da: Lettera 43
Profughi
siriani in Libano: allarme malnutrizione
Vivono
in campi sovraffollati. Senza cure né vaccinazioni. Il dramma di 10 mila bimbi.
Che non hanno nulla da mangiare.
da
Beirut
L'allarme è arrivato da Zeroual Azzedine,
responsabile sanitario dell'Unicef. «Se ci fosse una nave con più di 2 mila
bambini che rischia di affondare, tutto il mondo starebbe con il fiato sospeso.
Invece non c’è nessun interesse per i più di 2 mila bambini profughi siriani
che rischiano di morire per malnutrizione».
In Libano, il numero dei minorenni siriani
che rischiano di morire per mancanza di cibo è in crescita costante, una
minaccia silenziosa e finora quasi ignorata.
EVITARE L'EFFETTO VALANGA. «Dobbiamo
intervenire immediatamente», dice a Lettera43.it Azzedine, «per evitare
l’effetto valanga». Poi spiega: «Nella Valle della Bekaa (qui si concentra la
maggioranza dei rifugiati, ndr), i casi di bambini minori di cinque anni
affetti da malnutrizione acuta sono già raddoppiati tra il 2012 e il 2013.
Tutti hanno bisogno di cure immediate. Si tratta di una minaccia silenziosa e
abbiamo paura che la situazione può solo peggiorare».
1 MLN DI PROFUGHI IN SIRIA. Purtroppo,
questa è solo l’ultima emergenza che si abbatte su quasi 1 milione di profughi
arrivati dalla Siria in meno di 24 mesi, e l’esodo sembra non fermarsi. Un
popolo di fuggitivi che oggi rappresenta il 25% della popolazione del Libano,
un Paese esteso come il Molise.
Arsal, nella Valle della Bekaa, è
il simbolo sia del calvario dei profughi sia
delle difficoltà crescenti delle comunità libanesi che li ospitano.
Sale
la tensione ad Arsal che accoglie circa 30 mila disperati
La piccola città di 35 mila abitanti, al
confine con la Siria, accoglie circa 30 mila profughi siriani. La popolazione
di Arsal, a forte maggioranza sunnita, sostiene apertamente la rivolta contro
il governo di Damasco e, anche per questo, finora non è mai venuta meno
all’impegno umanitario. Ora, però, le tensioni stanno crescendo e potrebbero
finire fuori controllo.
Sempre di più i residenti libanesi sono
preoccupati per la loro sicurezza, mentre le tensioni sociali e politiche
salgono anche nel resto del Paese.
I SERVIZI NON BASTANO PIÙ. La gente si
lamenta per l’aumento degli affitti, per la sovrappopolazione, per la
concorrenza sul lavoro dei rifugiati che accettano salari più bassi e per la
criminalità. Per di più la maggior parte dei rifugiati si stabilisce nelle aree
più povere del Paese, dove il costo della vita è minore, acuendo le già
croniche e pesanti insufficienze dei servizi e delle infrastrutture pubbliche.
Le circa 800 nuove famiglie di profughi che
arrivano ogni settimana si scontrano prima di tutto con il problema
dell’alloggio. Anche chi è arrivato diversi mesi fa spesso non riesce più a
pagare l’affitto della casa o della stanza. Così, gli accampamenti spontanei
crescono come funghi.
ACCAMPAMENTI IMPROVVISATI. Secondo l'Unhcr
(Agenzia dell’Onu per i rifugiati) almeno 200 mila profughi vivono negli
«insediamenti informali», tendopoli non riconosciute e non accudite dal governo
libanese.
Con un telo di plastica come riparo dalla
pioggia e dalla neve, senza acqua potabile e servizi igienici, senza stufe e
con abiti inadatti hanno superato un inverno molto rigido. Ad attenderli c'è
un'estate torrida che non farà altro che rendere ancora più drammatica la vita
nei campi, soprattutto sul piano igienico-sanitario.
LA VITA È TROPPO CARA. La situazione non è
migliore per chi vive in un centro urbano.
Gli affitti e il cibo sono molto più cari
che in Siria e anche il sogno di trovare un lavoro spesso non si realizza.
Terminati i pochi risparmi che erano riusciti a portare dalla Siria, molti
profughi si trasferiscono nelle tendopoli. A Tripoli, la seconda città del
Libano nel Nord del Paese, la vita costa la metà rispetto alla capitale, ma per
gli oltre 140 mila rifugiati che lottano per un po' di cibo è comunque troppo
cara.
I
bambini sono le principali vittime della situazione insostenibile
In queste condizioni i più piccoli sono le
prime vittime. La povertà estrema e il sovraffollamento, insieme con la
mancanza di vaccinazioni, facilitano la diffusione delle malattie. Pesano anche
l'aumento dei prezzi dei generi alimentari, la poca assistenza sanitaria,
l’assenza di servizi igienici e dell'acqua potabile.
In questo quadro più di 10 mila bambini,
secondo uno studio realizzato dall'Unicef, hanno urgente bisogno di essere
sottoposti a screening per la malnutrizione. Una sindrome che spesso sfugge ai
medici locali, non abituati a identificarla sia perché praticamente inesistente
in Libano sia perché si presenta in modo poco evidente.
SOTTOVALUTATI I SINTOMI. Contrariamente a
quanto si crede, chi soffre di malnutrizione quasi sempre non ha appetito e la
grave ritenzione idrica, tipica della fase acuta di questa problematica, può
essere facilmente imputata a molte altre patologie.
È un killer silenzioso la malnutrizione. Il
bambino non ha sintomi particolari, non piange, non ha dolori: come stava
facendo Abed si lascia semplicemente andare.
Si tratta di una neonata malnutrita salvata
da un intervento tempestivo: la sua storia testimonia il rischio mortale che
corrono migliaia di bimbi profughi.
GLI INTERVENTI DELL'UNICEF. Nata in un
edificio fatiscente nel Sud del Libano, a 15 mesi pesava a malapena sette
chili. Era malnutrita, ma la madre non poteva permettersi la visita di un
medico e le cure necessarie: «Era sempre più debole, ma cosa potevamo fare? La
guardavo morire, ma non avevo i soldi per dargli da mangiare o portarlo in
ospedale».
La piccola, per fortuna, è stata visitata
dai medici di Unicef durante una visita periodica nelle aree dei rifugiati. È
stata curata in tempo e ora sta bene.
«La nostra paura», dice Azzedine, «è che se
non si interviene presto molti altri bambini non saranno così fortunati».
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