da: Il Fatto Quotidiano
Il ddl Delrio è legge: per
questi enti non si vota più, ma esistono ancora solo che non si capisce cosa
faranno, né come. E i costi potrebbero salire.
Magari non è “un golpe”, come urlava Renato
Brunetta ieri nell’aula della Camera, ma il ddl Delrio che – approvato
definitivamente ieri – punta a svuotare le Province trasformandole in un
bizzarro ircocervo è almeno un pasticcio, uno di quegli incredibili pasticci
italiani in cui il riformismo diventa approssimazione e l’attività legislativa
una branca della comunicazione. Dietro le frasi altisonanti dell’articolato,
infatti, non c’è niente: i contenuti di questa legge, c’è scritto, “valgono
come principi di grande riforma economica e sociale”. È vero? Mah. Parecchi
costituzionalisti e la Corte dei Conti, per dire, hanno sottolineato che in
questa legge non si capisce niente e questo non potrà che peggiorare le cose,
aumentare i costi e i ricorsi giudiziari e costituzionali (visto che la
Consulta ha già bocciato l’antecedente di questa norma, lo svuota-Province di
Mario Monti). Ecco perché questo riassunto per capire come cambiano le
istituzioni italiane.
LA NON ABOLIZIONE. Le Province sono ancora
lì: questa legge non le abolisce,
anzi le perpetua anche per quando (e se)
arriverà la riforma costituzionale che le cancella dalla Carta. Solo che da
oggi saranno istituzioni, per così dire, semi-democratiche: presidente e
consiglieri provinciali – non retribuiti – verranno eletti da consiglieri
comunali e sindaci con un complicato meccanismo di ponderazione che terrà conto
della popolazione dei comuni di provenienza di ciascun voto. L’assenza di
stipendio (ma qualche rimborso ci sarà) è quello che permette a Matteo Renzi di
sostenere che vengono abolite tremila poltrone.
LE CITTÀ METROPOLITANE. Saranno dieci –
Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Reggio
Calabria, anche se con qualche mese di ritardo rispetto alle altre – e dovrebbero
essere in vigore dal 1 gennaio. Saranno in tutto e per tutto come le attuali
Province e il presidente sarà il sindaco (detto “sindaco metropolitano”) del
capoluogo. Governerà sul suo territorio grazie al “consiglio metropolitano”
(l’elezione è di secondo livello, come per le Province) e da una “conferenza
metropolitana” (i sindaci della zona). Tutti, renzianamente, senza stipendio.
Tutto qui? Magari. In realtà, esiste la possibilità teorica che un terzo dei
comuni della zona decida di staccarsi con apposito referendum. A quel punto
sarà il governo a dover trovare una soluzione.
Il NUOVO POTESTÀ. La legge Delrio divide
l’Italia in due: le città comandano e i piccoli comuni subiscono. Grazie al
sistema di voto ponderato per popolazione, infatti, nella conferenza
metropolitana di Genova, per dire, il voto del sindaco del capoluogo ligure
varrà di più di quelli di tutti i 67 sindaci dei comuni limitrofi; stessa cosa
a Livorno (uno contro venti); a Torino al sindaco del capoluogo basterà
allearsi con sei colleghi per scavalcarne altri 315.
A-DEMOCRATICA. È una legge che non ha un
gran rapporto con la rappresentanza: basti dire che arriva ad abolire alcuni
consigli provinciali che erano ancora in carica e che sarebbero scaduti tra due
mesi (e per le elezioni se ne parla poi): la democrazia abolita per legge. Pure
l’applicazione delle quote rosa è bizzarra: ci sono (al 60%), ma saranno
applicate solo tra cinque anni.
IL MISTERO DELLE FUNZIONI. Cosa faranno le
nuove Province? Ancora non si sa: devono fare “un piano strategicotriennale del
loro territorio”; occuparsi di “sviluppo economico e sociale, anche assicurando
sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e
coerenti”; “pari opportunità”; “edilizia scolastica”. Il menù è lunghissimo, ma
si può ordinare alla carta: decideranno Regioni e Comuni quali funzioni
lasciare alle Province e quali prendersi loro (col relativo personale). Serve
una scelta in 90 giorni con tanto di decreto del governo, poi entro altri sei
mesi serve un accordo coi sindacati per trasferire i dipendenti con altro
decreto.
IL MISTERO DEI COSTI. Il governo prevede un
risparmio, ma non lo quantifica e nessuno, d’altronde, può farlo: per la Corte
dei Conti probabilmente la confusione farà aumentare i costi; l’Unione delle
Province ha prodotto un dossier in cui si calcola in due miliardi l’aggravio.
IL MISTERO DEI CONSIGLIERI. Non prenderanno
stipendio, ma solo gettoni di presenza – dice il governo – resta il fatto che
le potrone proliferano: tra un ente di secondo livello e l’altro (ci sono pure
le assai consigliate ai più piccoli Unioni dei Comuni), più un aumento di
consiglieri e assessori nei comuni piccoli e piccolissimi, si parla di 31mila
posti in più.
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