
di Stato, questa volta apre il fuoco ad alzo zero contro quell’idea di cristianesimo
inteso come “religione civile” in base alla quale la fede si trasforma in
collante culturale, ideologico, etico, istituzionale, anche a prescindere dai
contenuti, dall’essere credente, dalla parola del Vangelo.
La questione è tornata di prepotente
attualità in tempi recenti fra rosari e crocifissi sventolati nelle piazze e
richiami all’identità nazionale cattolica compiuti da vari leader politici
europei di destra o populisti o entrambe le cose: Matteo Salvini, Marine Le Pen, Viktor Orban tanto
per citare alcuni di loro. Così, nell’articolo dedicato al tema dalla Civiltà
cattolica (che sembra ben interpretare una più diffusa sensibilità vaticana
circa la situazione politica in Europa e non solo), ben collocati all’interno
di un’accurata analisi storica del rapporto ambiguo ma costante fra il leader
del fascismo e la Chiesa cattolica, non mancano i riferimenti all’attualità.
MUSSOLINI USÒ LA CHIESA E LE FEDE PER PURI
SCOPI POLITICI
Eh sì, perché il senso della cosa è
annunciato fino dal titolo: Mussolini, ateo devoto; la rinnovata attenzione al
fondatore del fascismo in questi anni, per la rivista della Compagnia di Gesù è
dovuta alla crisi dei modelli democratici rappresentativi, alla parallela
ascesa delle «destre in quasi tutti i Paesi d’Europa» e al ritorno della
fascinazione per l’uomo forte in grado di prendere in mano destini di una nazione.
In tal senso, i gesuiti pongono due punti fermi: in primo luogo rifiutano una
concezione ideologica che vede nel capo e del fascismo una “male assoluto”,
metastorico, inspiegabile; al contrario fanno propria l’idea di un Mussolini “male
storico” le cui azioni sono ben verificabili e note: la violenza politica, il
disprezzo per la democrazia, la guerra, le leggi razziali, l’alleanza con Adolf
Hitler.
Per queste ragioni, si osserva, in nessun
modo Mussolini può essere considerato un modello per le nuove generazioni o per
i nuovi governanti «che affollano, anche in Italia, la scena politica». Da qui
l’analisi di come il fascismo e il suo capo cercarono costantemente di servirsi
della Chiesa per allargare il proprio consenso a tutte le fasce sociali
assegnando al clero il compito di curare la ‘morale’ della popolazione, facendo
del rapporto con il cattolicesimo un pezzo tutt’altro che secondario dell’ideologia
del regime.
In questa prospettiva si ripercorre prima
l’ateismo del duce, poi la sua religiosità piuttosto vaga, quindi le scelte di
carattere personale con valore pubblico: le nozze con Donna Rachele (fortemente
volute dal Vaticano considerate le numerose amanti di Mussolini) l’educazione
religiosa dei figli, la decisione di inginocchiarsi o meno in un luogo di culto
a seconda della convenienza politica del momento. En passant, la Civiltà
Cattolica, pur mettendo Pio XI al riparo da ogni compiacenza verso Mussolini,
fa emergere gli elementi di convergenza fra la Chiesa e il duce, per esempio
sul piano morale o educativo, dove si riscontra una parziale visione comune
nell’avversare ogni forma sia pur minima di emancipazione femminile, e sul
piano ideologico nel conflitto con il socialismo e la massoneria.
I GESUITI RIPENSANO AGLI ERRORI DEI
CATTOLICI DURANTE IL FASCISMO
L’intervento della prestigiosa rivista dei
gesuiti italiani, insomma, sia pure senza entrare in complesse valutazioni
storiche, registra in ogni caso l’atteggiamento di quella parte del clero e
della diplomazia vaticana che o andava d’accordo con il nuovo regime o comunque
non lo vedeva con sfavore. Il colpo sparato dalla rivista diretta da padre Antonio
Spadaro va dunque in due direzioni: da una parte ha come obiettivo il quadro
politico e culturale nel quale ci muoviamo, dall’altra sembra puntare su certi
cedimenti ecclesiali a determinate derive.
D’altro canto, non può essere dimenticato
che proprio la Civiltà Cattolica, negli ultimi anni ha aperto una querelle
diretta con il fondamentalismo politico-religioso cristiano, di marca
statunitense, sul quale convergono settori cattolici e evangelicali, che usa
appunto la religione contro l’altro – lo straniero, l’islamico, il diverso, il povero,
l’escluso – come strumento ideologico unificante della destra, spesso xenofoba
e razzista nelle sue versioni più estreme, ma quasi sempre aderente alle correnti
pro-life più intransigenti.
In generale, non va dimenticato che la
categoria degli atei devoti, nata nella cultura della destra d’Oltreoceano un
paio di decenni fa, fece proseliti importanti anche in Italia; venne di fatto
accolta da Silvio Berlusconi e da buona parte del centrodestra con qualche
incursione nel centrosinistra, mediata e rielaborata dal Foglio di Giuliano
Ferrara, gestita dalla Cei guidata dal cardinale Camillo Ruini, che non perse
tempo e approfittò, una volta caduto il comunismo, di un simile colpo di
fortuna. Una stagione che è però di certo finita, anche – ma non solo – grazie
a papa Francesco; ma di quel tentativo di definire l’Occidente a colpi di
crociate resta un grumo ideologico e identitario dai contorni sempre più inquietanti.
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