da: la Repubblica
J-Ax,
“sì, sono un tamarro ma voglio unire l’Italia”
Il rapper di Garbagnate, vero nome
Alessandro Aleotti, 41 anni, è l’asso del talent di RaiDue “The Voice”. Nella
sua squadra anche la rivelazione suor Cristina Scuccia
di Silvia
Fumarola
All’appuntamento arriva puntualissimo, in sella alla Harley Davidson. "Sono le undici e mezza adesso, è lei che è arrivata prima, vero?". Mai fidarsi delle apparenze. Il cattivo ragazzo tatuato dalla testa ai piedi (sul collo la scritta "I shall triumph" col simbolo della morte, sotto il cappello un disegno arabescato che copre il cranio) è sensibile, autoironico, curioso. Veloci i pensieri, veloci le battute, il rapper J-Ax, Alessandro Aleotti, 41 anni, occhi intelligenti, "loser" come si definisce lui, è il personaggio del momento. Giudice di The voice( stasera su RaiDue), prescelto da Suor Cristina come coach, ha dato un'impronta forte al talent. Idolo dei ragazzi e ora dei genitori, inseguito anche dal New York Times, lavora al nuovo disco.
Alessandro,
ormai è un divo pop: perché ha scelto un talent?
<In passato ero stato chiamato per fare
il giudice, non mi sono neanche presentato per sapere quanto mi avrebbero dato.
Stavolta me lo hanno chiesto tre giorni dopo che avevo fatto una scelta di vita:
lasciare un’etichetta discografica per fondarne una mia. E poi c’era la Carrà,
una leggenda>.
Oggi
ha un successo trasversale.
<In Italia c’è una spaccatura culturale
tra chi guarda la tv e chi va su internet e s’informa. Non è una questione
d’età, ci sono 40enni che non sanno accendere un computer e di 60enni hacker.
Io ho attraversato questa spaccatura. Ha fatto bene anche alla mia musica, c’è
una cifra di gente che scarica i miei dischi>.
Oggi
però oltre a cantare parla: i suoi “axforismi” spopolano sul web.
<Vent’anni fa in tv mi censuravo perché
avevo paura del mezzo. Oggi ho avvisato gli autori: farò battute su tutti. Io e
i miei amici siamo fan dei Simpson, ci piace il black humour>.
Sarà.
Ma si commuove come una romantica donna inglese.
<Se guarda Goonies con me, l’ultimo quarto d’ora piango come un bambino,
quello è un film che va intellettualizzato, altro che Nymphomaniac. Con suor Cristina mi sono commosso alle lacrime
perché ho visto una ragazza di 25 anni, uno scricciolino, che sfidava la
società. Ho pensato: stasera il mondo cambia un po’. Ero sicuro che Cristina
avrebbe scelto Raffa. Invece oggi sono il suo protettore>.
In
che senso?
<Quando vedono una suora gli uomini
fanno battute agghiaccianti, io difendo l’abito che porta. C’erano i paparazzi
davanti al convento e io ho chiesto a un mio amico, grosso e tatuato, di
proteggerla. Lui si è messo il crocefisso al collo e la segue. Si spara tre
messe al giorno perché non la fotografino>.
I
rapper bodyguard della suora: sembra un film.
<Quando parlo di spiritualità prendo come
esempio un’opera filosofica importante che è Guerre Stellari: quelli
dell’alleanza ribelle devono far fuori l’impero ma non ci riescono senza Han
Solo, “cattivo” ma non corrotto. Io mi sento Han Solo>.
Ha
pensato al futuro di Suor Cristina?
<Ho lanciato un sasso: non voglio un
euro, non voglio firmare, ma studiamo un progetto. Coi soldi del disco di Suor
Cristina costruiamo un ospedale. Andrei a chiedere un brano ad Alicia Keys o a
Whoopy Golderg. Non usiamo i soliti autori>.
E’
vero che da piccolo è stato vittima dei bulli?
<Sì, ero un bambino strano, diverso, non
mi piaceva il calcio. Un nerd che viveva di computer e fumetti. Quando ho
iniziato con il rap scappavo dal mio quartiere, c’era una compagnia in centro a
Milano. Rappavo e un giorno uno ha detto: “Questo non lo dovete più toccare”. A
Garbagnate è iniziata la mia tamarritudine>.
La
sua famiglia com’è?
<Ero un borghese piccolo piccolo, come
Alberto Sordi nel film di Monicelli. Papà lavorava alla Rizzoli, in tipografia,
poi tramite mamma, cassiera in un supermercato, ha lavorato come scaffalista.
Alla fine è diventato direttore. Quando loro erano giovani ero convinto di essere
povero. Negli anni 80 avevano tutti la cintura del Charro, io non potevo
comprarmela. Oggi guardi un po’>. Mostra una cinghia con fibbia gigante. <Gli
anni 80 ho perso e ho vinto io>.
Che
rapporto ha con la politica?
<Sono un uomo di sinistra, ma su una
cosa la sinistra ha perso: ha perso i tamarri perché non ci parla, è stata
snob. La sinistra senza l’uomo della strada è come un porno senza libido>.
Matteo
Renzi le piace?
<No. Seguo la politica internazionale e
ho capito che la nostra politica non conta niente. Renzi conta come il
direttore del festival di Sanremo: anche se cambi direttore ogni anno ci sono i
fiori e i dirigenti della Rai in prima fila>.
Cosa
la fa arrabbiare?
Non accetto chi mette in discussione leggi
come l’aborto: le donne hanno combattuto battaglie durissime. Trovo offensivo
il dibattito sull’omosessualità, nessuno può stabilire chi dobbiamo baciare.
Poi a “furor di populismo” dico a chi comanda: invece di andare a manganellare
studenti e pensionati, fate i fascisti con gli stalker, i pedofili e corrotti
al potere.
A The Voice ha parlato di droga.
<Attenta, ho parlato di fumo, dei coffee
shop. Ho fatto una battuta: “Non avrei voluto che col mio commento in tv alcuni
minorenni scoprissero che esiste l’Olanda”. Il fumo è sulla via della
legalizzazione, se lo legalizzassero in Molise verrebbero tutti in Italia e
nessuno andrebbero a congelarsi in Olanda. L’alcol è più nocivo della
marijuana, ma gli spot degli alcolici vanno in onda>.
E’
diventato “americano” grazie a sua moglie?
<Ero già così e per questo ho la moglie
americana. Io l’american dream l’ho
realizzato qui. Ho realizzato il sogno di Cologno>.
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