Il
decreto salva Popolare di Bari approvato dal consiglio dei ministri sta
provocando dibattito e polemiche.
Il decreto salva Popolare di Bari approvato
ieri sera dal consiglio dei ministri ha provocato dibattito e polemiche (anche
se i contorni dell’operazione non sono del tutto chiari e non si sa ancora se e
come il Fondo interbancario di tutela dei depositi interverrà).
Il governo ha approvato un decreto che
stanzia 900 milioni per la holding pubblica Invitalia (controllata al 100% dal
ministero dell’Economia) perché finanzi il Microcredito centrale (di proprietà
di Invitalia) con l’obiettivo di acquisire quote della Banca Popolare di Bari,
commissariata venerdì scorso dalla Banca d’Italia. Tra i fini, c’è quello di
creare una banca d’investimento con l’impegno di sostenere le imprese del
Mezzogiorno, dice l’esecutivo giallo-rosso.
C’è chi si è stracciato le vesti per la
“nazionalizzazione” di una banca. Se così fosse, non sarebbe la prima volta. In
Italia esiste già una banca dello Stato: è il Monte dei Paschi di Siena. Il
ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti, ha il 68,247% del gruppo Mps.
Certo, gli impegni assunti dal Tesoro con la Commissione di Bruxelles prevedono
che dal 2021 il Mef molli la presa, ma per ora lo Stato italiano – ha calcolato
il Sole 24 Ore – sta perdendo 5,5 miliardi dei 6,9 investiti in Mps.
C’è anche chi ha biasimato l’utilizzo di
risorse statali per la Banca Popolare di Bari. Non è la prima volta che fondi
statali sono spesi per gli istituti di credito. Ecco che cosa ha scritto
l’Osservatorio della Cattolica sui conti pubblici a proposito dei costi dei
salvataggi delle banche in Italia: ” Sono stati spesi, per il salvataggio degli
istituti di credito, circa 650 milioni investiti da Cassa Depositi e Prestiti e
Poste Italiane in Fondo Atlante 1 e i 4,8 miliardi destinati a Banca Intesa
come contributo di capitale e per la ristrutturazione del business. Questi
soldi non potranno essere recuperati.C iò che invece è stato stanziato, ma
potrebbe tornare allo Stato nel giro di alcuni anni, si aggira tra i quasi 12,5
e i 18,5 miliardi di euro, circa un punto percentuale di Pil. La forchetta
varia a seconda di come si valutano gli investimenti nell’ex Fondo Atlante 2 e
le garanzie per il risanamento delle due banche venete”. Peraltro, è la
Germania in testa per l’utilizzo di denaro pubblico per salvare le banche (dati
precedenti rispetto all’intervento pubblico nella banca pubblica NordLb
approvato dalla Commissione Ue).
Infine, molti si sono chiesti: la Vigilanza
della Banca d’Italia ha dormito (anche) sulla Popolare di Bari? Il governatore
di Bankitalia in queste ore si sta affrettando a smentire dubbi del genere,
sciorinando numeri e portata delle ispezioni anche sulla banca commissariata
venerdì scorso (con il commissariamento è stato silurato tra l’altro
l’amministratore delegato, Vincenzo De Bustis, che doveva salvare la Popolare
di Bari secondo Bankitalia dopo che era già stato per 5 anni direttore generale
dello stesso istituto di credito). Interrogativi legittimi. Così come è
legittimo ricordare che la Vigilanza che doveva stangare da tempo il deus ex
machina della Bari, Marco Jacobini, era la stessa Vigilanza che disse a
Jacobini di acquisire la Tercas – la Cassa di risparmio di Teramo – per evitare
un disastro finanziario. Jacobini disse di sì e il bubbone Tercas ha
contribuito a incancrenire i conti della Popolare di Bari.
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