da: Il Post
U2
obbligatori
di Massimo
Mantellini
Qualcuno ha pensato fosse una buona idea.
Un’idea per lo meno originale che, per la risonanza mondiale dei soggetti
coinvolti, avrebbe ricevuto grandi attenzioni, avrebbe stupito e meravigliato.
Così puntualmente è stato e quando Tim Cook, durante la presentazione Apple
avvenuta a San Francisco qualche giorno fa, ha chiamato sul palco la band degli
U2, abbiamo capito che il nuovo disco del gruppo irlandese, regalato a tutti
gli utenti iTunes (500 milioni di persone nel mondo) che di lì a poco lo
avrebbero ricevuto contemporaneamente, era un gigantesco colpo di teatro.
Scelta inedita. Grande effetto sui media. Notorietà per tutti. Per Apple, per
iTunes. Per gli U2.
È andata proprio così? Non esattamente.
La musica ha una relazione di grande
intimità con ciascuno di noi. Ognuno accarezza i propri gusti, li mantiene
separati da quelli degli altri. Oppure gode nel collegarli o contrapporli a
quelli di altre persone. Attraverso la musica parliamo di noi agli altri.
Esponendo (o celando) le note che ci piacciano
diventiamo animali musicali che
ne annusano altri. Tim Cook sembra non averci pensato.
Per questa ragione non deve meravigliare
che molti utenti di iTunes non abbiano gradito il regalo del nuovo lavoro degli
U2 direttamente aggiunto al proprio profilo iCloud, iTunes, su iPad o iPhone.
Acquistati? Io? Gli U2? Ma scherziamo?
E pensare che sarebbe stato sufficiente
fermarsi un passo prima, rendendo liberamente scaricabile il disco ai tanti che
intendevano farlo. Ma un scelta del genere avrebbe attenuato l’idea di potenza
che Apple probabilmente intendeva dare di sé; avrebbe reso il download del
disco una specie di buono sconto, un tagliando per accedere gratis allo
spettacolo, sempre che nel frattempo il pezzetto di carta non fosse andato
perduto o dimenticato. No, non sarebbe stata la stessa cosa, sarebbe stato
forse più sensato, meno volgare, più rispettoso della nostra intimità con la
musica. Che è nostra e solo nostra, che è permalosa e bizzarra come sanno
essere solo le cose che ci interessano davvero.
Oggi in rete molti chiedevano come diavolo si facesse a cancellare dal proprio computer quella musica non richiesta (in realtà pare non si possa, per ora si può solo nasconderla alla vista), con un curioso e interessante effetto reputazionale al contrario nei confronti della grande pensata, degli U2 e di Apple stessa. Un po’, certo, è l’eterna insoddisfazione e il compiaciuto sarcasmo che riempie ogni giorno le venature della rete e che si scatena preferibilmente nei confronti delle grandi iniziative, verso le nuove idee, contro il coraggio degli innovatori. Ma un po’, in questo caso, è anche l’effetto di un evidente invasione di campo: l’ingresso senza permesso in un territorio che immaginavamo da noi stessi recintato e che invece, in casi del genere, illumina l’esistenza di differenti giardinieri.
Se c’è un errore che i grandi attori della
rete non possono permettersi di fare è proprio questo. Perché il gioco funzioni
al meglio devono limitare il racconto e l’esposizione muscolare della propria
potenza, pena l’interruzione di un sogno che noi – piccoli peones digitali –
cerchiamo di mantenere vivo e palpabile. Quello del controllo sulla nostra
personale esperienza digitale a dispetto di ogni dittatura tecnologica.
p.s. Il fatto che poi l’album degli U2, come si è preoccupata di informare Apple, scomparirà
dai computer di chi non desidera
ascoltarlo il prossimo 13 ottobre, migliora
e peggiora solo un po’ le cose.
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