martedì 17 dicembre 2019

Le larghissime intese di Salvini anti-Conte le vuole anche Renzi


da: Il Fatto Quotidiano - di Wanda Marra


Nelle conversazioni settimanali tra Matteo Salvini e Matteo Renzi è entrata anche la possibilità di un governo di unità nazionale.

La convenienza per il fu Rottamatore è evidente: scongiurerebbe le elezioni, che comunque continuano a essere un’ipotesi sul tavolo, dopo la manovra e dopo l’Emilia-Romagna. E si riposizionerebbe con il centrodestra in maniera graduale e non troppo smaccata. Più complicata la condizione di Salvini. Per lui, la strada maestra sono le urne. Ma potrebbe ancora una volta non riuscire a ottenerle, persino nel caso della caduta del governo giallorosso. Troppo forti le resistenze del Parlamento ad auto-sciogliersi. E allora, lo scenario da scongiurare con forza è quello di una legislatura che continua, con lui fuori dai giochi. Perché se le elezioni sono dietro l’angolo, può capitalizzare gli insuccessi del Conte 2. Altrimenti, il logoramento avanza.

“Mettiamoci tutti intorno a un tavolo e risolviamo le emergenze nazionali. E poi si vota”. Così ieri il leader della Lega ha ribadito la svolta riformista, dopo che sabato a Milano, con una mossa a sorpresa, aveva lanciato l’idea di un comitato di salvezza per l’Italia su cinque priorità (risparmio, infrastrutture, burocrazia, politiche di crescita e tutela della salute). Peraltro, “supportata” da un’intervista di Giancarlo Giorgetti a La Stampa, che si spinge a evocare per la guida di questo (ipotetico) esecutivo Mario Draghi.

L’ex sottosegretario l’idea di un comitato nazionale l’aveva lanciata già due mesi fa. Allora, il leader del Carroccio lo aveva sconfessato, ora sembra sposare le sue posizioni. In realtà, i
due non sono mai allineatissimi, ma è evidente che un allarme è scattato in casa leghista. Da notare: il punto 2 della novella agenda Salvini, ovvero le infrastrutture, è di quelli cari anche a Renzi.

Insomma, i due Mattei si trovano a remare dalla stessa parte, lavorando su più piani. Non vanno sottovalutati un paio di elementi. Prima di tutto, ci sono le Sardine. Porteranno voti a sinistra, daranno una mano al Pd (ma di certo non a Renzi) e – se si struttureranno anche per presentarsi alle urne – svuoteranno ulteriormente il bacino elettorale dei Cinque Stelle.

Per il senatore di Scandicci, il danno è evidente (e infatti ci ha tenuto a dire che oltre a loro servirebbero i “salmoni”). Ma esiste più di un rischio pure per Salvini: tanto per cominciare introducono una novità nell’offerta politica; e poi, gli creano più difficoltà anche con quella parte dei Cinque Stelle che potrebbe dargli una mano a far saltare il governo, ma che diventa sempre più debole, anche per una ricandidatura con la Lega. A proposito di movimenti in corso, c’è poi l’ascesa di Giorgia Meloni. Salvini la guarda con sospetto e con preoccupazione: per lui resta un’alleata scomoda, per quanto necessaria.

Come è evidente, visti anche i caratteri dei due leader in questione, che qualsivoglia ipotesi di patto possa realizzarsi, è tutto da vedere. C’è anche chi – nel centrodestra – derubrica la “svolta moderata” di Salvini a pura tattica per cercare di accreditarsi in maniera più istituzionale.

I tavoli da gioco sono più d’uno e non è secondario capire come finirà quello sulla legge elettorale, con il fu Rottamatore che cerca di portare il suo omonimo a un proporzionale con soglia nazionale al 4%, e Zingaretti che spinge per portare a casa anche con la Lega il modello simil-spagnolo. “Mi sembra una fantasia”, taglia corto Paolo Romani, che sta mettendo su un gruppetto di responsabili. Ma un governo come questo lui lo sosterrebbe? “Noi siamo e lavoriamo nel perimetro del centrodestra”. Quindi, in quello di Salvini. E i rapporti con Renzi sono antichi e consolidati.

Intanto, il tentativo di Mara Carfagna per mettere su un gruppo di pressione da “vendere” al miglior offerente va avanti: “La proposta di Salvini è condivisibile”, ha detto lei.

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