da: Il Fatto Quotidiano
Perché il detenuto Berlusconi Silvio non è
in galera a scontare la pena per frode fiscale? Secondo Massimo D’Alema,
convertito in tarda età al giustizialismo, perché è ricco e potente: “In Italia
c’è una giustizia a velocità variabile. Cittadini molto meno fortunati, meno
ricchi e potenti, per reati molto minori, vanno in prigione”. Ora, che questi
discorsi da bar li faccia la gente comune, è comprensibile. Ma che li faccia
D’Alema, sette volte deputato e una europarlamentare, segretario del Pds,
presidente della Bicamerale, presidente del Consiglio, vicepremier e ministro
degli Esteri, è davvero troppo.
L’inchiesta sui fondi neri Mediaset che ha
portato alla prima condanna definitiva di B. nasce nel 2004: in origine le
frodi fiscali ammontano a 360 milioni di dollari, con l’aggiunta di falsi in
bilancio e appropriazioni indebite.
Reati commessi dal 1988 fino al 2004,
prescrizione di 15 anni, cioè nel 2017, quanto basta per celebrare tutti e tre
i gradi di giudizio. Ma nel 2005 il centrodestra approva la legge ex Cirielli,
che dimezza la prescrizione a 7 anni e mezzo, consente di sostituire il carcere
con i domiciliari per gli ultrasettantenni e interrompe la “continuazione” dei
reati. Cioè costringe i giudici a valutarli anno per anno. Risultato:
spariscono subito i fondi neri di B. per gli anni 1988-’99 (che prima erano
agganciati a quelli successivi).
E da allora, a ogni anno di processo,
evapora un anno di reati (quelli relativi a 7 anni prima). Così i falsi in
bilancio e le appropriazioni indebite, grazie anche alla controriforma
berlusconiana dei reati societari del 2002, scompaiono tutti. E così, anche
grazie al condono tombale del 2003, le frodi fiscali. Alla fine resteranno in
piedi solo le ultime, relative agli ammortamenti sul biennio 2002-2003 (7,3
milioni), che costeranno a B. la condanna definitiva. Con tutti gli altri
reati falcidiati dall’ex Cirielli, la pena sarebbe stata nettamente superiore.
Senza contare quelle che si sarebbe beccato B. negli altri sette processi, per
falsi in bilancio e corruzioni di giudici e di testimoni, mandati in
prescrizione dalle sue leggi. Ma anche i 4 anni del caso Mediaset sarebbero
bastati a spedirlo per almeno un anno in galera (o al massimo ai domiciliari).
Di lì, dopo 12 mesi, avrebbe potuto chiedere di scontare i restanti 3 anni ai
servizi sociali. Ma nel 2006 ecco l’ennesimo salva-Silvio, stavolta targato
centrosinistra (e naturalmente votato da Forza Italia): l’indulto extra-large
di 3 anni, esteso ai reati dei colletti bianchi. Il Caimano intasca un bonus
triennale da detrarre dalla prima condanna definitiva. E il 1° agosto 2013 i 4
anni a cui lo condanna la Cassazione scendono a 1 solo. Per questo, in base
alla legge italiana, B. non entra neppure in carcere e chiede, da libero, i
servizi sociali. Solo in casi eccezionali i giudici possono negarli: a
lui, come a qualunque altro condannato.
L’altroieri il Tribunale di sorveglianza
non gli ha usato alcun trattamento di favore: sono le norme fatte dalla destra e dalla sinistra che hanno allungato a dismisura i processi dei ricchi
e dei potenti muniti di avvocati ben pagati, abbreviato i termini di
prescrizione e indultato i delitti dei “signori” col pretesto di sfollare
le carceri (peraltro mai viste dai “signori”). E alla fine hanno prodotto la
pochade del frodatore pregiudicato che se la cava con 7 giorni di servizi
sociali nell’ospizio di Cesano Boscone. D’Alema
non faccia il furbo, scaricando sui giudici le colpe dei politici, lui
compreso. Se il centrosinistra, nei
suoi 9 anni di governo su 20, non avesse fatto da palo a B. conservando
tutte le sue leggi vergogna e regalandogli l’indulto (che salvò anche i
furbetti del quartierino amici di D’Alema), e avesse invece riformato la
prescrizione (che salvò anche molti uomini del centrosinistra, incluso D’Alema
per un finanziamento illecito da un imprenditore malavitoso), punito
severamente la frode fiscale e mantenuto le promesse sulla certezza della pena,
oggi Berlusconi sarebbe in galera da un pezzo. E in ottima compagnia.
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