mercoledì 6 marzo 2013

Punto e Stop: cosa mi aspetto in tempi brevi da Governo e Parlamento


Questi i principali aspetti/azioni e obiettivi che un governo e il Parlamento devono affrontare, gestire, attuare, nel breve (meglio brevissimo) termine.
Resta inteso che si tratta di macro considerazioni che richiedono approfondimenti e la cui realizzazione può richiedere il passaggio di più step. Ma, come si dice a casa mia: se mai s’inizia, mai si finisce.

Premesso che:
1. la massima responsabilità della situazione nella quale ci troviamo sia imputabile a Berlusconi che ha negato la crisi, che ha occupato il potere per i suoi interessi personali, che ha stipulato impegni con Bruxelles – per salvare il suo culo -, così da poter continuare a gestire i propri affari e curare i propri “vezzi” tramite la poltrona di Palazzo Chigi;
2. sentire Berlusconi e i suoi zerbini asserire che le priorità del paese è di natura economica, che equivale a dire: non si fa una legge sul conflitto d’interessi, non si fanno le riforme istituzionali per ridurre il numero dei parlamentari, non si eliminano o riducono i rimborsi elettorali, è l’ennesima presa per il sedere nei confronti degli italiani da parte del Pdl e del suo padrone.
4. il Pdl ha perso quasi il 50% dei voti rispetto al 2008, ma c’è una parte del paese che lo ha votato. Parte di questi, è simile a Berlusconi e vuole mantenere lo status quo. Ergo: non vuole un esecutivo che governi nell’interesse della collettività, non vuole un Parlamento che legiferi nell’interesse della collettività.
Questi italiani devono essere “puniti” con un governo e un Parlamento di effettivo cambiamento rispetto alle logiche e ai risultati prodotti, in particolare, dal 1994.
5. Il 24 e 25 febbraio, su 46.905.154 elettori, hanno votato 35.271.541 italiani. Di questi, 22.169.541 hanno suddiviso il loro voto tra: coalizione di centro-sinistra, Movimento 5 stelle, lista di Mario Monti. Vale a dire:

il 62,85% degli italiani NON HA VOTATO PER BERLUSCONI.


Ho considerato nel conteggio i partiti/movimenti che hanno conquistato seggi, cioè che entreranno in Parlamento.
Il 62,85% è nettamente superiore alla percentuale ottenuta dal centro-destra del 29,18% a fronte di 9.388.816 italiani (ma andrebbero tolte le centinaia di migliaia di voti a liste che non hanno ottenuto manco un seggio).

Il minimo che deve fare un governo, le prime azioni di un Parlamento.
Non si può riandare a votare, perché non abbiamo soldi da buttare e, ovviamente, non è pensabile farlo con questa legge elettorale. Devo ancora capire (si fa per dire..) perché alle elezioni politiche non si vota come alle amministrative per eleggere i sindaci.

Con ciò, passo a elencare alcuni punti essenziali e prioritari non senza premettere quali sono i criteri base che, a mio parere, attengono al ruolo di ministro o parlamentare:

onestà, conoscenza, competenza, capacità di mediazione, metodologia di approccio e di esecuzione, individuazione delle priorità e delle criticità, condivisione, azione, controllo.

Conseguentemente:
1. serve un governo che rinegozi con Bruxelles gli impegni catastrofe assunti da Berlusconi e che questo ha “dimenticato” durante la sua campagna elettorale;
2. rinegoziare, vorrebbe dire, spostare negli anni il pareggio di bilancio;
Diluire negli anni non significa abbuonare parte del debito. Significa farne slittare la restituzione. Perché si possa attuare, è necessario che nel periodo di slittamento si creino le condizioni per aumentare le entrate statali. Ciò si ottiene con una vera lotta all’evasione e rimettendo in moto gli investimenti.
Tralascio al momento considerazioni sulla “decrescita felice”, ma è indubbio che crescita non significhi tornare come prima della crisi. Quella era una situazione di buona salute apparente.
Al momento, abbiamo però bisogno di smuovere alcuni settori per ridare lavoro e, nel contempo, iniziare a sistemare questo paese. Dovremmo comunque affrontare l’argomento “stile di vita degli italiani”. Ma questo richiede tempo e cambiamenti che si realizzerebbero nel medio e lungo periodo. Noi dobbiamo intervenire tatticamente sul breve periodo. O una parte del paese salta per aria.
Pertanto:
3. lo Stato deve pagare i fornitori ma, attenzione…
lo deve fare in un’ottica di riduzione dei costi. Se la fonte di approvvigionamento, di messa a disposizione di prodotti e servizi, prevede contratti con aziende private, quest’ultime devono essere pagate entro tempi ragionevoli (un mese, tre mesi, sei mesi). Non è invece pensabile sottoscrivere o mantenere contratti in ambiti che richiedono un taglio della spesa pubblica.
4. verificare l’adeguatezza della Cassa Depositi e Prestiti a svolgere le funzioni di “banca statale”. Se inadeguata, modificarne assetti e scopi o procedere a creazione di altro organismo statale che elargisca – a certe condizioni – credito alle aziende. La creazione di un nuovo organismo ha però –probabilmente - tempi più lunghi di applicazione che una revisione della Cassa Depositi e Prestiti.
E’ assolutamente indispensabile distinguere tra credito che dev’essere concesso dalle banche – che non sono enti morali – e da una “banca statale”.
Sia chiaro che il presupposto non può essere l’assistenzialismo. Sarebbero soldi buttati. Lo Stato deve avere una gestione efficiente ed efficace. Struttura, persone giuste al posto giusto, piano di attività periodiche, controlli periodici, avvicendamento ai vertici periodico.

Cassa Depositi e Prestiti o altro organismo che sia, lo scopo è di fare politica industriale.
Il che comporta che quest’organismo statale:

a) abbia una struttura snella (non quella tipicamente ministeriale) ma con tutte le funzioni che servono per definire interventi, priorità, criteri;
b) fornisca credito o agevolazioni a imprese che intendano sviluppare la ricerca, fare riconversione industriale, investire anziché incassare profitti, che facciano entrare nei consigli di amministrazione una rappresentanza di lavoratori. Che non significa i sindacati della triplice. Ma un’effettiva rappresentanza in grado di affrontare le decisioni di un cda;
c) la struttura di quest’organismo deve vedere una separatezza tra chi definisce gli interventi e le imprese cui destinare credito, chi delibera gli interventi, chi controlla;
d) la funzione di Controllo è sottoposta ad avvicendamenti periodici (due anni?) per evitare che le lunghe permanenze su certe poltrone portino a commistioni, corruzioni;
e) deve relazionare periodicamente il Governo e il Parlamento: relazioni dettagliate sugli interventi, sui criteri adottati, sullo stato avanzamento. Il tutto completato dalle rilevazioni della funzione di controllo.
f) deve approvare il bilancio annuale e predisporre un piano annuale d’interventi.

Mentre il governo si attiva per quanto sopra, il Parlamento lavora - in tempi stretti - per:
1. presentare e approvare – in tempi brevi - leggi di revisione dell’assetto istituzionale, vale a dire:
- riduzione del numero dei parlamentari, 
- riduzione degli stipendi,
- riduzione o eliminazione dei rimborsi elettorali, 
- modifica della legge elettorale,
- norme sul conflitto d'interesse, 
2. modificare la legge anti-corruzione 

Non ultimo – anzi, priorità della priorità -: combattere l’evasione fiscale. Quest’azione perché sia proficua richiede una totale sinergia tra azione esecutiva e legislativa. Ma dev’essere chiaro che un’efficace lotta all’evasione comporta la rimozione di quell’insieme d’inghippi, di pastoie e di burocrazia che costa soprattutto ad artigiani e piccole imprese. Ma ciò significa fare qualcosa che in Italia non si è mai tentato e che incontrerebbe una “tenace opposizione di casta”: quella dei commercialisti. I commercianti, le ditte individuali, le piccole imprese sono costrette – data la complessità delle leggi e delle pastoie burocratiche -  a spendere soldi per ingrassare i commercialisti. Si devono semplificare gli adempimenti a carico dei lavoratori autonomi. Sottraendo così loro l’alibi: “con i costi che abbiamo, se non evadiamo non arriviamo a fine mese”.

Il punto della questione è comunque sempre il solito: governo e Parlamento devono capire quali sono gli interventi da realizzare a breve e quali a medio e lungo termine.
Solo un impegno scritto e con obiettivi da raggiungere in un periodo prestabilito può farci uscire dalla grave situazione sociale nella quale si trova – sia chiaro – solo una parte del paese. Un’altra vive benissimo e s’ingrassa grazie alla crisi economica.
E solo impegni precisi e attuati nel rispetto dei tempi potrebbe convincere i cosiddetti “poteri forti” a concederci una tregua (vedi le “generose” dichiarazioni dei giorni scorsi di Goldman Sachs).

Ciò sopra descritto non è la bacchetta magica ma è il minimo che una classe politica che esercita la delega assegnata dal voto deve fare in tempi brevissimi e costituisce, comunque, l’approccio metodologico a supporto di onestà e conoscenza .
Quale governo per realizzare quanto sopra? Beh…ci penserà Napolitano a far quadrare il cerchio. Ma, soprattutto, dovranno pensarci Pd, Movimento 5 Stelle, Lista civica di Monti. Vale a dire, le formazioni politiche che, come riportavo in un punto della premessa, hanno totalizzato alla Camera 22.169.541 voti su 35.271.541.

La stragrande maggioranza del paese dev’essere governata e deve avere un Parlamento che lavora nell’interesse del paese.

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