da: http://rebusmagazine.org/
Il
territorio devastato, grande assente nel dibattito politico
Fiumi che esondano, intere città allagate,
violente frane che devastano edifici. Un bollettino di guerra che negli ultimi
anni è costato all’Italia migliaia di sfollati, decine di morti e milioni di
euro. Sono i drammatici effetti del dissesto idrogeologico, una piaga che sta
martoriando il nostro territorio senza che le istituzioni mettano in campo risposte
adeguate. Eppure le lezioni sono state innumerevoli. L’alluvione del Veneto del
2010 e quella che ha colpito la Liguria un anno dopo, sino alle piene che hanno
messo in ginocchio la Toscana appena un mese fa. Soltanto per citare alcuni
casi più recenti. Si tratta di un problema che il dibattitto politico – a
qualsiasi livello – ha relegato in fondo alla scala delle priorità. I
riflettori si accendono quando l’emergenza raggiunge il culmine, poi si
spengono improvvisamente con la fine del temporale. E le lacrime di coccodrillo
si asciugano improvvisamente con i primi raggi di sole. Le primarie del
centrosinistra non hanno mai affrontato il problema, preferendo focalizzare il
confronto sulle gerarchie interne e sull’analisi del rivoluzionario progetto di
Montezemolo e Riccardi. Persino la sinistra alternativa e i movimenti hanno
troppo spesso trascurato la questione. Ancor più grave la trasandatezza delle
politiche governative, sempre incentrate sul concetto di emergenza e mai
improntate su pianificazioni organiche e strategiche.
Del resto i numeri certificano una realtà
impietosa. La radiografia degli interventi attuati e finanziati negli ultimi
dieci anni mostra che sono stati erogati 2 miliardi per attuare quanto previsto
dal Piano di assetto idrogeologico (Pai). Un documento che, invece, ha
previsto uno stanziamento complessivo pari a 4,5 miliardi di euro.
Il dossier
di Legambiente “I costi del rischio idrogeologico – emergenza e prevenzione”
osserva che i fondi sono stati utilizzati soltanto “per coprire i lavori più
urgenti, ovvero i 4.800 interventi nelle aree a rischio più elevato, su un
totale di 15.000 interventi previsti da tutti i Pai”. Il dato è ancor più
allarmante se si aggiunge che “la metà circa di queste risorse è stata
stanziata – aggiunge il documento – attraverso gli accordi di Programma siglati
tra il ministero dell’Ambiente e le Regioni, proposti a partire dal disastro di
Messina del 2009 e siglati tra il 2010 e il 2011. Ma ancora oggi dei 2,1
miliardi messi in campo attraverso il co-finanziamento ministero-Regioni,
soltanto 178 milioni sono stati realmente erogati per realizzare o cominciare
solo il 3% degli interventi previsti”. Ragionare soltanto in funzione
dell’emergenza – stima Legambiente – nell’ultimo triennio ci è costato 1 milione
di euro al giorno. Anche perché se fino al 2000 le alluvioni e le frane
coinvolgevano mediamente 4 regioni ogni anno, negli ultimi dieci anni invece il
numero di territori coinvolti e raddoppiato, passando a 8. Sono, infatti, in
costante aumento i fenomeni meteorici che prima risultavano eccezionali.
In sostanza i soldi ci sono, sono stati
stanziati, me restano inutilizzati. E vengono spesi solo sull’onda delle
emergenze. Il governo Monti, però, sembra ignorare questa dinamica e – in barba
alla tanto decantata spending review – preferisce finanziare ancora. E’ notizia
di oggi che il ministro Clini invierà al Comitato interministeriale per la
programmazione economica (Cipe) una bozza in cui si tracciano le linee
strategiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile
e la messa in sicurezza del territorio. Il testo prevede l’attivazione di un
fondo nazionale 2013-2020 alimentato anche “da un prelievo, determinato
annualmente, su ogni litro di carburante consumato sino al raggiungimento di 2
miliardi l’anno”.
I danni economici e sociali provocati dal
dissesto idrogeologico sono enormi. E’ per questo che la Sinistra ha il dovere
– prima di tutto morale – di collocare la questione delle tutela del territorio
in cima alla propria agenda politica.
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