da: Il Fatto Quotidiano
Dice Matteo
Renzi ad Aldo Cazzullo del Corriere: “Io
ho giurato sulla Costituzione, non su Rodotà o su Zagrebelsky”. Dirà il lettore del Corriere: perché, che c’entrano Rodotà e Zagrebelsky? Il
Corriere infatti, come tutti i giornaloni, si è dimenticato di informare i cittadini che da una settimana Rodotà,
Zagrebelsky e altri intellettuali hanno firmato un appello di ‘Libertà e
Giustizia’ contro la “svolta autoritaria” delle riforme costituzionali targate
Renzusconi. Stampa e tv ne hanno parlato solo ieri, e solo perché Grillo e
Casaleggio (molto opportunamente) hanno aderito all’appello.
In ogni caso Renzi, che è pure laureato
in Legge, dovrebbe sapere che la
Costituzione su cui ha giurato non prevede la dittatura del premier: cioè
il modello mostruoso che esce dal combinato disposto dell’Italicum, della
controriforma del Senato e del premierato forte chiesto a gran voce dal suo
partner ricostituente privilegiato (Forza Italia). All’autorevole parere dei
“professoroni o presunti tali”, Renzi oppone “il Paese” che “ha voglia di
cambiare”, dunque è con lui. Quindi, per favore, lasciamolo lavorare.
Grasso dissente dalla riforma del Senato?
“Si ricordi che è stato eletto dal Pd”, rammenta la Serracchiani con un messaggio mafiosetto che presuppone
un
inesistente vincolo di mandato (o il Pd lo contesta solo se lo invoca Grillo?).
Grasso tradisce la sua “terzietà”, rincara Renzi, confondendo terzietà con
ignavia: come se il presidente del Senato non avesse il diritto di commentare
la riforma del Senato. E aggiunge: “Se Pera o Schifani avessero fatto così,
avremmo i girotondi della sinistra contro il ruolo non più imparziale del
presidente del Senato”. Ora, i girotondi nacquero per difendere la Costituzione
dagli assalti berlusconiani: dunque è più probabile che oggi sarebbero in
piazza se B. facesse da solo quel che fa Renzi con lui.
Ma, visto che c’è di mezzo il Pd, anche i
giornali di sinistra tacciono e acconsentono. E gli elettori restano ignari di
tutto. Quanto poi al “Paese”: Renzi dimentica che nessuno l’ha mai eletto (se
non a presidente di provincia e a sindaco) e il suo governo si regge su un
Parlamento delegittimato dalla sentenza della Consulta e su una maggioranza
finta, drogata dal premio incostituzionale del Porcellum. Altrimenti non
avrebbe la fiducia né alla Camera né al Senato. Eppure pretende di arrivare a
fine legislatura e financo di cambiare la Costituzione: ma con quale mandato
popolare, visto che nel 2013 nessun partito della maggioranza aveva nel
programma elettorale queste “riforme”?
Su un punto il premier ha ragione: la gente vuole cambiare. Ma cosa? E per
fare cosa? Davvero Renzi incontra per strada milioni di persone ansiose di
trasformare il Senato nell’ennesimo ente inutile, un dopolavoro per consiglieri
regionali e sindaci (perlopiù inquisiti)? Davvero la “gente” gli chiede a gran
voce di sostituire il Porcellum con l’Italicum, che consentirà ai partiti di
continuare a nominarsi i parlamentari come prima? Se la “gente” sapesse cosa
c’è nelle “riforme”, le passerebbe la voglia di cambiare.
Prendiamo l’Italicum, approvato a Montecitorio e già rinnegato dai partiti che
l’hanno votato (peraltro solo per la Camera). Pare scritto da uno squilibrato. A parte le liste bloccate, le variopinte
soglie di accesso (4,5, 8 e 12%), e i candidati
presentabili in 8 collegi, c’è il delirio
del premio di maggioranza: chi vince
al primo turno col 37% dei voti prende
340 deputati; chi vince al
ballottaggio col 51% o più, ne prende
solo 327 e governa con uno scarto di 6 voti. Cioè non governa. Ma levàtegli
il vino.
Prendiamo il nuovo “Senato delle autonomie”. Sarà composto da 148 membri non
elettivi e non pagati: i presidenti di regione, i sindaci dei capoluoghi di
regione, due consiglieri regionali e due sindaci per regione (senza distinzioni
fra Val d’Aosta e Lombardia, Molise ed Emilia Romagna, regioni ordinarie e a
statuto speciale), più 21 personaggi nominati dal Quirinale.
Con quali
poteri? Niente più fiducia ai governi né seconda lettura sulle leggi: il
Senato però voterà ancora sulle leggi costituzionali, sul capo dello Stato, sui
membri del Csm e della Consulta (ma con quale legittimità democratica, visto
che non sarà eletto?), ed esprimerà un parere non vincolante su ogni legge
ordinaria votata dalla Camera. Ma come faranno i governatori, i sindaci e i
consiglieri a fare il proprio lavoro nelle regioni e nelle città e
contemporaneamente a esaminare a Roma ogni legge della Camera? Renzi racconta
che la riforma farà risparmiare tempo e denaro. Mah. Sul tempo: le peggiori
porcate, come il lodo Alfano, sono passate in meno di un mese. E chi l’ha detto
che all’Italia servono più leggi? Ne abbiamo almeno 350 mila, spesso pessime o
in contraddizione fra loro. Andrebbero ridotte e accorpate, non aumentate.
Quanto al denaro, lo strombazzato risparmio di 1
miliardo all’anno in realtà non
arriva a 100 milioni: la struttura resterà in piedi, spariranno solo i 315 stipendi (ma bisognerà rimborsare le trasferte dei nuovi membri). Perché non dimezzare il numero e le indennità dei
parlamentari, conservando due Camere
elettive con compiti diversi (tipo
Usa) e con 315 deputati e 117 senatori pagati la metà, risparmiando più di 1
miliardo (vero)? Da qualunque parte la si prenda, anche questa “riforma” non ha
senso, se non quello di raccontare che “le cose cambiano”. Cavalcando il
discredito delle istituzioni, Renzi ne approfitta per distruggerle
definitivamente. Forse era meglio giurare su Zagrebelsky e Rodotà, anziché su
Berlusconi e Verdini.
PS. Napolitano
fa sapere di essere “da tempo contrario al bicameralismo paritario”. E quando, di grazia? Quando presiedeva
la Camera? Quando fu nominato da Ciampi senatore a vita?
Quando fu eletto e rieletto al Colle da Camera e Senato? O quando nominò 5
senatori a vita? Ci dica, ci dica.
Non partner ricostituente previlegiato sig. Travaglio ,ma PADRE PROSTITUENTE DELLA PATRIA come ebbe occasione di apostrofarlo qualcuno di cui non ricordo il nome.
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