martedì 12 marzo 2013

Marinella Venegoni: “La grandeur di Renato Zero con ‘Amo’”



da: la Stampa 

La grandeur di Renato Zero con "Amo"
14 canzoni, tre produttori, ceralacca
di Marinella Venegoni 


 
Alla fine si riparte sempre dal Piper, la culla dei sogni e dei desideri realizzati. Girata la boa dei Sessanta, Renato Zero è ben lontano dal demordere, e con un guizzo d’orgoglio sceglie il locale storico romano dove le sue ambizioni presero forma. Raccoglie intorno a sé Lilli la vecchia portiera e Brunetto che fu primo ballerino di Rita Pavone, per raccontare «Amo», album in uscita il 12 marzo che è come un romanzo in ben 14 canzoni-capitoli: passioni, ritratti, riflessioni, ricordi, rampogne e prediche ai connazionali scorrono sontuosamente registrati in vari luoghi e con varie formazioni musicali da ben tre produttori (Trevor Horn, Celso Valli, e Danilo Madonia), cosa non frequente nel nostro piccolo mondo antico. Da quando s’è messo in proprio, Renatino si fa dei regali di lusso: la copertina dell’album ha la ceralacca, ma il più grande auto-dono sarà certo stato Trevor Horn, celebrato bassista e producer tra gli altri di Genesis e McCartney. Se lo è portato fino al Piper, con l’altra star della chitarra Phil Palmer e un corpo di ballo di 14 elementi, per uno show-vetrina dell’opera.  
Trevor Horn ha lavorato sulla parte meno prevedibile dell’album, a partire da un singolo un po’ così, quel «Chiedi di me» che fa da civetta con le sue atmosfere da musical Anni ‘70 e rivela soprattutto la fantasia creativa di Horn. Fin da qui, nei testi Zero si ripropone come consigliere e istigatore di sicurezze e piccoli ardimenti personali. Poi parte il treno delle melodie, e anche dell’autocelebrazione: «Una canzone da cantare avrai» è come un abbecedario del suo mondo, dove ricorda gli esordi tribolati, le certezze del presente («Mi fa bene osservare la vita passare/Apprezzando e godendo ogni cosa che ho») e persino i suoi trucchi creativi («Segno tutto/Ogni lacrima o movimento... e quando manca atmosfera invento»).  
Un brano assai ascoltato, con la chitarra acustica killer di Palmer e lieve melodia contagiosa, sarà «Il nostro mondo», uno di quegli appelli ai buoni sentimenti che gli riescono bene nella sua grandeur. Ma si rincorrono altre scelte felici: «Un’apertura d’ali», elegia inedita dello scomparso Bigazzi dall’elegante arrangiamento di Celso Valli, cantata con misurato trasporto. Musiche di tradizione, ché questo (malgrado le bandiere di trasgressione) è poi il suo mondo vero. Come un pezzo di musical, con tanto di coro, suona la divertente «Dovremmo imparare a vivere», che canta il carattere italiano e i suoi vizi eterni («Raccomandato fottiti/Ritorna a casa tua»). Sorcinesco l’inevitabile parere sul caso Grillo: «Gli esempi mancano in questo Paese, sono sempre mancati e ora per interpretare la tanta disperazione può anche arrivare un clown, checché ne dicano i tedeschi che c’hanno fatto solo piagne. Grillo è un vento favorevole, qualcuno che scherzando e ridendo ci ha dimostrato come per certi ruderi sia tempo di andare a casa».  
Nel capitolo ritratti, ecco «Angelina», la portinaia che fu una specie di palo alle sue ansie giovanili, e «Lu» dedicata a Lucio Dalla, appena cantata a Bologna: «Lo conobbi alla RCA su un’ascensore con Melis, aveva un’arancia in testa. Dicevano che era un genio. Per me un fratello. Volevo incontrare uno così, e quando ho scoperto che c’era è stata vittoria».  
Quel «Capitolo 1» scritto sotto al titolo «Amo» sta intanto a mostrare che c’è un prossimo volume pronto, con tra l’altro inediti di Trovajoli. Renatino ad appendere le scarpe al chiodo non pensa, ha anche rifiutato il ruolo di coach a The Voice: l’appuntamento live è ora per almeno 15 concerti al Palalottomatica di Roma, dal 27 aprile. Farà il resident artist a casa sua, come Cèline a Las Vegas. I biglietti sono in vendita.  

Nessun commento:

Posta un commento