da: Il Fatto Quotidiano
Stavolta S.A.R. Giorgio Napolitano ha
proprio ragione: nella politica italiana accadono cose che “sollevano gravi
interrogativi”. Purtroppo non sono quelle che dice lui, anzi il fatto che lui
le dica per imporre al Parlamento di mandare alla Consulta chi garba a lui
solleva “gravi interrogativi” sulla sua irrefrenabile vocazione autoritaria.
Se il suo amico Luciano Violante e l’amico
di Previti, Donato Bruno, non ottengono i voti previsti dalla Costituzione per
diventare giudici costituzionali, il capo dello Stato non può e soprattutto non
deve farci nulla: se non rassegnarsi alla loro definitiva trombatura dopo 12
fumate nere e alla loro sostituzione con due giuristi veri, sganciati dai partiti
(ce ne sono a bizzeffe, dalla Carlassare a Rodotà, da Pace ad Ainis, da Villone
a Gianluigi Pellegrino), che rappresentino degnamente un organo costituzionale
per definizione indipendente, dunque votabili anche dai 5Stelle che molto
opportunamente rifiutano di votare i due politicanti. Ciò che il presidente
della Repubblica non può fare (anche se naturalmente lo fa) è dare ordini al
Parlamento per imporre i suoi amichetti e cazziare i 5Stelle per le “immotivate
(in realtà motivatissime, ndr) preclusioni nei confronti di candidature di
altre forze politiche o la settaria pretesa di considerare idonei solo i
candidati della propria parte”: nelle democrazie parlamentari è sovrano il
Parlamento, non lui.
Qui,
a sollevare “gravi interrogativi”, è il silenzio di Napolitano
sulla condanna a morte del pm di Palermo Nino Di Matteo pronunciata un anno fa
da Salvatore Riina nell’indifferenza delle istituzioni, e sulla gravissima
violazione della sicurezza del Pg di Palermo Roberto Scarpinato da parte di un
uomo delle istituzioni che s’è introdotto nel suo ufficio per lasciargli sulla
scrivania una lettera di minacce contenente particolari della sua vita privata
e della sua attività investigativa che solo un rappresentante dello Stato può
conoscere. Il tutto, guardacaso, qualche giorno dopo gl’interrogatori e le
acquisizioni di documenti condotti dall’alto magistrato a Roma nella sede
dell’Aisi, il servizio segreto civile.
Qui,
a sollevare “gravi interrogativi”, è che Napolitano non abbia ancora trovato un
minuto per telefonare a Di Matteo e a Scarpinato per testimoniare la
solidarietà dello Stato a due suoi servitori minacciati dalla mafia e da pezzi
delle istituzioni, e magari per invitarli al Quirinale (magari al posto dei due
marò imputati in India per l’omicidio di due pescatori) e così smentire ogni
sospetto sul loro isolamento.
Qui,
a sollevare “gravi interrogativi”, è il fatto che Napolitano, 16 mesi dopo la
sua convocazione come teste al processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a
Palermo, non abbia ancora trovato il tempo di ricevere i giudici della Corte
d’Assise, i pm e gli avvocati nel suo ufficio al Quirinale, come prevede la
legge, per rispondere alle loro domande e chiarire tanti punti oscuri.
Qui,
a sollevare “gravi interrogativi”, è che Napolitano si limiti a
sollecitare il Parlamento a eleggere i membri laici mancanti del Csm, anziché
segnalare l’incompatibilità di alcuni candidati o già eletti: il
sottosegretario Pd Giovanni Legnini, che passa direttamente dal governo Renzi
all’autogoverno dei giudici; la pidina Teresa Bene, docente associato (mentre è
richiesta la cattedra di ordinario); e il forzista Luigi Vitali, imputato in
due processi per abuso d’ufficio e per falso ideologico (condizione che
giustifica la decadenza).
Qui,
a sollevare “gravi interrogativi”, è che
il Plenum del vecchio Csm scaduto a luglio e prorogato in
attesa del nuovo non possa nominare
il neo procuratore capo di Palermo (dove la commissioni Incarichi direttivi ha
già scelto Guido Lo Forte al posto di Francesco Messineo, in pensione dal 1°
agosto) perché Napolitano non vuole
e ha bloccato tutto con la solita lettera dell’apposito segretario Donato
Marra. Vuole gentilmente sua Maestà
rimuovere quel veto assurdo, dare un capo alla Procura di Palermo, specie in un
momento così grave, e dissipare almeno
uno dei “gravi interrogativi”? Grazie, Sire.
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