da: Il Fatto Quotidiano
La
presa della pastiglia
di Marco
Travaglio
Chi ha in mente la scena finale del Caimano
di Nanni Moretti sarà rimasto un po’ deluso, ieri, dinanzi alla marcetta sul
Tribunale di Milano dei parlamentari Pdl capitanati da Angelino Jolie.
Si temeva di molto peggio: un assalto
possente, drammatico, sinistro, almeno vagamente nibelungico. Invece per
fortuna non siamo la Germania delle Valchirie e nemmeno la Francia della presa
della Bastiglia. Siamo il paese dell’operetta, che non conosce il dramma: al
massimo il melodramma. Dunque dobbiamo accontentarci di questa tragicomica
scampagnata sul marciapiede, tipo gita delle pentole, di una corte dei
miracolati sbarcati a Milano come Totò e Peppino, ma molto più ridicoli, visto
che alle pellicce e ai colbacchi fuori stagione aggiungono quintali di
silicone, botulino, pròtesi di lattice, fard, toupet e trapianti abortiti, e
alle caciotte sostituiscono trillanti iPhone con la suoneria di “Meno male che
Silvio c’è”. Il quale Silvio, pover’ometto, giace esanime sul letto di dolore,
piegato e piagato da un’uveite bilaterale isterica con scappellamento a destra
che da un momento all’altro, stando ai medici e agli avvocati di corte,
potrebbe portarlo alla tomba. Insomma, al posto della presa della Bastiglia,
abbiamo la presa per il culo, o al massimo della pasticca per curare patologie
fasulle e allontanare sentenze vere.
Spiccano, nella foto di gruppo dell’allegra
brigata sanculotta in gita premio al Palagiustizia, Danton Alfano, Marat
Cicchitto, Saint Just Gasparri e Robespierre Lupi, mentre Santanchè, De
Girolamo, Gelmini, Giammanco,
Ravetto, Prestigiacomo, Mussolini e Casellati si contendono i panni di Charlotte Corday prima del bagno. Alcuni assedianti conoscono bene il posto e fanno da ciceroni: chi per curriculum, come Denis Verdini (cinque processi), Matteoli (uno) e Raffaele Fitto (due processi e una condannafresca fresca a 4 anni), chi per motivi professionali, tipo gli on. avv. Ghedini e Longo. Ma anche Caliendo, l’amico della P3, e Nitto Palma, che in teoria sarebbero addirittura magistrati e non si sa bene contro chi protestino: forse contro se stessi.
Ravetto, Prestigiacomo, Mussolini e Casellati si contendono i panni di Charlotte Corday prima del bagno. Alcuni assedianti conoscono bene il posto e fanno da ciceroni: chi per curriculum, come Denis Verdini (cinque processi), Matteoli (uno) e Raffaele Fitto (due processi e una condannafresca fresca a 4 anni), chi per motivi professionali, tipo gli on. avv. Ghedini e Longo. Ma anche Caliendo, l’amico della P3, e Nitto Palma, che in teoria sarebbero addirittura magistrati e non si sa bene contro chi protestino: forse contro se stessi.
Va comunque apprezzato il generale sprezzo
del ridicolo di chi denuncia l’uso politico della giustizia mentre fa un uso
giudiziario della politica. Ma anche lo sprezzo del pericolo di alcuni noti
condannati e imputati che sono financo entrati in tribunale col rischio di
essere identificati, vista la somiglianza con le facce patibolari di alcuni
ricercati ritratti nei “Wanted” in bacheca, e di non uscire più. Pare che
Formigoni sia rimasto prudenzialmente a casa.
Notevole anche la faccia dell’acuto Razzi,
reclutato all’ultimo momento per far numero, che ancora in tarda serata non
aveva capito dove l’avessero portato, e soprattutto perché. Capezzone e
Giovanardi invece si sono molto felicitati con se stessi perché, dopo anni di
oscuramento, hanno strappato un’inquadratura di alcuni nanosecondi al Tg4 . In
ogni caso si è persa l’occasione per una bella retata: è raro trovare tanta
bella gente insieme a portata di manette. L’implume Alfano, tornato leader per
un giorno in assenza del padrone travestito da cieca di Sorrento, minacciava
tutto accaldato un imprecisato “Aventino”. Intanto Gasparri capiva tutto al
volo e prenotava un tavolo nel noto ristorante “Da Rino all’Aventino”. Poi
Jolie s’appellava a Napolitano, ma sbagliava indirizzo: com’è noto, il
Presidente non si occupa di processi e inchieste, tranne quando gli telefona
Mancino.
Ps. Mentre chiudo l’articolo, alle ore 20,
non risulta sull’Ansa una sola dichiarazione di esponenti del Pd contro la gazzarra
del Pdl al Palazzo di Giustizia di Milano. Solo un dolente commento di Bersani
alla minaccia aventiniana di Alfano: “Spero siano voci che smentiscano (sic,
ndr), che siano suggestioni di un momento”. Si vede subito che è cambiato e ha
capito la lezione: gliele ha cantate chiare.
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