da: Il Fatto Quotiidiano
Landini:
“La precarietà è figlia loro, ora Matteo ci prende per il c…”
di Salvatore Cannavò
Renzi non può pensare di sostituirsi al
sindacato. Questo è un diritto di chi lavora. Piuttosto pensi a fare leggi che
tutelino i lavoratori. E non ci prenda per il c… con il contratto a tutele
crescenti che toglie l’articolo 18”.
Dopo aver letto l’attacco politico portato
al premier da Susanna Camusso Maurizio Landini una risposta immediata di Renzi
se l’aspettava. “Il punto è di merito. Occorre stare a questo”.
In
qualche modo Renzi vi dice che il sindacato lo fa meglio lui e che non siete
serviti a molto.
A Renzi dico che le leggi le fa il
Parlamento e non il sindacato. Sono le leggi, dalla Treu al decreto Poletti,
che hanno aumentato la precarietà.
Ma
il sindacato non ha nessuna responsabilità?
Certo, ne abbiamo anche noi. Il sindacato
non ha contrastato abbastanza quelle politiche. Per questo dobbiamo cambiare la
nostra politica. La precarietà non si
combatte abbassando i diritti ma
allargandoli. Abolire l’articolo 18 indebolisce tutti.
Renzi
muove un attacco senza precedenti dichiarando la vostra inutilità.
Ma lui non può sostituirsi al sindacato.
Questo è di proprietà di lavoratori. Piuttosto renda possibile una legge che
permetta loro di decidere come vogliono organizzarsi e quali contratti.
Sul
contratto a tutele crescenti lei ha parlato di presa per il c…
(Ride). Se uno fa un contratto a tutele
crescenti vuol dire che a un certo punto la crescita si trasforma in garanzie
piene. Se si tratta di tutele crescenti non puoi togliere diritti a tutti.
Altrimenti, appunto, è una presa per il culo. Ma potrei dire anche “Non
c’abbiamo scritto Jo Condor…”.
Preferiamo
la risposta più colorita… Vi ha colto di sorpresa l’accelerazione impressa da
Renzi?
Di sorpresa no perché prima l’incontro con
Draghi, poi i vertici in Europa, le richieste della Confindustria erano state
molto precise. È chiaro che la scelta che viene fatta ha un significato
politico preciso. Non è quello il modo per risolvere problemi.
Lei
crede che l’incontro di Renzi con Draghi abbia contribuito all’accelerazione?
Non solo quello. Anche la riunione dei
ministri finanziari e i dati sulla recessione sono i punti che sono stati posti
al governo del nostro paese. In questo paese, il governo Renzi fa male a cedere
a questo ricatto. Le crisi si affrontano risolvendo le ragioni che hanno
prodotto la crisi. Continuare con liberalizzazione e abbassamento dei diritti e
dei salari non è la strada giusta. Anzi, è una strada che apre nuovi conflitti.
Vi
preparate quindi al conflitto?
Avevamo già avviato la nostra mobilitazione
sulle crisi industriali. Ora, alla luce dell’accelerazione sullo Statuto,
anticiperemo la nostra manifestazione a sabato 18 ottobre e dalla prossima
settimana invitiamo le Rsu a iniziare a usare il pacchetto delle ore di
sciopero per fare assemblee e discutere con i lavoratori. Non si tratta di
contrapporre chi vuole fare le riforme e chi è contrario. Noi non vogliamo
difendere nessun privilegio. La precarietà la vogliamo combattere estendendo a
tutti i diritti, soprattutto ai giovani. Vogliamo combattere il riciclaggio e
fare rientrare i capitali dall’estero, cancellare l’articolo 8 di Sacconi,
avere una legge sulla rappresentanza, fare ripartire gli investimenti e
incentivare chi fa investimenti qui. Vogliamo aprire una vera discussione in
tutto il Paese, una discussione pubblica su come costruire un’Europa diversa.
Avevate
avviato un dialogo sia pure a distanza con Renzi. Si è pentito?
No, nel modo più assoluto. Il sindacato non
è né di governo né di opposizione. Si confronta con tutti. Renzi ha fatto cose
che andavano fatte come gli 80 euro e cose non andavano fatte come la riforma
costituzionale e i contratti a termine. Ora si stanno confrontando due idee
diverse di come si riforma questo paese. Voglio sfidare il governo sul piano
del consenso.
Ma
quella di Renzi è una rottura con valori di fondo della sinistra italiana?
Mi sembra che non si facciano i conti con
la realtà. Ci sono, ad esempio, affermazioni in Europa contro l’austerità. Ma
in questo modo Renzi fa il socialdemocratico in Europa e il liberista in
Italia. Una contraddizione esplicita. Cancellare l’articolo 18 significa
cancellare la Costituzione. Lo Statuto è l’inizio della Costituzione nelle
fabbriche e l’applicazione della Carta. Eliminarlo significa tornare all’800.
Come
giudica la reazione della Cgil?
Il problema vero è fare presto. La risposta
va data subito. La nostra iniziativa è urgente perché il settore è più colpito.
È
credibile una mobilitazione unitaria con Cisl e Uil?
Nel 2002 la manifestazione al Circo Massimo
fu di sabato, e della sola Cgil, ma 15 giorni dopo ci furono scioperi grandiosi
e unitari che riempirono le piazze di tutto il paese.
La
Fiom si è impegnata anche recentemente sulla corruzione. Che pensa della legge
sull’autoriciclaggio?
Che non se ne sta discutendo. Noi veniamo
da un nostro convengo con i più grandi esperti in materia. Era presente anche
il ministro Orlando ed è stata ribadita la necessità di fare determinati
interventi. Sono anni che se ne parla. Però la legge viene rinviata e una vera
lotta all’evasione fiscale non c’è. Quello è il terreno di confronto per
prendere le risorse. I soldi vanno presi dove sono e quindi colpire determinati
interessi.
Quando
si parla di articolo 18 si pensa al Circo Massimo del 2002. Oggi però la
situazione è diversa. Ce la potete fare?
C’è molta rabbia inespressa perché c’è
molta paura. La gente ha paura di perdere il posto di lavoro. Ma non accettiamo
che si sfrutti questa situazione per peggiorare la situazione. Dalla crisi si
esce investendo sui diritti e non sulla paura. Renzi ha un grande consenso, è
vero. Ma c’è anche un altro 41%, le persone che non sono andate a votare. E né
Renzi né Grillo hanno impedito l’astensione. La crisi della democrazia è il
vero tema e la nostra battaglia.
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