da: Il Fatto Quotidiano
Il
ritorno del messaggio tv
Il
difensore del precario dà gli 80 euro ai “garantiti”
È apparso all’improvviso, come quei conduttori che aprono un’edizione straordinaria di tg. Con l’istant video Matteo Renzi completa la sua variegata tecnica di comunicazione e aumenta il livello della propria capacità di fare fuoco. Ritrova il grande nemico, il sindacato, e lo punta al petto. Ai messaggi confezionati ci aveva abituati Berlusconi che li recapitava alle televisioni e ai giornali, nella prevalenza considerati sue cassette postali. Quelli erano testi ovattati, usati, nel gioco delle luci e della calza, come strumento principe della tecnica di trasmissione della dolcezza, a convincere, persuadere, tirare gli italiani verso di sé. Renzi non ha cura del contesto, la telecamera taglia il suo corpo in due, ma del modo con cui chiama alla battaglia. Non ha il teatro bianco dello studio nel villone di Arcore né la cravatta a pois e il doppiopetto Caraceni, ma una finestra aperta sulla piazza, la camicia bianca sbottonata al collo, il vento che soffia e forse rovina un po’ l’audio, il tricolore che gli copre la schiena. In piedi, giovane, vitale, desideroso della rivincita immediata, del colpo a effetto, dell’arma di distruzione di massa. Il video evolve il premier nella
figura del guerrigliero del popolo, di chi tutela “Marta”, giovane mamma senza diritti e senza paga in gravidanza, o del piccolo artigiano senza accesso al credito, del cinquantenne senza futuro. È il popolo dei “senza” (senza diritto, senza tutele, senza futuro) contro quegli altri, quelli “con”. Questi ultimi sono proprio coloro a cui Renzi ha appena destinato gli 80 euro, fulcro della propaganda di primavera.
È apparso all’improvviso, come quei conduttori che aprono un’edizione straordinaria di tg. Con l’istant video Matteo Renzi completa la sua variegata tecnica di comunicazione e aumenta il livello della propria capacità di fare fuoco. Ritrova il grande nemico, il sindacato, e lo punta al petto. Ai messaggi confezionati ci aveva abituati Berlusconi che li recapitava alle televisioni e ai giornali, nella prevalenza considerati sue cassette postali. Quelli erano testi ovattati, usati, nel gioco delle luci e della calza, come strumento principe della tecnica di trasmissione della dolcezza, a convincere, persuadere, tirare gli italiani verso di sé. Renzi non ha cura del contesto, la telecamera taglia il suo corpo in due, ma del modo con cui chiama alla battaglia. Non ha il teatro bianco dello studio nel villone di Arcore né la cravatta a pois e il doppiopetto Caraceni, ma una finestra aperta sulla piazza, la camicia bianca sbottonata al collo, il vento che soffia e forse rovina un po’ l’audio, il tricolore che gli copre la schiena. In piedi, giovane, vitale, desideroso della rivincita immediata, del colpo a effetto, dell’arma di distruzione di massa. Il video evolve il premier nella
figura del guerrigliero del popolo, di chi tutela “Marta”, giovane mamma senza diritti e senza paga in gravidanza, o del piccolo artigiano senza accesso al credito, del cinquantenne senza futuro. È il popolo dei “senza” (senza diritto, senza tutele, senza futuro) contro quegli altri, quelli “con”. Questi ultimi sono proprio coloro a cui Renzi ha appena destinato gli 80 euro, fulcro della propaganda di primavera.
Nella straordinaria manipolazione
comunicativa Renzi riesce nel capolavoro: dopo aver guadagnato, grazie alla sua
misura economica, milioni di consensi dal ceto medio tutelato, cambia cavallo e
si accredita come l’uomo politico che guarda agli ultimi, sceglie gli ultimi.
Non ha più soldi in tasca però e anzi sulla sua scrivania incombe la missiva del Fondo monetario che pare un
diktat più di un consiglio: cambiare
subito l’articolo 18 e poi tagliare ancora le pensioni. Renzi quindi parte
dalla fine della fune: non cerca di produrre lavoro ma di agevolare il
licenziamento nella speranza che il nuovo messaggio, le tutele crescenti, si
trasformi da puro slogan in qualcosa di commestibile. Nella lista di
proscrizione renziana i sindacati, divenuti anche per loro responsabilità
naturali aggregatori di sfiducia popolare, conquistano il piedistallo rispetto
al tempo di B. quando i magistrati (comunisti) godevano di quotidiane cure
televisive. Però la lista è sempre quella. Anzi Matteo, nel ruolo di capo del
partito della Nazione, magicamente ritrova gli stessi nemici di Silvio. Il
colpo al cuore alla Camusso apre un fronte nuovo e insieme funge da
silenziatore a questa settimana nera in cui il premier - legato dal patto del
Nazareno - non riesce a trovare di meglio che due nomi indigeribili (e perciò
non digeriti ancora) da mandare alla Corte costituzionale. Uno di essi
addirittura indagato. Per sovrammercato l’avviso di garanzia per bancarotta
fraudolenta notificato al suo babbo lo congeda definitivamente dal ruolo di
colui che con la magistratura non aveva conti aperti da sistemare, procure da
stanare o complotti da denunciare. Negli ultimi giorni il lessico renziano si è
avvicinato, e di molto, a quello del primo Berlusconi, quando indicava negli
“scoop” giornalistici, propalati ad arte dagli uffici giudiziari, lo strumento
principe della lotta politica. “Non sarà certo uno scoop...”.
Ieri infine il video messaggio.
Ieri infine il video messaggio.
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