Dani
Alves mangia la banana lanciata dai tifosi: "Sono in Spagna da undici
anni, non è cambiato nulla"
Ora tutti sono delle scimmie. Il gesto di
Dani Alves di mangiare la banana lanciatagli da un gruppo di tifosi razzisti ha
incoraggiato le star del calcio e dello spettacolo a sostenere il terzino del
Barcellona. Ha iniziato il suo compagna di squadra Neymar, postando un suo
selfie mentre mangiava una banana. L'hashtag proposto dall'attaccante
#weareallmonkeys è diventato subito virale. A lui si è aggiunto la fidanzata
Thaissa Carvalho e a ruota altre star come Roberto Carlos e Aguero.
D'altronde il padre di Dani Alves era stato profetico: "Figlio mio, mangia le banane per evitare i crampi". E lui ha eseguito il suggerimento paterno. Durante la partita tra il Villareal e il Barcellona, ancora sconvolto e commosso per la morte dell'ex allenatore Tito Villanova, dagli spalti che si affacciano sul calcio d'angolo, oltre ai cori razzisti, piove una banana. Di fronte al simbolo
d'eccellenza della discriminazione verso le persone di colore, il brasiliano non ha fatto una piega: l'ha sbucciata, osservata e ingoiata in un sol boccone. E poi ha continuato a giocare. Ben vi sta razzisti: il gesto di Dani Alves è subito diventato un messaggio mondiale contro il razzismo.
Il riscatto dei calciatori discriminati passa da un gesto semplice ma al tempo stesso di una potenza comunicativa gigantesca. Quella che doveva essere un'offesa si è rivoltata contro gli stessi provocatori, zittiti e umiliati nella loro bassezza culturale. Il coraggio di Dani Alves è stato subito ripreso dal compagna di squadra e connazionale Neymar, che in passato ha ricevuto offesse simili. Sul suo profilo Instagram, l'attaccante si è immortalato in un selfie con un suo figlio in cui sbuccia una banana. Al sito Sport.es, Dani Alves ha dichiarato: "Sono in Spagna da undici anni, non è cambiato nulla.Non ci rimane che ridere di questi ritardati"
D'altronde il padre di Dani Alves era stato profetico: "Figlio mio, mangia le banane per evitare i crampi". E lui ha eseguito il suggerimento paterno. Durante la partita tra il Villareal e il Barcellona, ancora sconvolto e commosso per la morte dell'ex allenatore Tito Villanova, dagli spalti che si affacciano sul calcio d'angolo, oltre ai cori razzisti, piove una banana. Di fronte al simbolo
d'eccellenza della discriminazione verso le persone di colore, il brasiliano non ha fatto una piega: l'ha sbucciata, osservata e ingoiata in un sol boccone. E poi ha continuato a giocare. Ben vi sta razzisti: il gesto di Dani Alves è subito diventato un messaggio mondiale contro il razzismo.
Il riscatto dei calciatori discriminati passa da un gesto semplice ma al tempo stesso di una potenza comunicativa gigantesca. Quella che doveva essere un'offesa si è rivoltata contro gli stessi provocatori, zittiti e umiliati nella loro bassezza culturale. Il coraggio di Dani Alves è stato subito ripreso dal compagna di squadra e connazionale Neymar, che in passato ha ricevuto offesse simili. Sul suo profilo Instagram, l'attaccante si è immortalato in un selfie con un suo figlio in cui sbuccia una banana. Al sito Sport.es, Dani Alves ha dichiarato: "Sono in Spagna da undici anni, non è cambiato nulla.Non ci rimane che ridere di questi ritardati"
Purtroppo la casistica di episodi del
genere è vasta nel mondo del calcio. Solo qualche mese fa il centrocampista del
Milan Boateng fu ricoperto da "buu"
razzisti in un'amichevole contro la Pro Patria. Il ghanese
calciò la palla contro i tifosi e abbandonò il campo.
Roberto Carlos, mitico terzino del Brasile,
non riuscì a reagire come Dani Alves. Durante la sua esperienza in Russia con
la maglia dell'Anzhi, dei tifosi gli lanciarono una banana, ma lui preferì
abbandonare la partita.
Il razzismo purtroppo non ha età. Lo scorso
12 marzo, Alberto Grassi, centrocampista diciannovenne della Primavera
dell'Atalanta, si rivolse a un suo avversario di
nazionalità marocchina con un "alzati vu' cumpra".
Per questo insulto ha ricevuto 10 giornate di squalifica. Purtroppo il razzismo
non ha età, ma il gesto di Dani Alves ancora una volta ha alzato i riflettori
su un fenomeno difficile da debellare.
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