da: La
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Il viaggio di Ozpetek
“Allacciate le cinture” il nuovo film del regista turco
di Alessandra Levantesi Kezich
Dice Allacciate le
cinture, dunque siamo in viaggio: un viaggio di vita costellato degli ovvii
imprevisti e incidenti di percorso; e al contempo un viaggio nelle magnifiche
ossessioni del cinema di Ferzan Ozpetek. Ne è protagonista, al centro di un
coro di personaggi, Kasia Smutniak: una ragazza di Lecce quieta e determinata
che lavora in un bar, è fidanzata all’agiato Francesco Scianna e legata da
fraterno affetto all’adorabile gay Filippo Scicchitano. Un giorno Kasia conosce
il meccanico Francesco Arca, amante della sua migliore amica Carolina
Crescentini, e scopre turbata che, pur detestandone la mentalità
razzista/omofoba, è profondamente attirata dalla sua maschia bellezza. Si può
provare tanto trasporto per un individuo con cui non si condivide nulla? Quali
sono le forze occulte che condizionano certe scelte? Ma poi, è così importante
saperlo? L’amore è l’amore.
Si tratta di materia
senz’altro nelle corde di Ozpetek, che dopo una partenza in chiave di commedia
vira su un rapinoso registro sensuale per raccontare la
passione dei due. 13 anni dopo, sposata a Francesco e mamma di due bambini, Kasia è in crisi per via delle ricorrenti infedeltà del marito, finché, colpita da cancro al seno, nel corso della traumatica odissea delle cure non ritrova a sorpresa intatto l’amore, anche carnale, del coniuge. Ma qui le carte si imbrogliano: lo spunto della malattia resta pretestuoso e il film slitta poco convincente sulla china di uno psicologismo che resta a metà, laddove ci si aspettava semmai un affondo più deciso nel melò.
passione dei due. 13 anni dopo, sposata a Francesco e mamma di due bambini, Kasia è in crisi per via delle ricorrenti infedeltà del marito, finché, colpita da cancro al seno, nel corso della traumatica odissea delle cure non ritrova a sorpresa intatto l’amore, anche carnale, del coniuge. Ma qui le carte si imbrogliano: lo spunto della malattia resta pretestuoso e il film slitta poco convincente sulla china di uno psicologismo che resta a metà, laddove ci si aspettava semmai un affondo più deciso nel melò.
E non aiuta la scarsa
gamma di sfumature dell’ex tronista Arca. Tuttavia la Smutniak si rivela
interprete fine e sensibile, madre e zia sono le valide, spiritose Carla
Signoris ed Elena Sofia Ricci, e Scicchitano si cala nei panni dell’amico gay
con sensibilità. Il bel finale, giocato su un intrigante scarto temporale come
già nel riuscito Magnifica presenza, riscatta poi il film di certe sue
debolezze ricordandoci i motivi per cui amiamo Ozpetek: la capacità di trasmettere
sentimenti forti, l’assenza di remore intellettualistiche, il calore umano, la
sensualità, la misteriosa, ineffabile vena surreal/fantastica.
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