mercoledì 9 gennaio 2013

Elezioni 2013, argomenti assenti: il territorio devastato


da: http://rebusmagazine.org/

Il territorio devastato, grande assente nel dibattito politico

Fiumi che esondano, intere città allagate, violente frane che devastano edifici. Un bollettino di guerra che negli ultimi anni è costato all’Italia migliaia di sfollati, decine di morti e milioni di euro. Sono i drammatici effetti del dissesto idrogeologico, una piaga che sta martoriando il nostro territorio senza che le istituzioni mettano in campo risposte adeguate. Eppure le lezioni sono state innumerevoli. L’alluvione del Veneto del 2010 e quella che ha colpito la Liguria un anno dopo, sino alle piene che hanno messo in ginocchio la Toscana appena un mese fa. Soltanto per citare alcuni casi più recenti. Si tratta di un problema che il dibattitto politico – a qualsiasi livello – ha relegato in fondo alla scala delle priorità. I riflettori si accendono quando l’emergenza raggiunge il culmine, poi si spengono improvvisamente con la fine del temporale. E le lacrime di coccodrillo si asciugano improvvisamente con i primi raggi di sole. Le primarie del centrosinistra non hanno mai affrontato il problema, preferendo focalizzare il confronto sulle gerarchie interne e sull’analisi del rivoluzionario progetto di Montezemolo e Riccardi. Persino la sinistra alternativa e i movimenti hanno troppo spesso trascurato la questione. Ancor più grave la trasandatezza delle politiche governative, sempre incentrate sul concetto di emergenza e mai improntate su pianificazioni organiche e strategiche.
Del resto i numeri certificano una realtà impietosa. La radiografia degli interventi attuati e finanziati negli ultimi dieci anni mostra che sono stati erogati 2 miliardi per attuare quanto previsto dal Piano di assetto idrogeologico (Pai). Un documento che, invece, ha previsto uno stanziamento complessivo pari a 4,5 miliardi di euro.
Il dossier di Legambiente “I costi del rischio idrogeologico – emergenza e prevenzione” osserva che i fondi sono stati utilizzati soltanto “per coprire i lavori più urgenti, ovvero i 4.800 interventi nelle aree a rischio più elevato, su un totale di 15.000 interventi previsti da tutti i Pai”. Il dato è ancor più allarmante se si aggiunge che “la metà circa di queste risorse è stata stanziata – aggiunge il documento – attraverso gli accordi di Programma siglati tra il ministero dell’Ambiente e le Regioni, proposti a partire dal disastro di Messina del 2009 e siglati tra il 2010 e il 2011. Ma ancora oggi dei 2,1 miliardi messi in campo attraverso il co-finanziamento ministero-Regioni, soltanto 178 milioni sono stati realmente erogati per realizzare o cominciare solo il 3% degli interventi previsti”. Ragionare soltanto in funzione dell’emergenza – stima Legambiente – nell’ultimo triennio ci è costato 1 milione di euro al giorno. Anche perché se fino al 2000 le alluvioni e le frane coinvolgevano mediamente 4 regioni ogni anno, negli ultimi dieci anni invece il numero di territori coinvolti e raddoppiato, passando a 8. Sono, infatti, in costante aumento i fenomeni meteorici che prima risultavano eccezionali.
In sostanza i soldi ci sono, sono stati stanziati, me restano inutilizzati. E vengono spesi solo sull’onda delle emergenze. Il governo Monti, però, sembra ignorare questa dinamica e – in barba alla tanto decantata spending review – preferisce finanziare ancora. E’ notizia di oggi che il ministro Clini invierà al Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) una bozza in cui si tracciano le linee strategiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio. Il testo prevede l’attivazione di un fondo nazionale 2013-2020 alimentato anche “da un prelievo, determinato annualmente, su ogni litro di carburante consumato sino al raggiungimento di 2 miliardi l’anno”.
I danni economici e sociali provocati dal dissesto idrogeologico sono enormi. E’ per questo che la Sinistra ha il dovere – prima di tutto morale – di collocare la questione delle tutela del territorio in cima alla propria agenda politica.

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