Questi
i principali aspetti/azioni e obiettivi che un governo e il Parlamento devono
affrontare, gestire, attuare, nel breve (meglio brevissimo) termine.
Resta
inteso che si tratta di macro considerazioni che richiedono approfondimenti e
la cui realizzazione può richiedere il passaggio di più step. Ma, come si dice
a casa mia: se mai s’inizia, mai si finisce.
Premesso
che:
1. la massima
responsabilità della situazione nella quale ci troviamo sia imputabile a
Berlusconi che ha negato la crisi, che ha occupato il potere per i suoi
interessi personali, che ha stipulato impegni con Bruxelles – per salvare il
suo culo -, così da poter continuare a gestire i propri affari e curare i
propri “vezzi” tramite la poltrona di Palazzo Chigi;
2. sentire Berlusconi e i suoi zerbini asserire che le priorità del paese è di
natura economica, che equivale a dire: non
si fa una legge sul conflitto d’interessi, non si fanno le riforme istituzionali per ridurre il numero dei
parlamentari, non si eliminano o riducono i rimborsi elettorali, è l’ennesima
presa per il sedere nei confronti degli italiani da parte del Pdl e del suo
padrone.
4. il Pdl
ha perso quasi il 50% dei voti rispetto al 2008, ma c’è una parte del paese che lo ha votato. Parte
di questi, è simile a Berlusconi e vuole mantenere lo status quo. Ergo: non
vuole un esecutivo che governi nell’interesse della collettività, non vuole un
Parlamento che legiferi nell’interesse della collettività.
Questi italiani devono essere “puniti” con
un governo e un Parlamento di effettivo cambiamento rispetto alle logiche e ai
risultati prodotti, in particolare, dal 1994.
5. Il 24
e 25 febbraio, su 46.905.154 elettori, hanno votato 35.271.541 italiani. Di questi, 22.169.541 hanno suddiviso
il loro voto tra: coalizione di centro-sinistra, Movimento 5 stelle, lista di
Mario Monti. Vale a dire:
il
62,85% degli italiani NON HA VOTATO PER BERLUSCONI.
Ho considerato nel conteggio i
partiti/movimenti che hanno conquistato seggi, cioè che entreranno in
Parlamento.
Il 62,85%
è nettamente superiore alla percentuale ottenuta dal centro-destra del 29,18% a
fronte di 9.388.816 italiani (ma andrebbero tolte le centinaia di migliaia
di voti a liste che non hanno ottenuto manco un seggio).
Il
minimo che deve fare un governo, le prime azioni di un Parlamento.
Non si può riandare a votare, perché non
abbiamo soldi da buttare e, ovviamente, non è pensabile farlo con questa legge
elettorale. Devo ancora capire (si fa per dire..) perché alle elezioni
politiche non si vota come alle amministrative per eleggere i sindaci.
Con ciò, passo a elencare alcuni punti essenziali
e prioritari non senza premettere quali sono i criteri base che, a mio parere, attengono al ruolo di ministro o parlamentare:
onestà, conoscenza,
competenza, capacità di mediazione, metodologia di approccio e di esecuzione,
individuazione delle priorità e delle criticità, condivisione, azione,
controllo.
Conseguentemente:
1. serve
un governo che rinegozi con Bruxelles gli impegni catastrofe assunti da Berlusconi
e che questo ha “dimenticato” durante la sua campagna elettorale;
2. rinegoziare,
vorrebbe dire, spostare negli anni il pareggio di bilancio;
Diluire negli anni non significa abbuonare
parte del debito. Significa farne slittare la restituzione. Perché si possa
attuare, è necessario che nel periodo di
slittamento si creino le condizioni per aumentare le entrate statali. Ciò si
ottiene con una vera lotta all’evasione e rimettendo in moto gli investimenti.
Tralascio al momento considerazioni sulla “decrescita
felice”, ma è indubbio che crescita non
significhi tornare come prima della crisi. Quella era una situazione di buona salute apparente.
Al momento, abbiamo però bisogno di
smuovere alcuni settori per ridare lavoro e, nel contempo, iniziare a sistemare
questo paese. Dovremmo comunque affrontare l’argomento “stile di vita degli
italiani”. Ma questo richiede tempo e cambiamenti che si realizzerebbero nel
medio e lungo periodo. Noi dobbiamo intervenire tatticamente sul breve periodo.
O una parte del paese salta per aria.
Pertanto:
3. lo Stato deve pagare i fornitori ma,
attenzione…
lo deve fare in un’ottica di riduzione dei costi. Se la fonte di approvvigionamento,
di messa a disposizione di prodotti e servizi, prevede contratti con aziende
private, quest’ultime devono essere pagate entro tempi ragionevoli (un mese,
tre mesi, sei mesi). Non è invece pensabile sottoscrivere o mantenere contratti
in ambiti che richiedono un taglio della spesa pubblica.
4. verificare
l’adeguatezza della Cassa Depositi e
Prestiti a svolgere le funzioni di “banca
statale”. Se inadeguata, modificarne
assetti e scopi o procedere a creazione di altro organismo statale che elargisca
– a certe condizioni – credito alle aziende. La creazione di un nuovo organismo
ha però –probabilmente - tempi più lunghi di applicazione che una revisione
della Cassa Depositi e Prestiti.
E’ assolutamente indispensabile distinguere
tra credito che dev’essere concesso dalle banche – che non sono enti morali – e
da una “banca statale”.
Sia chiaro che il presupposto non può
essere l’assistenzialismo. Sarebbero
soldi buttati. Lo Stato deve avere una gestione efficiente ed efficace. Struttura, persone giuste al posto
giusto, piano di attività periodiche,
controlli periodici, avvicendamento
ai vertici periodico.
Cassa
Depositi e Prestiti o altro organismo che sia, lo scopo è di fare politica
industriale.
Il
che comporta che quest’organismo statale:
a) abbia
una struttura snella (non quella tipicamente ministeriale) ma con tutte le
funzioni che servono per definire interventi, priorità, criteri;
b) fornisca
credito o agevolazioni a imprese che intendano sviluppare la ricerca, fare
riconversione industriale, investire anziché incassare profitti, che facciano
entrare nei consigli di amministrazione una rappresentanza di lavoratori. Che
non significa i sindacati della triplice. Ma un’effettiva rappresentanza in
grado di affrontare le decisioni di un cda;
c) la
struttura di quest’organismo deve vedere una separatezza tra chi definisce gli
interventi e le imprese cui destinare credito, chi delibera gli interventi, chi
controlla;
d) la
funzione di Controllo è sottoposta ad avvicendamenti periodici (due anni?) per
evitare che le lunghe permanenze su certe poltrone portino a commistioni,
corruzioni;
e) deve
relazionare periodicamente il Governo e il Parlamento: relazioni dettagliate
sugli interventi, sui criteri adottati, sullo stato avanzamento. Il tutto
completato dalle rilevazioni della funzione di controllo.
f) deve
approvare il bilancio annuale e predisporre un piano annuale d’interventi.
Mentre il governo si attiva per quanto
sopra, il Parlamento lavora - in tempi stretti - per:
1. presentare
e approvare – in tempi brevi - leggi di revisione dell’assetto istituzionale,
vale a dire:
- riduzione del numero dei parlamentari,
- riduzione degli stipendi,
- riduzione o eliminazione dei rimborsi elettorali,
- modifica della legge elettorale,
- norme sul conflitto d'interesse,
2. modificare la legge anti-corruzione
Non ultimo – anzi, priorità della priorità
-: combattere l’evasione fiscale. Quest’azione
perché sia proficua richiede una totale sinergia tra azione esecutiva e legislativa.
Ma dev’essere chiaro che un’efficace lotta all’evasione comporta la rimozione
di quell’insieme d’inghippi, di pastoie
e di burocrazia che costa soprattutto ad artigiani e piccole imprese. Ma
ciò significa fare qualcosa che in Italia non si è mai tentato e che incontrerebbe
una “tenace opposizione di casta”: quella dei commercialisti. I commercianti,
le ditte individuali, le piccole imprese sono costrette – data la complessità
delle leggi e delle pastoie burocratiche - a spendere soldi per ingrassare i
commercialisti. Si devono semplificare gli adempimenti a carico dei lavoratori
autonomi. Sottraendo così loro l’alibi: “con
i costi che abbiamo, se non evadiamo non arriviamo a fine mese”.
Il punto della questione è comunque sempre il solito: governo e Parlamento devono capire quali sono gli interventi da realizzare a breve e quali a medio e lungo termine.
Il punto della questione è comunque sempre il solito: governo e Parlamento devono capire quali sono gli interventi da realizzare a breve e quali a medio e lungo termine.
Solo un impegno scritto e con obiettivi da
raggiungere in un periodo prestabilito può farci uscire dalla grave situazione
sociale nella quale si trova – sia chiaro – solo una parte del paese. Un’altra
vive benissimo e s’ingrassa grazie alla crisi economica.
E solo impegni precisi e attuati nel
rispetto dei tempi potrebbe convincere i cosiddetti “poteri forti” a concederci
una tregua (vedi le “generose” dichiarazioni dei giorni scorsi di Goldman
Sachs).
Ciò sopra descritto non è la bacchetta
magica ma è il minimo che una classe politica che esercita la delega assegnata
dal voto deve fare in tempi brevissimi e costituisce, comunque, l’approccio
metodologico a supporto di onestà e conoscenza .
Quale governo per realizzare quanto sopra?
Beh…ci penserà Napolitano a far quadrare il cerchio. Ma, soprattutto, dovranno
pensarci Pd, Movimento 5 Stelle, Lista civica di Monti. Vale a dire, le
formazioni politiche che, come riportavo in un punto della premessa, hanno
totalizzato alla Camera 22.169.541 voti su 35.271.541.
La stragrande maggioranza del paese dev’essere
governata e deve avere un Parlamento che lavora nell’interesse del paese.
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