da: Lettera 43
Oltre
200 mila morti. Circa 3 milioni di profughi. Ma la comunità internazionale
resta immobile. Come già successo in Africa. E Assad torna forte. Anche grazie
al sostegno di Iran e Russia.
di Armando
Sanguini
Nell’aprile di 20 anni fa si consumava una
delle più sanguinose tragedie della storia contemporanea: il massacro di oltre 800 mila tutsi da
parte degli hutu in Ruanda.
Allora la comunità internazionale lasciò
che questa strage fosse perpetrata. Restò pigra e inerte, malgrado la concreta
possibilità di contenerne le dimensioni, se non di evitarla.
Da tre anni a questa parte, di nuovo, la
comunità internazionale si manifesta parimenti incapace - indisposta? - ad
agire per fermare, o almeno frenare, un altro massacro e una spaventosa slavina
di masse in fuga, di distruzione, di odio.
IL MASSACRO IN SIRIA. Il riferimento è alla
Siria dove si continua a combattere - e a morire - ogni giorno, ogni ora, anche
quando i media internazionali si occupano di altro.
A poco valgono i fattori di allarme che si
susseguono: dai drammatici moti di protesta che hanno scosso il campo profughi
di Zaatari in Giordania che ospita oltre 120 mila sfollati, agli inquietanti
indicatori degli ultimi rapporti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani,
secondo cui la cifra ufficiale di 150 mila morti dovrebbe essere portata alla
lugubre soglia di oltre 200 mila vittime.
IMMOBILI DAVANTI AL DRAMMA. Che dire poi
della massa degli sfollati che a centinaia di migliaia sono fuggiti in Turchia
e nel piccolo Libano (qui sono più di 1 milione, di cui la metà bambini)? In
totale ci sono 3 milioni di siriani in fuga.
E che dire del fatto che la comunità
internazionale a stento sta soddisfacendo solo per un terzo le richieste di
fondi per assistenza umanitaria delle Nazioni unite? Magari confondendo questa
'ritrosia' dietro lo schermo delle difficoltà di realizzare qualche importante
corridoio umanitario all'interno del Paese, che è problema diverso e comunque
non tale da giustificare la negazione di fatto di quei principi e valori di cui
l'Occidente si dichiara campione.
Assad
è tornato più forte: merito (anche) del dietrofront di Obama
Se così si presenta il versante umanitario,
su quello militare si è giunti a una svolta che ha del paradossale con un
Bashar al Assad che, dato sul ciglio del baratro fino a non molti mesi fa, ha
riassunto il suo tono baldanzoso, ha confermato la sua partecipazione alle
prossime elezioni presidenziali e può vantare di aver riguadagnato parti
significative del terreno perduto negli scontri.
Merito del robusto sostegno militare
ricevuto da Iran e Russia e all'intervento delle milizie Hezbollah, si dirà.
Certamente. Ma grazie anche alla rinuncia all’attacco militare del presidente
Usa Barack Obama nell’estate del 2013 sacrificato sull'altare dell'Accordo
sulla distruzione degli arsenali chimici - ininfluenti rispetto all'andamento
del conflitto - offertagli da Vladimir Putin; e, ben prima, grazie pure al
mancano sfruttamento da parte degli anti-Assad del momento nel quale
sarebbe bastato anche un ben mirato appoggio militare alle forze di opposizione
per rovesciare il raìs o almeno a spingerlo a fare un passo indietro.
L'OPPOSIZIONE È DIVISA. Inoltre
l'opposizione appare piuttosto frustrata: oltre che divisa al suo interno, è
avvelenata dai contrasti, anche militari, con le milizie jihadiste e qaediste,
che ormai hanno assunto un ruolo rilevante nella lotta contro Assad, ma hanno
agende ben diverse da quella della Coalizione nazionale siriana. E di fatto
sono funzionali al regime siriano.
Vien da chiedersi se in queste condizioni
sia ancora ipotizzabile una loro capacità-possibilità di recupero qualora
occidentali e arabi decidessero di alzare il livello del sostegno militare alle
opposizioni 'moderate' con quell'armamento 'letale' che si è negato finora e si
è impedito di farlo a chi era disposto a fornirlo (vedi le monarchie del
Golfo).
IL PRESSING DI RIAD. Non dimentichiamo la
clamorosa rinuncia di Riad al seggio non permanente del Consiglio di sicurezza
per protestare contro l’inazione delle Nazioni unite a fronte della tragedia
siriana.
Difficile dare una risposta conclusiva al problema, anche se è indubbio che un impegno a loro favore - più consistente e mirato di quello assicurato finora - potrebbe ridare fiducia e slancio alle opposizioni e soprattutto inviare agli sponsor di Assad (Iran e Russia) un utile segnale sul versante di quel tavolo negoziale già abbandonato due volte (2012 e 2014) a Ginevra.
Difficile dare una risposta conclusiva al problema, anche se è indubbio che un impegno a loro favore - più consistente e mirato di quello assicurato finora - potrebbe ridare fiducia e slancio alle opposizioni e soprattutto inviare agli sponsor di Assad (Iran e Russia) un utile segnale sul versante di quel tavolo negoziale già abbandonato due volte (2012 e 2014) a Ginevra.
L'Arabia
Saudita trova l'intesa con gli Usa sulla lotta al terrorismo
Il re saudita Abdallah nel suo incontro del
28 marzo con Obama offrendogli su un piatto d'argento, tra l'altro, una
rinvigorita alleanza in chiave anti-terrorismo - corredata del clamoroso bando
della Fratellanza musulmana marchiata quale organizzazione terroristica - ben
consapevole della sensibilità in proposito del presidente americano che anche
in questi giorni - vedi il colloquio con il premier tunisino Mehdi Jomaa - ha
voluto ribadire l’assoluta priorità alla prevenzione e al contrasto
dell'estremismo di matrice islamica. In Medio Oriente e altrove.
OBAMA AL LAVORO. Se si vuole dar retta alle indiscrezioni che stanno trapelando in proposito non si dovrebbe escludere che da parte di Obama si stia valutando un qualche riscontro positivo nel prossimo futuro.
Anche perché un concreto e visibile segnale di maggiore determinazione da parte Usa, eserciterebbe un pressing decisivo in questa fase su Teheran - nel frattempo si sta andando alla stretta finale del negoziale sul dossier nucleare iraniano - considerata oggi l'unica potenza in grado di forzare la mano sul raìs.
IRAN AGO DELLA BILANCIA. L'Iran potrebbe essere indotto a considerare questa possibilità in termini di utile viatico verso la conquista della piena cittadinanza internazionale cui tanto anela; e rispetto alla quale l’appoggio ad Assad può costituire un ostacolo.
OBAMA AL LAVORO. Se si vuole dar retta alle indiscrezioni che stanno trapelando in proposito non si dovrebbe escludere che da parte di Obama si stia valutando un qualche riscontro positivo nel prossimo futuro.
Anche perché un concreto e visibile segnale di maggiore determinazione da parte Usa, eserciterebbe un pressing decisivo in questa fase su Teheran - nel frattempo si sta andando alla stretta finale del negoziale sul dossier nucleare iraniano - considerata oggi l'unica potenza in grado di forzare la mano sul raìs.
IRAN AGO DELLA BILANCIA. L'Iran potrebbe essere indotto a considerare questa possibilità in termini di utile viatico verso la conquista della piena cittadinanza internazionale cui tanto anela; e rispetto alla quale l’appoggio ad Assad può costituire un ostacolo.
Intendiamoci, ad Assad, non certo al suo
regime, sia pure riformato in uno schema di inclusività transitoria
adeguatamente negoziato. E verosimilmente d'intesa con la Russia, parimenti protesa
a garantirsi un’appropriata protezione dei suoi interessi geo-strategici ed
economici.
UN RUOLO PURE PER MOSCA. Sia Teheran
sia Mosca, infatti, hanno messo in conto il fatto che nessuna elezione
può mai ri-legittimare Assad.
Questo è un momento propizio perché la
scadenza del negoziato nucleare è in vista, così come pure le elezioni
presidenziali siriane. E perché è tempo ormai che accanto ad Assad si regolino
i conti con quella minaccia terroristica che sembra aver trovato un pericoloso
(anche per noi) brodo di cultura in terra siriana. Con la collaborazione di chi
se ne intende davvero, di terrorismo.
All’insegna della solidarietà e di una
saggia determinazione politica.
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