da: La Stampa
Il coraggio di cambiare
Mi ha scritto
la collega perugina di Margherita Peccati e Daniela Crispolti, le due impiegate
(una precaria) della Regione Umbria uccise senza pietà da quell’uomo fragile e
disperato che le aveva erette a simbolo di un sistema. E’ una lettera
meravigliosa perché sorprendente. Ti aspetti il dolore per le vittime e lo
trovi. Ti aspetti la paura che possa succedere di nuovo e la trovi. Ma ti
aspetteresti anche il lamento contro chi ha alimentato questo clima, additando
la pubblica amministrazione come luogo di ogni nefandezza, e invece non lo
trovi.
Anziché
crogiolarsi nel vittimismo, specialità nazionale, l’impiegata di Perugia
scrive: «Se siamo percepiti come poco trasparenti, autoreferenziali e
arroganti, forse dovremmo cercare di cambiare, prima che un’ondata di
risentimento cieco e indistinto cambi noi, travolgendo tutto». Il cambiamento,
e sono parole che andrebbero recitate a memoria come le tabelline, «non
arriverà dall’alto e nemmeno un grilleggiante deus ex machina lo potrà attuare,
se non sarà la pubblica amministrazione a volerlo, trovando il coraggio di
riempire di contenuti quanto sbandiera ma non attua, a cominciare dalla
meritocrazia. Dobbiamo smetterla di sentirci “altro” dalla gente, magari anche
un po’ superiori, per poi offenderci appena ci chiamano privilegiati».
Cara signora,
taccio il suo nome per non esporla a ritorsioni, ma persone come lei
meriterebbero la prima pagina tutti i giorni. In quest’epoca di licenziamenti
continui, anche da se stessi, è consolante imbattersi ancora in qualcuno capace
di un’assunzione. Di responsabilità.
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