da: Il Fatto Quotidiano - di Wanda Marra
Nelle conversazioni
settimanali tra Matteo Salvini e Matteo Renzi è entrata anche la
possibilità di un governo di unità nazionale.
La
convenienza per il fu Rottamatore è evidente: scongiurerebbe le elezioni,
che comunque continuano a essere un’ipotesi sul tavolo, dopo la manovra e dopo
l’Emilia-Romagna. E si riposizionerebbe con il centrodestra in maniera graduale
e non troppo smaccata. Più complicata la condizione di Salvini. Per lui, la
strada maestra sono le urne. Ma potrebbe ancora una volta non riuscire a
ottenerle, persino nel caso della caduta del governo giallorosso. Troppo forti
le resistenze del Parlamento ad auto-sciogliersi. E allora, lo scenario da
scongiurare con forza è quello di una legislatura che continua, con lui fuori
dai giochi. Perché se le elezioni sono dietro l’angolo, può capitalizzare gli
insuccessi del Conte 2. Altrimenti, il logoramento avanza.
“Mettiamoci tutti intorno a un tavolo e
risolviamo le emergenze nazionali. E poi si vota”. Così ieri il leader della
Lega ha ribadito la svolta riformista, dopo che sabato a Milano, con una mossa
a sorpresa, aveva lanciato l’idea di un comitato
di salvezza per l’Italia su cinque priorità (risparmio, infrastrutture,
burocrazia, politiche di crescita e tutela della salute). Peraltro, “supportata” da un’intervista di Giancarlo
Giorgetti a La Stampa, che si spinge a evocare per la guida di questo (ipotetico) esecutivo Mario Draghi.
L’ex sottosegretario l’idea di un comitato
nazionale l’aveva lanciata già due mesi fa. Allora, il leader del Carroccio lo
aveva sconfessato, ora sembra sposare le sue posizioni. In realtà, i
due non
sono mai allineatissimi, ma è evidente che un allarme è scattato in casa
leghista. Da notare: il punto 2 della
novella agenda Salvini, ovvero le infrastrutture, è di quelli cari anche a
Renzi.
Insomma, i due Mattei si trovano a remare dalla stessa parte, lavorando su
più piani. Non vanno sottovalutati un paio di elementi. Prima di tutto, ci sono
le Sardine. Porteranno voti a
sinistra, daranno una mano al Pd (ma di certo non a Renzi) e – se si struttureranno
anche per presentarsi alle urne – svuoteranno ulteriormente il bacino
elettorale dei Cinque Stelle.
Per
il senatore di Scandicci, il danno è evidente (e infatti ci ha
tenuto a dire che oltre a loro servirebbero i “salmoni”). Ma esiste più di un
rischio pure per Salvini: tanto per cominciare introducono una novità
nell’offerta politica; e poi, gli creano più difficoltà anche con quella parte
dei Cinque Stelle che potrebbe dargli una mano a far saltare il governo, ma che
diventa sempre più debole, anche per una ricandidatura con la Lega. A proposito
di movimenti in corso, c’è poi l’ascesa di Giorgia Meloni. Salvini la guarda
con sospetto e con preoccupazione: per lui resta un’alleata scomoda, per quanto
necessaria.
Come è evidente, visti anche i caratteri
dei due leader in questione, che qualsivoglia ipotesi di patto possa
realizzarsi, è tutto da vedere. C’è anche chi – nel centrodestra – derubrica la “svolta moderata” di Salvini a
pura tattica per cercare di accreditarsi in maniera più istituzionale.
I tavoli da gioco sono più d’uno e non è
secondario capire come finirà quello sulla legge elettorale, con il fu
Rottamatore che cerca di portare il suo omonimo a un proporzionale con soglia
nazionale al 4%, e Zingaretti che spinge per portare a casa anche con la Lega
il modello simil-spagnolo. “Mi sembra una fantasia”, taglia corto Paolo Romani,
che sta mettendo su un gruppetto di responsabili. Ma un governo come questo lui
lo sosterrebbe? “Noi siamo e lavoriamo nel perimetro del centrodestra”. Quindi,
in quello di Salvini. E i rapporti con Renzi sono antichi e consolidati.
Intanto, il tentativo di Mara Carfagna per
mettere su un gruppo di pressione da “vendere” al miglior offerente va avanti:
“La proposta di Salvini è condivisibile”, ha detto lei.
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