sabato 20 settembre 2014

Riforma del lavoro, Landini: tutele crescenti sì, ma Renzi non prenda per il culo



da: Il Fatto Quotiidiano

Landini: “La precarietà è figlia loro, ora Matteo ci prende per il c…”
di Salvatore Cannavò

Renzi non può pensare di sostituirsi al sindacato. Questo è un diritto di chi lavora. Piuttosto pensi a fare leggi che tutelino i lavoratori. E non ci prenda per il c… con il contratto a tutele crescenti che toglie l’articolo 18”.
Dopo aver letto l’attacco politico portato al premier da Susanna Camusso Maurizio Landini una risposta immediata di Renzi se l’aspettava. “Il punto è di merito. Occorre stare a questo”.

In qualche modo Renzi vi dice che il sindacato lo fa meglio lui e che non siete serviti a molto.
A Renzi dico che le leggi le fa il Parlamento e non il sindacato. Sono le leggi, dalla Treu al decreto Poletti, che hanno aumentato la precarietà.

Ma il sindacato non ha nessuna responsabilità?
Certo, ne abbiamo anche noi. Il sindacato non ha contrastato abbastanza quelle politiche. Per questo dobbiamo cambiare la nostra politica. La precarietà non si
combatte abbassando i diritti ma allargandoli. Abolire l’articolo 18 indebolisce tutti.

Renzi muove un attacco senza precedenti dichiarando la vostra inutilità.
Ma lui non può sostituirsi al sindacato. Questo è di proprietà di lavoratori. Piuttosto renda possibile una legge che permetta loro di decidere come vogliono organizzarsi e quali contratti.

Sul contratto a tutele crescenti lei ha parlato di presa per il c…
(Ride). Se uno fa un contratto a tutele crescenti vuol dire che a un certo punto la crescita si trasforma in garanzie piene. Se si tratta di tutele crescenti non puoi togliere diritti a tutti. Altrimenti, appunto, è una presa per il culo. Ma potrei dire anche “Non c’abbiamo scritto Jo Condor…”.

Preferiamo la risposta più colorita… Vi ha colto di sorpresa l’accelerazione impressa da Renzi?
Di sorpresa no perché prima l’incontro con Draghi, poi i vertici in Europa, le richieste della Confindustria erano state molto precise. È chiaro che la scelta che viene fatta ha un significato politico preciso. Non è quello il modo per risolvere problemi.

Lei crede che l’incontro di Renzi con Draghi abbia contribuito all’accelerazione?
Non solo quello. Anche la riunione dei ministri finanziari e i dati sulla recessione sono i punti che sono stati posti al governo del nostro paese. In questo paese, il governo Renzi fa male a cedere a questo ricatto. Le crisi si affrontano risolvendo le ragioni che hanno prodotto la crisi. Continuare con liberalizzazione e abbassamento dei diritti e dei salari non è la strada giusta. Anzi, è una strada che apre nuovi conflitti.

Vi preparate quindi al conflitto?
Avevamo già avviato la nostra mobilitazione sulle crisi industriali. Ora, alla luce dell’accelerazione sullo Statuto, anticiperemo la nostra manifestazione a sabato 18 ottobre e dalla prossima settimana invitiamo le Rsu a iniziare a usare il pacchetto delle ore di sciopero per fare assemblee e discutere con i lavoratori. Non si tratta di contrapporre chi vuole fare le riforme e chi è contrario. Noi non vogliamo difendere nessun privilegio. La precarietà la vogliamo combattere estendendo a tutti i diritti, soprattutto ai giovani. Vogliamo combattere il riciclaggio e fare rientrare i capitali dall’estero, cancellare l’articolo 8 di Sacconi, avere una legge sulla rappresentanza, fare ripartire gli investimenti e incentivare chi fa investimenti qui. Vogliamo aprire una vera discussione in tutto il Paese, una discussione pubblica su come costruire un’Europa diversa.

Avevate avviato un dialogo sia pure a distanza con Renzi. Si è pentito?
No, nel modo più assoluto. Il sindacato non è né di governo né di opposizione. Si confronta con tutti. Renzi ha fatto cose che andavano fatte come gli 80 euro e cose non andavano fatte come la riforma costituzionale e i contratti a termine. Ora si stanno confrontando due idee diverse di come si riforma questo paese. Voglio sfidare il governo sul piano del consenso.

Ma quella di Renzi è una rottura con valori di fondo della sinistra italiana?
Mi sembra che non si facciano i conti con la realtà. Ci sono, ad esempio, affermazioni in Europa contro l’austerità. Ma in questo modo Renzi fa il socialdemocratico in Europa e il liberista in Italia. Una contraddizione esplicita. Cancellare l’articolo 18 significa cancellare la Costituzione. Lo Statuto è l’inizio della Costituzione nelle fabbriche e l’applicazione della Carta. Eliminarlo significa tornare all’800.

Come giudica la reazione della Cgil?
Il problema vero è fare presto. La risposta va data subito. La nostra iniziativa è urgente perché il settore è più colpito.

È credibile una mobilitazione unitaria con Cisl e Uil?
Nel 2002 la manifestazione al Circo Massimo fu di sabato, e della sola Cgil, ma 15 giorni dopo ci furono scioperi grandiosi e unitari che riempirono le piazze di tutto il paese.

La Fiom si è impegnata anche recentemente sulla corruzione. Che pensa della legge sull’autoriciclaggio?
Che non se ne sta discutendo. Noi veniamo da un nostro convengo con i più grandi esperti in materia. Era presente anche il ministro Orlando ed è stata ribadita la necessità di fare determinati interventi. Sono anni che se ne parla. Però la legge viene rinviata e una vera lotta all’evasione fiscale non c’è. Quello è il terreno di confronto per prendere le risorse. I soldi vanno presi dove sono e quindi colpire determinati interessi.

Quando si parla di articolo 18 si pensa al Circo Massimo del 2002. Oggi però la situazione è diversa. Ce la potete fare?
C’è molta rabbia inespressa perché c’è molta paura. La gente ha paura di perdere il posto di lavoro. Ma non accettiamo che si sfrutti questa situazione per peggiorare la situazione. Dalla crisi si esce investendo sui diritti e non sulla paura. Renzi ha un grande consenso, è vero. Ma c’è anche un altro 41%, le persone che non sono andate a votare. E né Renzi né Grillo hanno impedito l’astensione. La crisi della democrazia è il vero tema e la nostra battaglia.

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