lunedì 29 settembre 2014

La dura vita dei trentenni alla ricerca del mutuo: “abbiamo incassato 12 no”



da: la Repubblica

“Siamo giovani, uno è precario mutuo vietato in tutte le banche così abbiamo incassato 12 no”
Trentenni in cerca di casa: un contratto a tempo indeterminato da 1.500 euro, un co.co.pro da 1.200. Slalom inutile tra perizie, garanti e polizze
di Tiziana De Giorgio e Matteo Pucciarelli

«Buongiorno, siamo una coppia di trentenni e vogliamo comprar casa, la nostra prima casa ». Comincia così il nostro calvario che quasi ti passa la voglia, tre giorni di pellegrinaggio in dodici istituti di credito: grandi banche nazionali e internazionali, Casse di risparmio e banche popolari. Una simulazione per capire se l’accesso al credito è un’opportunità reale o un miraggio. Presentiamo queste credenziali, che tutto sommato non sono neanche male per due giovani diventati adulti all’epoca della grande crisi economica: un contratto a tempo indeterminato da 1.500 euro netti al mese per lui, un contratto a progetto da 1.200 euro al mese per lei, rinnovato da tre anni di anno in anno. Entrambi laureati, entrambi senza altri prestiti sulle spalle. La casa costerebbe 200mila euro, un bilocale in un quartiere della semi-periferia milanese. Siamo riusciti a racimolare 50mila euro, sommando i
nostri risparmi all’aiuto di genitori e parenti. Insomma, ce ne servono 150mila per raggiungere l’obiettivo. Girando su Internet ci siamo accorti che scegliendo un tasso variabile e dandoci un orizzonte di vent’anni, la rata verrebbe a costare intorno agli 800 euro al mese: meno dell’affitto che paghiamo oggi.

«Per capirci dall’inizio, siete tutti e due assunti, giusto?».
È la prima domanda, secca. Ovunque. Perché il vero problema è chiaro subito: «Servono due contratti “veri”». E noi (appunto) ne abbiamo solo uno. «Purtroppo per noi il co.co.pro è come se non esistesse». Tradotto, tutti i preventivi prendono in considerazione un unico nominativo e una sola cifra: il beneficiario dei 1.500 euro, quelli sicuri. Anzi, «facciamo 1.600 euro al mese, visto che avrai anche la tredicesima». Regola vuole che la rata non superi il 30-35 per cento delle entrate, ma per le banche la somma reale dei nostri stipendi (2.700 euro) non vale. La “flessibilità”, almeno in banca, è un concetto sconosciuto. E allora come si fa? Il coniglio che esce magicamente dal cilindro si chiama “garante”. Un parente, un amico (ricco) magari: qualcuno che appunto garantisca la solvibilità del prestito se le cose dovessero malauguratamente andar male. Nel mondo reale: un genitore. Fosse facile: il garante (oltre naturalmente a poter esibire un contratto vero o una pensione di consistente entità) non dovrà aver compiuto gli 80 anni al termine del mutuo. Ci guardiamo e il calcolo aritmetico viene facile: quanti anni avevano i tuoi quando sei nato? Se più di trenta, siamo fregati. Se invece chiediamo un mutuo trentennale, tocca sperare in una mamma adolescente.

Fuori dalla Deutsche Bank c’è la pubblicità di una coppia felice che si abbraccia, accanto un gigantesco 2,1 per cento. Un tasso da sogno; ogni vetrina di ogni istituto ha il suo da esibire, ma più o meno siamo su quella cifra. Entriamo. Il giovane impiegato sorride: «Vabbé, è per attirare i clienti ». Infatti, oltre a non essere un tasso “chiavi in mano” di solito è destinato a chi chiede o un mutuo decennale o a chi serve meno della metà del valore dell’immobile. Eccolo il paradosso: chi ha la fortuna di avere alle spalle un discreto capitale da investire si ritroverà tra le mani un tasso più vantaggioso. In ogni caso, il conteggio dice che, senza un garante, un prestito di vent’anni ce lo possiamo scordare. «Però domani vi faccio chiamare da una collega — dice dispiaciuto — lei magari conosce qualche trucco per darvi una mano».
Le filiali delle banche non hanno praticamente più potere decisionale su nulla, spiegano. Avviano la pratica che poi passa al livello superiore, centralizzato, e si capisce bene che è severo. «Ma sapete, noi mettiamo giusto qualche nota a margine, poi è solo un calcolo matematico fatto di varia bili, una cosa fredda», spiega la funzionaria del Monte dei Paschi di piazza Fontana. Sono finiti i tempi di quando «portavi questo a garanzia — fa l’esempio un impiegato della Popolare di Milano, ha in mano un evidenziatore giallo per rendere l’idea — e la banca ti dava quanti soldi volevi a occhi chiusi». Dal mutuo facile, al mutuo vietato, o quasi.

Poi c’è un altro fattore che alza ulteriormente l’asticella. Si chiama “perizia”. Un giochetto che, comunque vada, finisci per perderci. Funziona così: compri la casa a 200mila euro? Eh già, ma non è detto che valga davvero quella cifra. Le banche finanziano un massimo dell’80 per cento del valore dell’abitazione: non del prezzo di mercato. Quindi i calcoli vanno fatti solo dopo che il perito della banca avrà emesso la sua insindacabile sentenza. Nel nostro caso, se la valutazione del bilocale sarà (ad esempio) 180mila euro, il massimo che la banca potrà erogare è 144mila euro. Se invece capiremo di aver fatto l’affare, cioè se la valutazione risulterà essere superiore al prezzo di acquisto, poco importa: «Tra le due cifre vale sempre quella minore», è la regola. E anche qui ti ricordano di come funzionava ai “bei tempi andati”, quando invece la perizia serviva per l’esatto opposto: si gonfiavano le valutazioni così si poteva ottenere una somma an- che superiore al prezzo, «la gente ci si comprava pure i mobili».

Un capitolo a parte merita la questione del detto e non detto. Aprire un nuovo conto corrente dove si chiede il mutuo non è quasi mai una richiesta obbligatoria, «ma aiuta». Per non parlare dell’assicurazione sulla vita, che visti i tempi può coprire anche la perdita del lavoro o un’invalidità permanente: non è obbligatoria, insistono, «ma aiuta». «Per legge non posso dirvi che dovete farla per forza — è sincera l’impiegata della Popolare di Lodi — però insomma, alla fine conviene a tutti no?». Al modico prezzo di 16mila euro, leggiamo sul prospetto appena stampato, conviene soprattutto alla banca. Ma sono dettagli. «Però scusate — chiediamo — non c’è già l’ipoteca sulla casa a garanzia?». Vero, «ma per riprendersela, metterla all’asta e infine venderla, servono anni: alle banche non conviene, poi ormai il mercato è fermo».

Di fatto, ci sono solo tre banche disposte a prendere minimamente in considerazione i 1.200 euro “invisibili” del contratto a progetto: Ing, Ubi e Cassa di Risparmio di San Miniato. «D’altronde il mondo del lavoro è un po’ cambiato », ammettono all’Ubi. Nessuna promessa però. Bisognerà “valutare” in una fase successiva. La banca toscana, invece, è l’unica che lo dice chiaro e tondo: «Portateci tutti i preventivi degli altri e poi trattiamo il tasso». Un po’ come si fa quando si sceglie l’impresa per ristrutturare casa: si tratta. Allora, ormai navigati, tiriamo subito fuori il “2,55-tasso-finito” di una concorrente, sulla carta l’offerta migliore. Il funzionario si allenta la cravatta: «Accidenti — prende l’appunto in mano, un po’ stupito — Eh no, non so se fin lì ci arriviamo».

Esausti, con in mano un pacco di fogli, conteggi e ormai una certa conoscenza del settore, facciamo l’ultimo tentativo, il dodicesimo. Anche la consulente sembra svogliata, non trova la mail con la quale si proroga l’offerta di settembre per un altro mese. Allora chiede una mano a un collega che arriva con la notizia bomba: «Ma scusa, hai visto la circolare del fondo di garanzia per favorire l’accesso ai mutui delle giovani coppie?». Si parla di un tasso dell’1,5 per cento. Ci si illuminano gli occhi. Bisogna avere meno di 35 anni: e ci siamo. Anche con un contratto “atipico”: ci siamo. La casa non deve superare i 95 metri quadrati: ci siamo. Bisogna avere un reddito Isee non superiore ai 40mila euro annui. E qui, con il serio sospetto di sforare la cifra, ci arrendiamo. Perché finora non avevamo abbastanza soldi per ottenere un mutuo. Mentre adesso scopriamo che forse, per raggiungere l’unico mutuo possibile, ne abbiamo troppi.

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