da: https://www.huffingtonpost.it/
- di Giovanni Cocconi
“Siamo in competizione con il sonno. E
stiamo vincendo”. La frase è di Reed Hastings, amministratore delegato di
Netflix, 150 milioni di abbonati in 190 Paesi. Presto sarà datata. Perché a
combattere con il sonno Netflix sarà
sempre meno sola.
A novembre è previsto il debutto dei canali
in streaming Apple TV+ (anche in Italia) e Disney Plus, a prezzi molto
aggressivi, ai quali seguiranno l’anno prossimo HBO Max di WarnerMedia e
Peacock, la nuova piattaforma di Comcast NBCUniversal. Servizi che si
aggiungono, naturalmente, alle piattaforme esistenti come Amazon Prime Video e
Hulu e che, come vedremo, non utilizzano logiche broadcast cambiando nel
profondo il business della tv.
“The
streaming war” è stata definita. In realtà è la guerra
per il tempo a disposizione del consumatore. I vertici di Netflix hanno spiegato
agli azionisti di sentirsi più in concorrenza con Fortnite, un famoso
videogioco, che con HBO, il network di Game of Thrones. E la Chief executive
della britannica Channel 4, Alexandra Mahon, ha detto di considerare propri
competitor “Netflix e il porno”.
Per la fruizione di film, serie tv ed
eventi sportivi è certamente lo streaming la tecnologia del futuro. Presto
anche dei videogame. Secondo un’analisi sul mercato dell’intrattenimento della
MPAA (Motion Picture
Association of America) negli Stati Uniti il numero di abbonamenti a
servizi in streaming nel 2018 è aumentato del 27% rispetto all’anno precedente
e ha superato quello di case collegate alla tv via cavo. Tutto il segmento
dell’home entertainment
è cresciuto del 16% nel mondo e del 12% negli Usa dove più del 70% guarda film e show tv anche attraverso abbonamenti a servizi online.
è cresciuto del 16% nel mondo e del 12% negli Usa dove più del 70% guarda film e show tv anche attraverso abbonamenti a servizi online.
Oggi si producono circa 500 nuove serie tv
all’anno, erano meno di 100 negli anni Novanta. Nessuno di noi riesce più a
vedere tutto quello che si dovrebbe vedere, anche togliendo ore al
sonno. Ma così non si rischia l’effetto saturazione?
Se lo è chiesto anche The Economist a proposito dell’ultima serata tv dei
premi Emmy, che attira sempre meno spettatori. La televisione generalista ha
avuto un ruolo centrale nel costruire un immaginario comune, in sostanza ciò
che si deve vedere, ciò di cui si deve parlare. Oggi l’ascolto tv è sempre più
frammentato e on demand: ognuno vede quello che vuole quando vuole.
“L’influenza culturale degli show tv si è ridotta” scrive il settimanale
inglese. La serie evento è sempre più rara, e quando c’è - come nel caso di
Game of Thrones - si tenta di prolungarla nel tempo il più possibile come farà
HBO producendo un prequel, il primo spin-off della sua storia.
“Sì, si rischia l’effetto saturazione,
l’offerta cresce più della domanda e si compete per il tempo dello spettatore
che è una risorsa limitata” conferma Alberto Pasquale, docente universitario e
curatore del numero monografico “Netflix e oltre” di Bianco e Nero, che sarà
presentato a Roma il 9 ottobre.
Per ora tutte le piattaforme si stanno
muovendo verso un modello verticale, senza pubblicità, su abbonamento (da cui
si può entrare e uscire con un clic), con contenuti on demand in esclusiva e
alternativi fra loro: succederà sempre meno di vedere un film della Pixar su
Netflix o una serie Fox su Prime Video. Ma ogni piattaforma, in realtà, sposerà
una strategia diversa. Per esempio Disney, un brand legato a bambini e famiglie
con parchi a tema e merchandising, cercherà di parlare anche a un pubblico
adulto maschile attraverso il pacchetto offerta con Espn+, Fox e Hulu. Netflix
cercherà di valorizzare le produzioni nazionali su cui sta investendo da alcuni
anni e che distribuisce in tutto il mondo, con rilevanti economie di scala.
Prime Video sfrutterà sempre di più la profilazione Amazon del proprio abbonato.
La domanda che si fanno tutti gli analisti
è: i nuovi servizi in streaming ruberanno abbonati a Netflix o la torta
complessiva si allargherà? E se sì, qual è la soglia oltre la quale gli
spettatori non sono disposti a spendere?
Ma c’è un aspetto al quale si dedica poca
attenzione e che, invece, è centrale per il successo di un servizio in
streaming, e cioè la qualità della visione dei contenuti, la cosiddetta user
experience. Su questa Netflix ha fissato un modello costruendo il proprio CDN
(Content Delivery Network), chiamato Netflix Open Connect: una piattaforma di
server estremamente distribuita che consente di offrire ai propri 150 milioni
di abbonati in tutto il mondo la migliore esperienza di visione possibile,
limitando gli effetti dei problemi di connessione a Internet. Un primato
tecnologico che gli altri cercheranno di replicare. Alla guerra (dello
streaming) come alla guerra.
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