mercoledì 2 gennaio 2013

2013: tra salite e discese in politica, il punto della questione italiana è sempre quello…


I consuntivi del 2012 non mi attirano (con l’eccezione dell’articolo della Venegoni).
Veniamo al 2013…

E’ stata ufficializzata la “salita” in politica di Mario Monti. Come se mancassero i democristiani. Se n’è aggiunto uno.
Il Pd ha fatto le primarie per consentire la scelta dei candidati. Direi di leggere Marco Travaglio (post sotto). Come si suol dire: non è tutto oro ciò che luccica.

Altri sono discesi o saliti in politica. In particolare, due magistrati: Antonio Ingroia e Pietro Grasso. Diversi per modi e stile, a me non piacciono entrambi. Nel senso che nessuno dei due mi convince in politica ma resto in attesa della grande riforma della giustizia di cui si occuperà Grasso.
Ovviamente, non esiste riforma della giustizia, anzi: non esiste giustizia (come scritto qualche settimana fa) senza:

- processi in tempi ragionevoli
- certezza della pena 
- rispetto dei diritti: delle vittime dei reati e dei carcerati ammassati come bestie

Come ogni anno, il punto della questione rimane sempre uno solo: combattere l’evasione fiscale, saper utilizzare i soldi che si pescano dalle tasche dei contribuenti per governare il paese, scegliere persone oneste e competenti, effettuare controlli a ogni livello per impedire ladrocini, disservizi. Cambiare stile e obiettivi. E questo ci riguarda tutti. Non solo i politici.

Dobbiamo metterci in testa che non si tratta di trovare qualche posto di lavoro in più, si tratta di creare nuove tipologie di lavoro. Lo sostengo da anni: il controllo sistematico nel pubblico, del pubblico sul privato delegato o compartecipe, crea lavoro. Ovviamente, poco o nulla si ottiene nel breve, ecco perché servono persone capaci di progettare capendo ciò che si può realizzare nel breve e ciò che richiede tempi medi.

Ah..dimenticavo…
In questa “salita o discesa” Corrado Passera, appena salito, è subito disceso. Che lo abbia fatto perché avesse pronta una sua squadra da piazzare lo considero, al momento, poco rilevante. Ha fatto la scelta giusta. Perché se non s’inizia con metodo, si fa in vacca subito.
Chi poteva opporsi alla richiesta di Passera di un’unica lista alla Camera e al Senato se non… Casini?

Mario Monti ha deciso di fare da rimorchio a Casini. Ritengo che ciò gli costerà nelle urne elettorali. Si sta già “inquinando” la sua “immagine tecnica”.
Per quante precisazioni faccia, la sua “salita” in campo come motrice di Casini lo rende, a tutti gli effetti, un democristiano. La divergenza su come presentare la lista elettorale a Camera e Senato tra Passera e il bello dell’Udc è un’altra dimostrazione. Il dna non cambia. Vale per Silvio Berlusconi, vale per Pierferdinando Casini.

Se la seconda repubblica è stata sostanzialmente un ladrocinio di Stato e l’affermarsi dell’incapacità della classe politica nella gestione della cosa pubblica, la prima repubblica democristiana è stata nefanda perché ha creato le “basi” del ladrocinio, ha sviluppato l’assistenzialismo per mantenere consenso e illudere la parte imbecille del paese, ha lasciato sviluppare l’impresa Mafia, ha deviato i Servizi Segreti, è stata a più livelli inefficiente nel risolvere i problemi del paese reale.

Chi pensa che la terza repubblica sia eliminare sprechi e assistenzialismo ha un obiettivo logico e inevitabile, ma non sarà il liberismo di Monti, l’entrata di qualche capitale straniero, l’aggiunta di qualche posto di lavoro a fare di questo paese un insieme civile, solidale, equo. Ma togliamoci dalla testa che la responsabilità sia solo dei politici. Se questi abbiamo, è perché parte del paese è come loro. Smettiamola con il considerare lo Stato quell’”altro”. Iniziamo a pensare a ciò che spetta a noi e a ciò che è nostro diritto pretendere da chi legifera e ci governa.

Il requisito essenziale è la qualità delle persone. In ogni settore pubblico e privato. Senza questa, non c’è sistema che tenga.
E se non troviamo la giusta combinazione tra controllo della spesa pubblica ed equità sociale sbanderemo anche con il bilancio in parità.
E, tanto per essere chiari: equità sociale non significa dare a tutti un reddito minimo.
Dirò qualcosa in controtendenza. Per nulla populista e popolare, ma è sotto gli occhi di molti. Beh..di quelli che li tengono aperti e vogliono vedere.
Le statistiche dicono che in Italia vi è un numero consistente di persone che vive con redditi bassissimi. Non discuto la statistica. Discuto che tutti questi stiano morendo di fame.
Piantiamola di prendere per il sedere e l’informazione – soprattutto quella “collegata” alla sinistra – impari a fare il suo mestiere. Ci sono persone che hanno redditi bassissimi e vivono bene. Come si spiega?
Con il “nero”. Siamo una democrazia fondata sul “nero”. E non si tratta solo dei grandi evasori ed elusori.
Il piccolo (o medio) nero quotidiano dà da vivere – non sopravvivere, si badi bene: vivere mediamente allegri - anche a gente che ha una soglia di reddito bassissima.
Ovviamente, i poveri reali esistono. Si tratta di capire quanti e quali – realmente – siano. A questi dev’essere dato ciò che serve per vivere. Che non significa dare sussidi e/o concedere esenzioni a chi non ha mai lavorato e versato contributi, mentre si aumentano tasse e non si concede nessuna forma di agevolazione a chi ha redditi bassi e medi derivanti da anni di lavoro senza evasione fiscale.
L’equità sociale significa anche togliere quelle forme di assistenza a chi non ha il diritto di pretenderle perché non ha mai lavorato o ha sempre svolto attività in nero. Tutto ciò, senza dimenticare, sia chiaro, che ci sono italiani che hanno lavorato in nero perché non avevano scelta. Sta alla classe politica che governa attuare dispositivi in grado di distinguere tra chi ha diritto di ricevere sostentamenti e chi no.
Non guardiamo solamente ai casi eclatanti: ai finti ciechi, ai finti invalidi. Vanno individuate le entrate reali. Non ho nulla da eccepire sul fatto che una persona anziana con una pensione che non arriva a 1.000 euro arrotondi facendo lavoretti di sartoria o similari. Non è questa la frode. Piaccia o no, va confrontato il reddito con il tenore di vita. Uno stato di polizia fiscale? E perché no. Siamo una collettività. Servono regole che devono essere rispettate. Il cittadino onesto o con il solito peccatuccio che non può evitare in assenza di leggi efficaci (alzi la mano chi non ha mai pagato in contanti l’elettricista o l’idraulico) non ha nulla da nascondere e da temere. Anzi….
E’ ovvio che il contraltare di questo “stato di polizia fiscale” è un’Agenzia delle Entrate che rileva e gestisce la transazione con la controparte non che perseguita.

Equità sociale – due parole sconosciute in Italia dal 1945 a oggi, nonostante la bella e sapiente Costituzione Italiana - significa anche concedere incentivi o agevolazioni, sottoposti a dovuti controlli, alle imprese che producono, che reinvestono gli utili. Non è invece un’esigenza quella di prevedere specifiche forme di sostegno (incentivi diretti, sconti fiscali o finanziamenti agevolati da parte delle “banche statali”) alle imprese che anziché reinvestire e puntare sulla ricerca, distribuiscono gli utili come dividendi. Certo. E’ il capitalismo. Il libero mercato che tanto piace a Monti. Legittimo. Ma non è corpo sociale. Del corpo sociale fanno parte le imprese che creano lavoro, reinvestono, fanno ricerca per mantenere un posizionamento nel mercato globale. Fanno corpo sociale le imprese che vedono la partecipazione attiva – cioè la presenza negli organi deliberativi societari - dei rappresentanti dei lavoratori (Germania docet).

Com’è necessario distinguere, tra i privati cittadini,  chi abbia diritto al sostentamento e chi no, è necessario distinguere e adottare misure diverse tra imprese che fanno parte della collettività e quelle che fanno parte solo….della Borsa. Ad alcuni il dividendo e le stock option, alle altre, forme d’incentivo per continuare l’opera che li rende corpo sociale.

Non credo che troverò nei programmi dei partiti, movimenti, liste (singole, doppie, triple, ecc…) che il 24 e 25 febbraio si presenteranno alle urne, idee ragionevoli e proposte concrete per rispondere ai problemi del paese. Gli stessi. Di sempre.
Il disfattismo non mi appartiene, ma non l’ottimismo non ci faccio la spesa. Verità e sano realismo. Sono questi gli ingredienti che ci servono per ragionare e decidere.
Da parte mia, sono tra chi ha sempre pensato, in primis, che non esistono solo diritti ma anche doveri. E, per mia fortuna, il modello culturale democristiano e il modello del berlusconismo non hanno mai attecchito le mie radici di principi e di ragionevole senso della collettività con quel tanto d’individualismo che non si può negare a nessuno.
Pertanto, pretendo proposte e azioni serie e concrete da coloro che ancora si ripresentano alle urne elettorali per quanto siano responsabili dei fallimenti della prima e seconda repubblica. Mi aspetto proposte serie, concrete, ragionevoli -  e non slogan populisti o tattici - dai movimenti che si dichiarano nuovi e alternativi alla classe politica vecchia di testa prima ancora che di anagrafe.
Non mi aspetto, né m’interessa, che in questo paese sia riproposto in maniera più o meno mascherata il fallimento della prima repubblica: la Democrazia Cristiana.
Come sempre, da cattolica, non sarò minimamente condizionata dalla gerarchia ecclesiastica, anch’essa responsabile, “complice”, “sostenitrice”, dei regimi politici della prima e seconda repubblica italiana.

Un’ultima considerazione, più personale, riguardo alla gestione del blog.
Ho in più occasioni scritto che il tempo a disposizione si riduce sempre più. Mi spiace abbandonare del tutto questo spazio. Non mi faccio rapire da twitter e da facebook, penso che un blog, un sito, abbia più possibilità di ragionamento, espressione e confronto che non la frasetta buttata lì sul social network di moda, più spesso per attirare attenzione dei media che non per la reale esigenza di avere qualcosa da condividere con gli altri.
Detto questo, se riesco a trovare un “equilibrio” tra ciò che devo e voglio fare e questo spazio continuerò. Non so però se si tratta di una congiunzione astrale particolare, ma, di là del tempo, è un periodo che mi annoia leggere la stampa professionista o presunta tale. Tanto più gli opinionisti che scrivono per…i politici che li leggono. Referenzialità e autoreferenzialità, altro “problema” atavico dei professionisti della stampa.
Pertanto, la pubblicazione di post contenente articoli di giornalisti professionisti (?!) potrebbe essere “variabile”. Sono invece più interessata (come sempre) a trovare argomenti poco o per nulla trattati e spero di riuscire a scrivere qualche considerazione su ciò che mi/ci circonda.

Nel frattempo, auguro ai lettori abituali del blog ma anche a chi ci si imbatte per caso, un 2013 di salute e serenità. Sono i beni più preziosi. Sono i nostri veri e migliori compagni di viaggio.

Considerando anche la lunghezza di questo post, per questa settimana vi risparmio altro!.
Ci si ripiglia dal 7 gennaio.

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