da: Il Fatto Quotidiano - di Vincenzo Iurillo
Natale, tempo di regali e di soccorso renziano ai signori delle
Autostrade, come insegnano i precedenti della rivolta di ieri in consiglio
dei ministri.
Riavvolgiamo il nastro al dicembre del 2017, quando il crepuscolare governo Gentiloni, con
Graziano Delrio ai Trasporti e Renzi segretario del Pd, approva un emendamento ad hoc alla manovra di bilancio
per salvare la quota del 40% di lavori
in house alla rete autostradale, senza
dover passare per le forche caudine delle gare d’appalto, chissà mai
dovessero essere vinte da altre imprese.
Dopo il lungo pressing su Renzi e i
sindacati, il provvedimento rende felici
i Benetton e i Gavio e le loro aziende di costruzione: Itinera, Abc,
Sicogen, Sea, Interstrade, Sina della famiglia Gavio e Pavimental e Spea di Autostrade
per l’Italia (Benetton). Senza
quell’emendamento, sarebbe definitivamente entrata in vigore una norma del
codice degli appalti congelata da due anni, che vincolava al 20% i lavori
in house del totale delle opere autostradali.
Per blindare
l’operazione, un altro emendamento affida all’Anticorruzione (Anac) il
controllo del rispetto delle quote. Il provvedimento ricalca, in sostanza, gli impegni assunti da Renzi durante il tour in
treno per l’Italia, parlando con i lavoratori delle concessionarie autostradali
a Casale Monferrato, terra dei Gavio. Secondo un calcolo dell’Ance,
l’associazione dei costruttori, in questo modo sono stati sottratti al mercato
15 miliardi di euro di lavori.
Il filo che collega il mondo renziano ad Autostrade per l’Italia (Aspi) passa
anche per lo studio legale di Alberto
Bianchi, ex presidente della Fondazione Open e affidatario nel 2016 di una
consulenza per conto della Toto Costruzioni Generali, un incarico riguardante
la chiusura di un contenzioso con Aspi.
Bianchi lavora all’interno di un collegio
di legali, chiude la disputa tra le due aziende e riesce a far incassare alla
Toto circa 70 milioni di euro. Per gli investigatori
però la consulenza a Bianchi è solo
un modo per nascondere un finanziamento. Ma l’inchiesta della Procura di Firenze su Open ha rivelato che
l’altro renzianissimo Marco Carrai,
amico personale dell’ex premier e già componente del Cda della Fondazione,
avrebbe contattato l’ad di Aspi, cioè la parte in causa contro Toto.
L’incontro con l’ad Giovanni Castellucci sarebbe avvenuto nel giugno 2015 e per i
pm fiorentini che hanno indagato Bianchi e Carrai l’incrocio delle circostanze
sottolinea “il rilievo che le operazioni
di trasferimento di denaro dal gruppo Toto ad Alberto Bianchi e quindi da
Bianchi alla Fondazione Open appaiono in effetti dissimulare un trasferimento
diretto di denaro” dai Toto alla Open. Tra le carte sequestrate si rinviene
un appunto ricevuto il 3 luglio 2015 da Bianchi. È un messaggio che gli
inquirenti attribuiscono a Carrai. “Lui
dice che troppo distante il prezzo. Mi ha detto che tu lo chiami e ci fissi”
e poi viene riportato un numero di un’utenza intestata ad Autostrade. Ed
entrerebbe in gioco un altro renziano doc, anche se non trasmigrato in Italia
Viva, il dem Luca Lotti, anche lui ex
Cda di Open. Bianchi, secondo la Finanza, gli avrebbe consegnato un appunto
sulla trattativa legale in atto.
E anche il Gruppo Gavio risulta tra i finanziatori di Open: 51.000 euro fino al
2014. L’anno in cui beneficia,
insieme a Benetton e a Toto, dell’articolo 5 del decreto Sblocca Italia, con
Renzi a Palazzo Chigi. La legge dava ai concessionari autostradali la
possibilità di modificare la convenzione in corso con lo Stato e stipulare un
atto aggiuntivo a fronte di nuovo piano economico-finanziario e di un
preventivo assenso dell’Ue. Un meccanismo
che ha portato le società a ottenere una proroga delle concessioni.
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