lunedì 4 marzo 2013

Giuseppe Smorto: "Giornali maiali"


Non ho voglia di verificare se mi sono registrata al sito Espresso-la Repubblica. Pertanto, commento l’articolo di Giuseppe Smorto dal mio blog.
Domanda: lei è sicuro, sig. Smorto, di leggere ‘la Repubblica’?
Io leggo questo quotidiano da molti anni. E ritengo di sapere cosa sto leggendo. E ritengo anche, che il giornalismo professionista di Repubblica e di altri quotidiani farebbe bene a smetterla con le referenzialità e l’autoreferenzialità nei confronti di una classe politica fuori dal mondo reale. Quando se ne farà una ragione del fatto che stanno cambiando certi “equilibri” tra Palazzo della politica e Politica, ne guadagnerà in professionalità e rispetto. Sarà considerato informazione e non faziosità o strumentalizzazione.
Nel voto degli italiani c’è anche – indirettamente - la bocciatura di un “giornalismo” che crede di essere opinione ed è invece cassa di risonanza per l’uno o per l’altro. Che si “dibatte” sul politichese e raramente affronta la Politica. Con la ‘P’ maiuscola. Che non riconosce e conosce il movimento in atto nella società: fisica e virtuale.
Il sito del Corriere della Sera e di la Repubblica fanno, insieme, 5 milioni di lettori? Bene. Pare che questo non abbia condizionato il voto degli italiani. Che, quando vanno in rete, lo fanno soprattutto per argomenti “leggeri”. Dev’essere per questo che, ad esempio, l’home page di Repubblica ha aumentato i servizietti. Per battere la concorrenza del Corriere della Sera, capostipite – tra i siti dei quotidiani – delle cagatelle in home page.
Gli articoli di politica (con la ‘p’ minuscola) e di attualità, mi pare che siano letti maggiormente da addetti ai lavori o dalla minoranza che segue la politica.
In attesa che Corriere e Repubblica mi smentiscano con i dati….auguro al sig. Smorto una buona serata…


da: la Repubblica

Giornali maiali
Perché oggi è facile (ma pericolosissimo) sparare sulla stampa
di Giuseppe Smorto

Domenica sera il monologo di Luciana Littizzetto ha avuto oltre 7 milioni di spettatori. Fantastico risultato, permetteteci un dubbio. L'appello finale è stato un attacco "ai giornali" che hanno parlato di "indegna gazzarra" alla lettura
della sentenza d'appello sulla Thyssen. Ora io non so quale giornale si sia espresso in questi termini (probabilmente il bollettino dell'azienda stessa): tornando indietro col mouse, trovate articoli molto attenti al dolore dei familiari, fotografie e video che fanno venire gli occhi lucidi, insieme a una serena riflessione sull'importanza "storica" di quel verdetto. Ma da un pulpito televisivo, per giunta pubblico, è molto più semplice e popolare sparare nel mucchio. Il mood è questo, ora tocca ai "giornali". Come dire che i tassisti rubano, i medici sbagliano, i politici mangiano, i ristoratori non fanno la ricevuta, il web è democrazia o nazismo, a vostra scelta.

Secondo episodio. La giornalista di Focus Petra Reski, autrice del colloquio con Grillo pubblicata su "Focus" rilascia una durissima intervista sul Fatto di ieri. Dice: "Hanno volutamente pubblicato il falso, distorcendo la mia intervista. Non può essere un malinteso: è un giornalismo che stravolge la realtà per mettersi a disposizione della politica". Siccome l'articolo è illustrato con le homepage di Repubblica e Corriere, mi sento in dovere di dire: sabato mattina, per via di un'agenzia tradotta male (i colleghi delle agenzie vanno sempre rispettati e compresi), è andata in linea la parola "governissimo". Forzatura terminologica su un concetto (coalizione Pd-Pdl) che tuttavia era espresso nell'intervista da Grillo come ipotesi ("li sosterremmo se.... ma non lo faranno mai"). Dunque un'ambiguità da parte dell'intervistato semplificata in un titolo dai maggiori siti italiani, poi rivista e corretta con il lanternino - proprio come si faceva un tempo con l'esegesi delle frasi dei democristiani.

Succede nelle migliori famiglie: si rettifica, si mettono a posto i pezzi. L'ideale sarebbe poter controllare con lo stesso Grillo, col suo staff, come succede in tutte le democrazie del mondo. Ma questo non è possibile. Il sospetto è che lo stesso leader 5 Stelle giochi con i messaggi contrastanti, con le interviste datate. Non possiamo saperlo. La collega tedesca pensa invece che gli stati generali dei due maggiori siti italiani (che insieme fanno 5 milioni di lettori) si siano riuniti via Skype per concordare la linea. E sottolinea infine: "Il vostro giornale è un fiore dentro la palude". Spero che questo non lo pensino nemmeno i cronisti del Fatto.

Terzo episodio (ma potremmo andare avanti per ore). I neoparlamentari del Movimento 5 Stelle (non vorrei chiamarli grillini a causa delle mailbombing che partono periodicamente, proprio dal sito titolare) continuano a giocare in modo sprezzante alla "caccia al giornalista". Nel migliore dei casi, li prendono in giro. Su mandato del Capo. E' un'altra forma di calcistizzazione della politica. C'è un blog su Repubblica.it che pubblica serenamente da mesi gli insulti (anche pesanti, anche razzisti) dell'ala più cattiva (e minoritaria) del Movimento 5 Stelle. Anche questa è politica, anche questa è informazione. Lo stesso potrà succedere un secondo dopo la pubblicazione di questo articolo, i commenti sono aperti. E' la calcistizzazione della politica, non si capisce però dove ci siano più ultrà. Del resto, anche i presidenti del calcio cacciano via i cronisti non graditi.

Conclusioni (aperte)


1) La Littizzetto per favore la prossima volta faccia nomi e cognomi


2) la collega tedesca venga a trovarci in redazione per capire come lavoriamo. In alternativa, chieda scusa, perché noi non siamo al servizio di nessuno.


3) i giovani "cittadini" del Cinque Stelle che vanno in Parlamento si aprano ai giornali. E' la vostra grande occasione, ragazzi. Avete bellissime facce, un'autostrada davanti, e un ottimo curriculum (salvo quello che cerca il Senato su Google). Ci sono cronisti giovani con una preparazione tecnica eccezionale: hanno bisogno di fare esperienza con voi sulla strada, fuori da un albergo, in Transatlantico (l'esatto contrario di quello che succedeva trent'anni fa). 


Fatevi conoscere, raccontateci la vostra idea di cambiamento. In un certo senso, siamo sulla stessa barca. Da parte nostra, ammetteremo i nostri errori, e sono tanti: voi non ne fate mai, nel vostro mestiere? 


In alternativa, immaginatevi un paese senza giornali, o con giornali asserviti al regime (ma senza immaginarlo, ci sono tanti esempi, anche sui libri di storia).


twitter: @giusmorto

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