Tratto da: La Stampa
Insieme molto variegato di grande rock,
poco cantato, molto suonato, molto moderno, quasi del tutto privo di
virtuosismi, un’anticipazione del meglio di quegli Anni Settanta che Hendrix
poté solo intravedere.
L’album è stato messo insieme dal suo
tecnico del suono, Eddie Kramer, e da John McDermott, che insieme avevano già
prodotto a un disco di inediti hendrixiani uscito nel 2010. La denominazione
d’origine è garantita, insomma, tanto più che tutto avviene sotto l’egida della
Experience Hendrix, la società guidata dalla figlia adottiva del padre di Jimi,
Janie Hendrix, a cui una lunga battaglia legale ha assegnato l’eredità
artistica del fratellastro.
People, Hell & Angels racconta una
storia che parte nel 1968, dopo che, con Electric Ladyland, destinato a essere
il suo capolavoro, si chiude una fase dell’attività di Hendrix. A 25 anni, sta
cercando di prendere in mano la propria
carriera e di portare a termine il progetto che più l’appassiona, e cioè la fondazione di una studio nel quale lavorare senza fretta alle sue numerose idee (ci riuscirà solo nel 1970, lo studio si chiama Electric Lady, sta a New York ed esiste tuttora). Inoltre, Jimi vuole suonare con musicisti diversi, uscire dai limiti del pop, dedicarsi all’applicazione creativa delle nuove tecnologie, come la stereofonia, che stanno cambiando il modo in cui si crea e diffonde il suono. Quando non suona dal vivo, Hendrix vive in sala di registrazione, in cerca di nuove sonorità, nuovi compagni di viaggio, nuove canzoni: ecco che cosa racconta People, Hell & Angels, che porta uno dei titoli che lo stesso Hendrix ha immaginato per il prossimo disco. Nessuno sa, in realtà, se proprio queste dodici canzoni ne avrebbero fatto parte: le diverse direzioni in cui si muovono le tracce, tra rhythm and blues, soul, blues, psichedelia, fanno pensare
a un materiale ancora magmatico, in evoluzione, sono la base su cui avrebbero potuto poggiare diversi edifici musicali.
carriera e di portare a termine il progetto che più l’appassiona, e cioè la fondazione di una studio nel quale lavorare senza fretta alle sue numerose idee (ci riuscirà solo nel 1970, lo studio si chiama Electric Lady, sta a New York ed esiste tuttora). Inoltre, Jimi vuole suonare con musicisti diversi, uscire dai limiti del pop, dedicarsi all’applicazione creativa delle nuove tecnologie, come la stereofonia, che stanno cambiando il modo in cui si crea e diffonde il suono. Quando non suona dal vivo, Hendrix vive in sala di registrazione, in cerca di nuove sonorità, nuovi compagni di viaggio, nuove canzoni: ecco che cosa racconta People, Hell & Angels, che porta uno dei titoli che lo stesso Hendrix ha immaginato per il prossimo disco. Nessuno sa, in realtà, se proprio queste dodici canzoni ne avrebbero fatto parte: le diverse direzioni in cui si muovono le tracce, tra rhythm and blues, soul, blues, psichedelia, fanno pensare
a un materiale ancora magmatico, in evoluzione, sono la base su cui avrebbero potuto poggiare diversi edifici musicali.
Due di esse, Izabella e Villanova Junction
Blues, furono suonate a Woodstock: la prima fu reincisa da Hendrix subito dopo
il festival (è la versione presente in questo album), l’altra fu usata per
chiudere il documentario che racconta il megaraduno. Migliaia di persone
raccolgono ciò che rimane dopo tre giorni di musica e se ne vanno nel fango,
mentre la chitarra di Hendrix suona un blues destinato a rimanere inconcluso,
incompiuto, simbolo perfetto di una vita breve destinata a lasciare canzoni
nuove (e molte domande) a 43 anni dalla morte.
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