da: la Repubblica
Da
“ambiente” a “vincoli europei” dove ci porta la Grillonomics
La
decrescita, l’assegno di cittadinanza e il no alle politiche di austerità in
stile tedesco. Tra i nemici non più l’euro ma banche, grandi corporation e i
monopoli di Enel e Eni. Ai mercati piace la richiesta di trasparenza
finanziaria.
di Roberto
Mania
Il successo nazionale del Movimento 5
stelle è conseguenza della crisi globale. Non ci sarebbe Beppe Grillo sulla
scena politica se non fossimo dentro la più grave recessione del dopoguerra. È
il crollo del Pil e il drammatico sboom dell’occupazione che alimentano il
rancore, l’antipolitica, la ribellione che dal locale si espandono via via ai
livelli superiori. La decrescita alimenta il populismo e anche qualcosa di
peggio, come dimostrano la storia europea e ancora le cronache greche e
ungheresi.
I nostri grillini sono parenti stretti dei madrileni di Puerta del Sol come dei giovani americani di Occupy Wall Street,
figli tutti di Stéphane Hessel e del suo “Indignatevi!”. Un’onda che si è
sollevata. Il loro è un diverso punto di vista, contrapposto a quel che è stato
il pensiero unico del neoliberismo
suggerito su larga scala e con scarsi (o pessimi) risultati dagli economisti
del Fondo Monetario Internazionale di
Washington. Che in Europa ha condotto alle rigidità del fiscal compact (stupido?) e in Italia, di conseguenza,
a un’austerità senza precedenti. Un mix micidiale: recessione e politiche di austerity. Con effetti profondi e
devastanti sulla struttura produttiva del nostro paese: abbiamo perso 70 mila aziende nell’ultimo
quinquennio, i senza lavoro,
compresi i cassintegrati, superano
largamente i 3 milioni di
persone, quasi il 40% dei giovani è
disoccupato, le banche hanno chiuso
il credito alle aziende, i consumi
interni sono crollati, le
distanze sociali si sono allargate, circa il 30% della popolazione è a rischio
povertà.
Sono numeri impressionanti, mai visti
nell’ultimo mezzo secolo. Anche per questo il Movimento è diventato il primo
partito d’Italia. Non è solo colpa della casta dei politici, per quanto sia un
fattore determinante. Hanno scritto sul
Blog di Grillo il premio Nobel per
l’economia Joseph Stiglitz e Mauro Gallegati, professore di economia ad Ancona e intellettuale organico alla rete
del Movimento: «Non proponiamo nuove
strategie di crescita, ma un diverso modo di vivere e produrre». Questa è
la premessa per rileggere il programma economico del 5 stelle, nel quale statalismo e liberismo convivono in
smaccate contraddizioni; dove destra e sinistra si confondono in un impasto
post-ideologico dai confini incerti; dove l’iperegolazione si alterna a misure
pro market di cultura liberale; dove non
c’è spazio - mai - per il modello
neocorporativo della contrattazione
sociale tra sindacati e industriali bensì per un modello partecipativo
pre-capitalista di cogestione
imprenditore-lavoratore priva di corpi intermedi; dove il contrasto alla
precarietà diventa poco più che uno slogan («abolire la legge Biagi») senza traiettorie pratiche e la proposta di un reddito di cittadinanza la
suggestione di un welfare finalmente universalistico di stampo nord europeo; dove il neoambientalismo,
che fa perno sulla produzione di energia pulita, si intreccia con un modello di
sviluppo local molto ardito a protezione dell’italianità; dove, infine, i “nemici” sono simbolicamente le banche,
le corporation multinazionali e i nostri monopoli parapubblici (Eni, Enel, Autostrade
e in fondo anche Telecom).
È un programma work in progress, o un
patchwork, tra idee strampalate
(abolire Equitalia, per esempio), radicali, prive di copertura finanziaria e suggerimenti largamente ragionevoli
come l’adozione della banda larga dovunque. Dove la tanto discussa proposta di
superare la moneta unica si è ormai scolorita, ha attraversato l’ipotesi di un
referendum popolare (impossibile su un trattato internazionale) ed è approdata
definitivamente a un tavolo di confronto, stando all’ultima intervista di
Grillo alla rete statunitense Cnn. Ha fatto i conti con la realtà, insomma. È
un amalgama inedito il programma
economico grillino. Che non serve
(ancora) per governare bensì per
raccogliere consenso. Popolare.
Di certo, con le idee di Grillo bisogna
cominciare a fare i conti. Insomma, si deve provare a capire cosa può essere la
Grillonomics. Nel nome c’è già la parte ideologica del programma economico. «Si
può dire - sostengono Piergiorgio
Corbetta e Elisabetta Gualmini ne “Il partito di Grillo” appena uscito per
il Mulino - che il M5S nasce insieme al suo programma, anzi è il suo programma.
Le 5 stelle, contenute nel simbolo, indicano infatti i 5 valori fondativi e obiettivi politici intorno a cui il Movimento
è nato: acqua, ambiente, energia,
trasporti, sviluppo». Interessi locali (emblematica l’adesione al movimento
“No Tav”) declinati su scala nazionale.
Euro.
Parte dal locale anche il dissenso sull’euro, più sulla sua costruzione che ha
tolto agli stati la leva della politica monetaria, che sulla sua stessa
esistenza, tanto che ormai nessuno sostiene nettamente che si debba tornare
alla lira. Dopo tante tappe di avvicinamento, il Movimento sembra proporre
innanzitutto una rivisitazione dei vincoli europei, dei tempi per il raggiungimento
del pareggio di bilancio. L’euro viene identificato come il simbolo di una
integrazione europea calata dall’alto e subita da imprese e famiglie. È più una
questione democratica, insomma, che strettamente economica. Anche perché sono
stati proprio Stiglitz e Gallegati a
sostenere che l’uscita dall’euro «colpirebbe pesantemente il ceto medio, lo
stesso che ora sta pagando i sacrifici richiesti dalla strategia di austerità
». Due alternative allora: o un’Europa politica e monetaria sul modello degli
Stati Uniti, oppure un’euro 2 per i paesi del sud, lasciando l’euro forte alla
Germania e ai suoi “satelliti”.
Debito
pubblico. Velleitaria, e dannosa, appare la proposta di
rinegoziare il debito pubblico prossimo al 130% del Pil. L’idea abbozzata è
quella di collocare i titoli pubblici
a tassi bassissimi, lo 0,001%. Una provocazione più che una proposta. Si
risparmierebbero risorse - dicono - per destinarle agli investimenti
produttivi. Hanno commentato Mario Centorrino e Margherita Billeri sul sito
www. nelmerito. com: «Molte famiglie vedrebbero ridimensionarsi una fonte
importante di entrate, ma soprattutto gli
investitori non ne sottoscriverebbero di nuovi, percependo il paese come
insolvente». Un autogol. Di vero, dietro la ristrutturazione del debito, c’è
l’allarme sul rischio che si siano già tutte ipotecate le risorse necessarie
per sostenere le generazioni più giovani. Questione centrale nella strategia
del movimento.
Patrimoniale.
Vago finora il progetto su una patrimoniale. Sui patrimoni immobiliari o su quelli personali? In attesa di capirne
di più è chiaro però a cosa servirebbero i proventi: a finanziare il reddito di cittadinanza, a sostegno -
par di capire perché anche qui il disegno non è completo - di coloro che hanno
perso il lavoro. «Il reddito di cittadinanza non è più un optional, ma una
necessità per fronteggiare una fase storica in cui il divario sociale si sta
ampliando a livelli da Ottocento » (da www. beppegrillo. it, “Alta voracità”).
Energia. Dettagliato, invece, il piano energia che scommette sul
riscaldamento a basso impatto ambientale, la cogenerazione e l’efficienza
di tutto il sistema. Si insiste molto sugli incentivi fiscali per le
rinnovabili e si propone l’abolizione del Cip6. Nessuna nuova centrale, dicono
i grillini. «La prima cosa da fare è accrescere l’efficienza e ridurre gli
sprechi delle centrali esistenti, accrescendo al contempo l’efficienza con cui
l’energia prodotta viene utilizzata dalle utenze (lampade, elettrodomestici,
condizionatori e macchinari industriali) ». Pacchetto bocciato, però, dal liberista
Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni: «Solita fuffa sulle
rinnovabili, priva di qualunque collegamento con la situazione attuale. In
particolare, i grillini sembrano non essersi accorti che il sistema elettrico
italiano soffre, oggi e nel futuro prevedibile, di overcapacity, quindi
l’ultimo dei problemi è accrescere la potenza disponibile».
Finanza.
Ricetta liberal per i mercati finanziari con le idee di superare il meccanismo delle “scatole cinesi” del nostro capitalismo senza capitali e quello perverso degli incroci azionari tra banche
e industrie e di impedire scalate a debito come quella di Telecom da parte
di Tronchetti Provera. «Proposte pro
mercato - commenta Francesco Daveri
ordinario all’Università di Parma - perché i mercati per funzionare hanno
bisogno di regole e di trasparenza.
E in questo Grillo appare molto più
avanti rispetto a Bersani, probabilmente con qualche scheletro nell’armadio
a cominciare dall’affaire Monte Paschi
per finire ai tanti casi di società
partecipate dagli enti locali». Si presenta liberal anche la proposta di
rafforzare la nostra rachitica class
action e copiare il modello statunitense. Non si capisce perché poi si debbano abolire le authority del mercato anziché rafforzarle e sottrarle alla
lottizzazione partitica. Insomma c’è ancora molta confusione sotto il cielo. Ma
è meglio cominciare a non sottovalutare la nascente Grillonomics.
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