da: Il Fatto Quotidiano
L’Agcom
ha già pronto lo “scontone” a Mediaset
di Carlo
Tecce
Pronta
la cacciata della Tarantola dalla presidenza di viale Mazzini: al suo posto
Pilati, l’uomo della legge Gasparri. Cambia il metodo per ricalcolare i canoni
delle concessioni televisive: il Biscione risparmierà 80 milioni, la Tv di
Stato un centinaio. Chi paga? La7 e le piccole emittenti
Ecco il cambio di verso per la televisione:
i ricchi pagano di meno, i poveri pagano di più. Oppure: mercato sempre più
comodo per i ricchi e sempre più scomodo per i poveri. Anzi, impossibile per i
poveri.
Questo clamoroso cambio di verso,
nonostante i rimproveri dell’Unione europea e la ribellione dei piccoli
editori, verrà ratificato la settimana prossima dall’Autorità di garanzia (Agcom)
che applicherà uno sconto milionario a Mediaset e Rai sul canone per la
concessione delle frequenze televisive, un bene pubblico: in sette anni, il Biscione potrebbe risparmiare almeno 80 milioni
di euro, la Rai addirittura più di 100 (quasi 126). In totale: 200 per due.
Il cambio di verso funziona così: Cologno
Monzese e Viale Mazzini non dovranno versare più l’uno per cento del fatturato
aziendale, ma un obolo (meno di 10 milioni ciascuno) estratto dai conti di quelle
società controllate che gestiscono le antenne, cioè Elettronica Industriale e
Rai-Way (che sarà pure quotata in Borsa e ceduta ai privati per il 40%). Con
questa mossa masochista, lo Stato rinuncia a 131,7 milioni di euro nei 7 anni, a
essere ottimisti. Perché l’Agcom crede di poter recuperare un po’ di denaro
caricando i costi su La7, Persidera (Telecom-Espresso), H3G e, soprattutto, su
quegli imprenditori locali che di certo non raggiungono i miliardi registrati
dal duopolio.
In media, in questi anni, il Biscione e
Viale Mazzini garantivano assieme tra i 50-55 milioni di euro: in futuro non supereranno
i 20, se va male. I dati qui riportati sono quelli che circolano all’Agcom per
le proiezioni sul periodo 2014-2021. Oltre a un imperituro impegno politico per
salvaguardare il patrimonio di Silvio Berlusconi il gran riformatore, non ci sono spiegazioni plausibili
al provvedimento che l’Agcom si appresta a emanare. I dissidenti, su cinque componenti,
sono la coppia Angelo Cardani (presidente) e Antonio Nicita (commissario). Agguerriti,
più che favorevoli: Antonio Martusciello, ex dirigente di Publitalia, cioè Mediaset
e sottosegretario nel
governo di Berlusconi; Antonio Preto, ex
collaboratore di Renato Brunetta e Antonio Tajani di Forza Italia e Francesco Posteraro,
eletto in quota Udc. I numeri non danno scampo.
Il governo, tramite il sottosegretario Antonello
Giacomelli, è intervenuto formalmente (in passato) per ottenere un rinvio. I
giorni che restano sono una manciata, e neppure una lettera spedita a metà
luglio da Bruxelles è riuscita a far desistere Martusciello e colleghi. I
burocrati europei Linsley McCallum e Anthony Whelan – come ha riferito Aldo
Fontanarosa su Repubblica – ordinarono all’Agcom di rispettare “le pari
opportunità tra i vari operatori economici” e notarono che “l’importo dei
diritti non può ostacolare l’accesso al mercato”. Bruxelles aveva perfettamente
inteso gli effetti di questi inediti criteri di tassazione sul canone per
l’utilizzo delle frequenze: i ricchi pagano di meno, i poveri pagano di più (se
riescono a pagare).
L’ex commissario Nicola D’Angelo, che già
all’epoca del suo mandato s’era trovato a fronteggiare il problema, frantuma le
eventuali giustificazioni di Agcom: “Non sono costretti a vidimare questo grave
errore. La norma che viene richiamata per ridurre il canone, poteva essere
interpretata diversamente, perché la revisione è sì obbligatoria, ma deve essere
proporzionale e ragionevole per salvaguardare il pluralismo. E non devono
copiare il sistema in vigore per le telecomunicazioni o avvantaggiare i
soliti”.
Il governo, se ne avesse intenzione, ha un
paio di giorni di tempo per contrastare l’Agcom, non è sufficiente promettere un
ostruzionismo postumo. Perché una volta decretato lo sconto, non si potrà tornare
indietro. A Palazzo Chigi, così disponibile con l’amico di Arcore, conviene evitare
l’aiutino a Mediaset? Non conviene. Anche se i saldi Agcom non sono convenienti
né per le casse statali né per la “figuraccia” con Viale Mazzini: prima Matteo
Renzi impone un prelievo di 150 milioni di euro e poi li restituisce a rate. E tra
una rata e l’altra, ci scappano (almeno) 80 milioni per Mediaset.
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