da: https://www.fanpage.it/
- di Francesco Cancellato
Il
giorno dopo lo scoop di Fanpage.it tutti i giornali parlano delle frasi dei
vertici della Popolare di Bari, dei “conti truccati”, dei legami con
Bankitalia, delle “ragioni strategiche altissime” che giustificherebbero il
salvataggio dell’istituto. Tutti, tranne la politica: Pd e Cinque Stelle
gettano acqua sul fuoco, la Lega tace. Ed è un silenzio che fa molto rumore.
Tace
il Pd, tacciono i Cinque Stelle, tace la Lega. Parla solamente Italia Viva,
per bocca di Davide Faraone e del suo
leader Matteo Renzi, che a suo tempo – va ricordato – fu l'unico a porre in tempi non sospetti la
questione della Banca Popolare di Bari e a chiedere, tra mille polemiche,
un cambio della guardia ai vertici di Bankitalia. E mai silenzio fu più strano
e irreale di quello successivo allo scoop di Fanpage.it e alla pubblicazione
delle registrazioni della riunione in cui Gianvito
Giannelli e Vincenzo De Bustis, presidente e amministratore delegato della
Banca Popolare di Bari, raccontano ai dipendenti che i conti della banca sono
stati truccati, che la gestione degli ultimi tre, quattro anni è stata
“cattiva, irresponsabile, esaltata”, ma che – tranquilli! – la banca non è in
pericolo perché “per ragioni strategiche altissime” la vigilanza (Bankitalia) e
la politica (il governo) hanno deciso che debba essere salvata.
Silenzio.
Nonostante dello scandalo siano piene le prime pagine dei giornali e le domande
siano molte, a dire il vero. La prima: non si è accorto, chi doveva vigilare,
che persino i conti
delle filiali erano truccati? E se non se n’è accorto, perché non ha fatto nulla? E ancora: quali sono le “ragioni strategiche altissime” per cui va salvata dallo Stato la Banca Popolare di Bari? E ancora: ci sono state interlocuzione tra il governo, Bankitalia e i vertici della banca prima del consiglio dei ministri del 13 dicembre che ha commissariato l’istituto barese? E ancora: perché Giannelli e De Bustis, tre giorni prima di quel consiglio dei ministri, assicurano ai loro direttori di filiale che non ci sarà alcun commissariamento? Millantano loro, o c’è stato un voltafaccia? E perché?
delle filiali erano truccati? E se non se n’è accorto, perché non ha fatto nulla? E ancora: quali sono le “ragioni strategiche altissime” per cui va salvata dallo Stato la Banca Popolare di Bari? E ancora: ci sono state interlocuzione tra il governo, Bankitalia e i vertici della banca prima del consiglio dei ministri del 13 dicembre che ha commissariato l’istituto barese? E ancora: perché Giannelli e De Bustis, tre giorni prima di quel consiglio dei ministri, assicurano ai loro direttori di filiale che non ci sarà alcun commissariamento? Millantano loro, o c’è stato un voltafaccia? E perché?
Silenzio,
tuttavia. Tace il Pd, e lo possiamo
pure capire. Poteva essere all’opposizione a sparare a palle incatenate contro
Lega e Cinque Stelle, che si sarebbero dovuti gestire la loro prima grande
crisi bancaria – e i loro primi 900 milioni di-noi-contribuenti – nel bel mezzo
dell’approvazione della legge di bilancio, e invece tocca di nuovo a loro. E poi a guidare il Mediocredito Centrale che
erediterà la gestione della Popolare di Bari c’è Bernardo Mattarella,
nipote del Presidente della Repubblica e, scopriamo oggi, banchiere di Stato.
Il contegno è comprensibile, insomma, anche perché su De Bustis e sulla
Popolare di Bari e sui legami con De Bustis emergono antiche storie che
coinvolgono Massimo D'Alema e più recenti profezie di Matteo Renzi, che nel
2017, alla vigilia della nascita della sua commissione banche disse che ci
saremmo divertiti a raccontare le storie di Banca 121 e della Popolare di Bari.
Anche se magari, due paroline due ce le saremmo aspettate, anche solo per
rivendicare con gli alleati di governo che le banche tocca salvarle, quando di
mezzo ci sono migliaia di dipendenti, imprese affidatarie, famiglie
risparmiatrici.
Silenzio. Tace pure il Movimento Cinque Stelle, con l’ordine di scuderia che
si dice sia arrivato proprio dal presidente Giuseppe Conte in persona. Zitti
tutti, che stavolta c’è da salvare una banca, non da cannoneggiare su chi la
salva. Zitto Di Battista, quello che si stracciava le vesti per i soldi
regalati per salvare le banche. Zitto Di Maio, quello secondo cui il sistema
bancario – era il 17 luglio 2018, un secolo fa – avrebbe dovuto “pagare per la
propria arroganza”. Zitto Beppe Grillo, censore del capitalismo relazionale
dalla notte dei tempi, che parla di tutto, ma di banche proprio no. Zitti
tutti, pure su Elio Lannutti, parlamentare Cinque Stelle ed ex fumantino
presidente dell’Adusbef, altro storico censore del sistema bancario italiano,
rimosso alla chetichella dalla presidenza della nascitura, ennesima Commissione
Banche, “reo” di avere un figlio dipendente della Popolare di Bari. Sai mai.
Silenzio. E
tace pure la Lega,
sorprendentemente. Con Claudio Borghi che decide di parlare a Fanpage.it e poi
cambia idea. Con Salvini che per tutta la giornata si dice voglia attaccare il
governatore di Bankitalia Ignazio Visco, e poi cambia idea. Strano, no?
Dichiarano su tutto, dalla Nutella al Meccanismo Europeo di Stabilità, ma zitti
e mosca sulla gestione allegra della Popolare di Bari e sul suo salvataggio.
Salvini, per una volta, ha la gola secca. Silenzio. Chissà perché.
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