da: la Repubblica
Denzel Washington in “The Equalizer”: il mio eroe è un uomo qualunque
L'attore
protagonista dell'action-thriller nelle sale dal 9 ottobre. Di nuovo con il
regista di "Training day", Antoine Fuqua. È un agente della Cia,
angelo custode di una ragazza nelle mani della mafia russa
di Arianna
Finos
È l'angelo custode ma anche quello
vendicatore, anche se al posto della spada biblica usa attrezzi da carpentiere
(all'occorrenza anche cavatappi). Denzel Washington torna all'azione con The
Equalizer - Il vendicatore di Antoine Fuqua, in sala dal 9 ottobre. Il regista
e l'attore accompagnano a Roma il film: Washington, sessant'anni a dicembre, è
magro e in forma, "faccio pugilato da vent'anni", e conserva intatti
fascino e simpatia, t-shirt nera, pantaloni e scarpe comodi.
Se nella prima volta insieme, 13 anni fa,
Training Day, Denzel era un poliziotto corrotto, stavolta l'attore è un vedovo
mite, che soffre d'insonnia e legge i libri
in un locale di periferia per finire "i cento imperdibili", una sfida iniziata dalla moglie che non c'è più. "Ho consultato dottori, ex agenti segreti, l'ho costruito come qualcuno che è vittima di comportamenti compulsivi, vittima dello stress del passato. Non dorme la notte, guarda continuamente l'orologio. E quando il pappone russo pesta la ragazzina prostituta, schiava da marciapiede (Chloe Moretz) l'inferno si risveglia e il nostro si mette contro la più potente delle mafie oggi in America, quella russa. Come un supereroe il nostro conta i secondi, raccoglie le idee e poi fa fuori omaccioni tatuati come mosche con ogni tipo di oggetto gli capiti a tiro. Vorrebbe comprare la libertà della ragazza ma quelli non ci stanno. "Vi avevo dato una scelta", dirà poi a ciò che resta del cattivone tatuato (il primo di una lunga schiera).
"Facce scolpite, primi piani rallentati, l'azione e poi di nuovo la calma, una tecnica che ho studiato da Sergio Leone. Da ragazzino ho amato molto i suoi film, il ritmo, l'umorismo. Il personaggio preferito era il pistolero che faceva sempre la cosa giusta", racconta Fuqua. Che del cinema italiano ha amato anche Fellini, anche se il film che rivede più spesso è Nuovo cinema Paradiso. Non è proprio quel che viene in mente quando si vede la brutale, quasi sovrumana, freddezza omicida del nostro antieroe in azione, basta una manciata di secondi: "A differenza delle persone qualunque, che in caso di violenza si buttano senza pensare, il polso accelerato, i professionisti si calmano, rallentano i battiti, vedono la situazione con più chiarezza: una situazione che si chiama caos confortevole: in pochi secondi scansionano l'ambiente, vedono cosa usare e le vie di fuga. Non sono solo violenti ma capiscono e gestiscono la violenza". Per la fotografia del film il regista cita ancora l'Italia: "Il riferimento pittorico e a Caravaggio".
in un locale di periferia per finire "i cento imperdibili", una sfida iniziata dalla moglie che non c'è più. "Ho consultato dottori, ex agenti segreti, l'ho costruito come qualcuno che è vittima di comportamenti compulsivi, vittima dello stress del passato. Non dorme la notte, guarda continuamente l'orologio. E quando il pappone russo pesta la ragazzina prostituta, schiava da marciapiede (Chloe Moretz) l'inferno si risveglia e il nostro si mette contro la più potente delle mafie oggi in America, quella russa. Come un supereroe il nostro conta i secondi, raccoglie le idee e poi fa fuori omaccioni tatuati come mosche con ogni tipo di oggetto gli capiti a tiro. Vorrebbe comprare la libertà della ragazza ma quelli non ci stanno. "Vi avevo dato una scelta", dirà poi a ciò che resta del cattivone tatuato (il primo di una lunga schiera).
"Facce scolpite, primi piani rallentati, l'azione e poi di nuovo la calma, una tecnica che ho studiato da Sergio Leone. Da ragazzino ho amato molto i suoi film, il ritmo, l'umorismo. Il personaggio preferito era il pistolero che faceva sempre la cosa giusta", racconta Fuqua. Che del cinema italiano ha amato anche Fellini, anche se il film che rivede più spesso è Nuovo cinema Paradiso. Non è proprio quel che viene in mente quando si vede la brutale, quasi sovrumana, freddezza omicida del nostro antieroe in azione, basta una manciata di secondi: "A differenza delle persone qualunque, che in caso di violenza si buttano senza pensare, il polso accelerato, i professionisti si calmano, rallentano i battiti, vedono la situazione con più chiarezza: una situazione che si chiama caos confortevole: in pochi secondi scansionano l'ambiente, vedono cosa usare e le vie di fuga. Non sono solo violenti ma capiscono e gestiscono la violenza". Per la fotografia del film il regista cita ancora l'Italia: "Il riferimento pittorico e a Caravaggio".
Non il solito supereroe. Washington riesce
a convivere con Hollywood senza indossare una calzamaglia. "Il fatto è che
oggi gli Studios sono compagnie e gli investitori dicono va bene se esprimi la
tua arte ma noi vogliamo rientrare dei nostri soldi. E così bisogna proporre
idee originali che però arrivino al grande pubblico. Questo mio personaggio è
una sorta di uomo comune, anche se ha un altro tipo di passato, vive tra la gente,
ne comprende sogni e speranze. E il pubblico si affezione a questo uomo pieno
di difetti, sente i suoi problemi. Non è un supereroe, lui vuole aiutare la
gente, è la sua natura. La violenza la esercita solo quando è costretto. Non
cerca vendetta". E Fuqua rincara: "Il nostro è un uomo imperfetto,
senza muscoli scolpiti, con i piedi per terra. Una persona che vuole aiutare
altre persone, con quell'atteggiamento umile che caratterizza anche papa
Francesco. Non voglio fare accostamenti sbagliati, però. L'eroe e Papa
Francesco".
Sex, ex, symbol. La gente vede in me quel che vuole, ma quello che vede non sono io. Magari tra un po' diranno "era sexy" e avranno diritto di farlo. Ma io non so che significa essere un sex simbol, sono un essere umano, non mi esercito ad essere sexy".
Cuor di papà. Uno dei miei figli studia per
diventare regista. Un altro fa l'attore, prima era un giocatore di football ma
in realtà ha sempre amato la recitazione. La sorella fa l'attrice, le
raccomando di studiare Shakespeare e fare esperienza sul palcoscenico. L'ultima
fa la producer, lavora con Quentin Tarantino che l'adora. Quando incontrate
Quentin chiedetegli di lei". E a chi gli chiede, lui che agguantando
l'Oscar da Sidney Poitier ne ha preso il testimone, chi sarà il suo erede
artistico non ha dubbi: "mio figlio. Lo ammetto, sono un padre
orgoglioso".
Cuore di figlio. A chi gli fa notare le umili origini Denzel risponde: "La mia famiglia era ricca di spirito, mia madre, ha novant'anni, non aveva soldi ma mi ha fatto vedere tante cose diverse, tanta cultura, musica, arte. Perfino la Gioconda, quando venne a New York, anche se era tanta la folla che non siamo riusciti a entrare". Per intenderci la mamma di Denzel è quella che il giorno dopo l'Oscar gli disse "a me non importa chi sei porta fuori la spazzatura", e ora lui ride e rincara "perché il concetto per lei è "sono tua madre e quindi fu fai quel che dico io, con o senza Oscar".
L'amico Tony. "Torno volentieri a
lavorare con gli stessi registi - racconta Denzel - con Spike Lee è successo
quattro volte, con Tony Scott cinque, è un beneficio reciproco". E del
regista scomparso dice "era un grande amico e un grande cineasta con cui
amavo lavorare. Mi manca molto, avrà sempre un bel ricordo di lui e sono ancora
molto triste per il modo tragico con cui se ne è andato".
Il mio nome è Bond, Denzel Bond. Sui social media c'è ormai un partito che lo candida a prossimo 007 dopo Craig. Lui sorride, "tutto è nato in una intervista video in cui qualcuno mi chedevo se l'avrei fatto e io, scherzando, ho detto 'sì, lanciamo una campagna', solo che quando la cosa viene scritta si perde lo scherzo. Comunque se me lo chiedono lo faccio, se la sceneggiatura vale".
Magnifico Denzel, tra Leone e Kurosawa. Washington torna a lavorare con Fugua 13 anni dopo Training day, il cui poliziotto corrotto gli è valso l'Oscar. "Abbiamo subito ritrovato la sintonia, siamo come due musicisti jazz", dice Fuqua. E Denzel: "Dopo il pilota alcolizzato di Flight, un ruolo impegnativo, un film pesante, avevo voglia di leggerezza. Uno spettacolo a Broadway, ora The Equalizer e poi un western. Ma più che il remake di I magnifici sette di Sturges, Fuqua pensa a un film ispirato direttamente a I sette samurai di Akira Kurosawa. E mi ha dato da vedere una montagna di film, da Kurosawa a Il buono, il brutto e il cattivo e tanti altri. Ma non ho ancora avuto il tempo di fare i compiti".
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