da: https://www.linkiesta.it/it/ - di Christian Rocca
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la fantasia politica del leader civile, garantista, europeista e atlantico che
guiderà il centrodestra sui binari della serietà e della tradizione. Come no
Non mi perdo mai le assidue interviste di Annalisa Chirico a Matteo Salvini sul Foglio
e ogni volta mi compiaccio del leader
civile, garantista, europeista e atlantico che la giornalista riesce a restituire al lettore.
Una
volta puoi anche
cascarci e sperare in un futuro radioso, ma già la seconda è una presa in giro. Salvini non è civile né garantista né
europeista né atlantico. Non si conoscono leader civili, garantisti,
europeisti e atlantici che hanno come eroi politici Le Pen, Putin, Orban e
Trump.
Non esistono leader atlantici che firmano
patti politici con il Partito di Putin, che si fanno selfie sulla Piazza Rossa,
che sposano la politica imperialista russa, che si battono per la fine delle
sanzioni, che familiarizzano con l’internazionale del caos creata dal Cremlino
e che sguinzagliano faccendieri tra cene ufficiali e il Metropol (ok, Trump a
parte: ma quello infatti rischia l’impeachment).
In natura non nascono europeisti che
approvano mozioni congressuali, come quella del 2017 a prima firma Giancarlo Giorgetti, che impongono come linea
del partito l’uscita dall’euro e la fine
dell’Unione europea, che organizzano i no-euro
day e i convegni oltre l’euro e che si fanno rappresentare nelle commissioni Bilancio e Finanze del
Parlamento da due presidenti caricaturalmente anti euro come Bagnai e Borghi, i quali poi
sui loro
social ridicolizzano chi segnala l’ennesima intervista di Chirico a un Salvini
dipinto come un funzionario della Bce: è tutta scena per gli allocchi, spiegano
ogni volta quei due, i quali infatti non
vengono rimossi dai loro ruoli di responsabili economici e presidenti di
commissione.
Non si hanno notizie, inoltre, di
garantisti che decretano lo stato criminale di persone che non sono nemmeno
arrivate in Italia e che le lascerebbero affogare in mare se solo si
avvicinassero. Non se ne hanno nemmeno di cultori dello stato di diritto che
orchestrano gogne per chi è sospettato di aver commesso un reato contro un
cittadino di pelle bianca o che candidano gentiluomini che sparano per rappresaglia
sui neri come nell’Alabama degli anni Cinquanta.
L’idea
che Salvini possa essere un leader di una destra tosta ma costituzionale è una
bufala che si ripete da alcuni anni. In campagna elettorale
si diceva che una volta al governo avrebbe messo la testa a posto, ma non è
successo. Fior di liberisti giuravano che avrebbe fatto le riforme di mercato,
ma ha fatto quota 100 e il reddito di cittadinanza, oltre a farci pagare lo
spread. Sui Liberali per Salvini, copyright Guido Vitiello, stendiamo un velo
pietoso.
Poi è circolata la tesi controintuitiva secondo cui Salvini al Viminale e al Papeete
ripeteva slogan duceschi e si comportava da sergente di ferro ma in realtà
era soltanto un raffinato stratagemma per vincere alla grande le elezioni
successive, quelle in cui avrebbe ottenuto i pieni poteri, in modo da poter
governare senza i Cinque stelle e finalmente comportarsi da leader conservatore
tradizionale. Come no. È la stessa fantasia che negli Stati Uniti ha illuso
alcuni gonzi repubblicani a lavorare per Trump, salvo poi scappare a gambe
levate, anche per evitare di finire in galera.
La
nuova stravagante narrazione è quella di un Salvini 2.0, moderno e moderato,
pronto a rilanciare il centrodestra liberale e a guidare il paese sui
tradizionali binari europei e atlantici. Un tempo, quando da ragazzini ci si
divertiva senza Fortnite, c’era sempre qualche buontempone che indicava il
cielo con un dito e diceva «guarda, c’è
un asino che vola» per poi prendere in giro il credulone che si girava a
guardare. Salvini non vola.
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