venerdì 4 aprile 2014

Marco Palombi: “Via le Province (o quasi) Anatomia di un pasticcio



da: Il Fatto Quotidiano

Il ddl Delrio è legge: per questi enti non si vota più, ma esistono ancora solo che non si capisce cosa faranno, né come. E i costi potrebbero salire.

Magari non è “un golpe”, come urlava Renato Brunetta ieri nell’aula della Camera, ma il ddl Delrio che – approvato definitivamente ieri – punta a svuotare le Province trasformandole in un bizzarro ircocervo è almeno un pasticcio, uno di quegli incredibili pasticci italiani in cui il riformismo diventa approssimazione e l’attività legislativa una branca della comunicazione. Dietro le frasi altisonanti dell’articolato, infatti, non c’è niente: i contenuti di questa legge, c’è scritto, “valgono come principi di grande riforma economica e sociale”. È vero? Mah. Parecchi costituzionalisti e la Corte dei Conti, per dire, hanno sottolineato che in questa legge non si capisce niente e questo non potrà che peggiorare le cose, aumentare i costi e i ricorsi giudiziari e costituzionali (visto che la Consulta ha già bocciato l’antecedente di questa norma, lo svuota-Province di Mario Monti). Ecco perché questo riassunto per capire come cambiano le istituzioni italiane.

LA NON ABOLIZIONE. Le Province sono ancora lì: questa legge non le abolisce,
anzi le perpetua anche per quando (e se) arriverà la riforma costituzionale che le cancella dalla Carta. Solo che da oggi saranno istituzioni, per così dire, semi-democratiche: presidente e consiglieri provinciali – non retribuiti – verranno eletti da consiglieri comunali e sindaci con un complicato meccanismo di ponderazione che terrà conto della popolazione dei comuni di provenienza di ciascun voto. L’assenza di stipendio (ma qualche rimborso ci sarà) è quello che permette a Matteo Renzi di sostenere che vengono abolite tremila poltrone.
LE CITTÀ METROPOLITANE. Saranno dieci – Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Reggio Calabria, anche se con qualche mese di ritardo rispetto alle altre – e dovrebbero essere in vigore dal 1 gennaio. Saranno in tutto e per tutto come le attuali Province e il presidente sarà il sindaco (detto “sindaco metropolitano”) del capoluogo. Governerà sul suo territorio grazie al “consiglio metropolitano” (l’elezione è di secondo livello, come per le Province) e da una “conferenza metropolitana” (i sindaci della zona). Tutti, renzianamente, senza stipendio. Tutto qui? Magari. In realtà, esiste la possibilità teorica che un terzo dei comuni della zona decida di staccarsi con apposito referendum. A quel punto sarà il governo a dover trovare una soluzione.
Il NUOVO POTESTÀ. La legge Delrio divide l’Italia in due: le città comandano e i piccoli comuni subiscono. Grazie al sistema di voto ponderato per popolazione, infatti, nella conferenza metropolitana di Genova, per dire, il voto del sindaco del capoluogo ligure varrà di più di quelli di tutti i 67 sindaci dei comuni limitrofi; stessa cosa a Livorno (uno contro venti); a Torino al sindaco del capoluogo basterà allearsi con sei colleghi per scavalcarne altri 315.
A-DEMOCRATICA. È una legge che non ha un gran rapporto con la rappresentanza: basti dire che arriva ad abolire alcuni consigli provinciali che erano ancora in carica e che sarebbero scaduti tra due mesi (e per le elezioni se ne parla poi): la democrazia abolita per legge. Pure l’applicazione delle quote rosa è bizzarra: ci sono (al 60%), ma saranno applicate solo tra cinque anni.
IL MISTERO DELLE FUNZIONI. Cosa faranno le nuove Province? Ancora non si sa: devono fare “un piano strategicotriennale del loro territorio”; occuparsi di “sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti”; “pari opportunità”; “edilizia scolastica”. Il menù è lunghissimo, ma si può ordinare alla carta: decideranno Regioni e Comuni quali funzioni lasciare alle Province e quali prendersi loro (col relativo personale). Serve una scelta in 90 giorni con tanto di decreto del governo, poi entro altri sei mesi serve un accordo coi sindacati per trasferire i dipendenti con altro decreto.

IL MISTERO DEI COSTI. Il governo prevede un risparmio, ma non lo quantifica e nessuno, d’altronde, può farlo: per la Corte dei Conti probabilmente la confusione farà aumentare i costi; l’Unione delle Province ha prodotto un dossier in cui si calcola in due miliardi l’aggravio.
IL MISTERO DEI CONSIGLIERI. Non prenderanno stipendio, ma solo gettoni di presenza – dice il governo – resta il fatto che le potrone proliferano: tra un ente di secondo livello e l’altro (ci sono pure le assai consigliate ai più piccoli Unioni dei Comuni), più un aumento di consiglieri e assessori nei comuni piccoli e piccolissimi, si parla di 31mila posti in più.

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