Al
celibato viene spesso attribuita la responsabilità delle colpe dei sacerdoti,
anche dell’abuso dei minori, che negli ultimi anni è stato più volte segnalato.
Qui si mettono in un unico calderone
argomenti che hanno attinenza con la sessualità, ma che devono essere
considerati separatamente. E’ terribile che si verifichino abusi sui bambini.
Ancora più terribile quando vi sono coinvolti dei preti: persone che devono
insegnare ai bambini e tutelarli e invece ne abusano. Si tratta di lupi
travestiti da agnelli, sono malati. E’ doloroso, eppure la Chiesa dovrebbe imparare
a parlarne in modo più aperto e sincero.
Il celibato è un altro argomento. Questo
tipo di vita è oltremodo impegnativo e presuppone una profonda religiosità, una
comunità valida e forti personalità, ma soprattutto la vocazione a non
sposarsi. Forse non tutti gli uomini chiamati al sacerdozio possiedono questo
carisma. Da noi la Chiesa dovrà escogitare qualcosa. Oggi a un parroco vengono
affidate sempre più comunità, oppure le diocesi importano sacerdoti di di
culture straniere. Questa a lungo termine non può essere una soluzione. La
possibilità di consacrare viri probati (uomini esperti, di provata fede e
capacità relazionale) dovrà in ogni caso essere discussa.
Mi pare evidente che molti, e soprattutto i
giovani, si interessino al problema del celibato pur non essendone coinvolti in
prima persona. Ciò dimostra la forza di questo segno e quanto sia grande la
delusione quando non viene vissuto con onestà. E’ in gioco la credibilità della
predicazione. I religiosi pronunciano il voto del celibato a prescindere dal
sacerdozio; non si tratta di un celibato obbligatorio. Questa forma perdurerà
come segno evangelico ed è particolarmente preziosa in un mondo che soffre di
sessualizzazione e cerca un equilibrio di civiltà. La difficoltà del celibato
mi dà motivo di pregare per i miei confratelli e di incoraggiare i giovani ad
assumersi questo rischio.
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