da: Cadoinpiedi
Stragi:
lo Stato apre gli archivi, ma non è detto che sveli i segreti
Sulle
materie oggetto della declassificazione annunciata dal presidente del Consiglio
non c`è segreto di Stato, regolato dalla legge di riforma dei servizi segreti
che lo impedisce perché si tratta di stragi. Ma è pur sempre un fatto
rilevante, al netto dell'operazione di marketing politico. Resta una domanda:
chi metterà mano a questi documenti?
di Stefania
Limiti
l nostro paese aspetta da anni la verità
sulle stragi e sulle menti della strategia della tensione che ha colpito al
cuore la nostra sovranità.
La declassificazione di molti
documenti contenuti nelle segreterie speciali dei ministeri e
dei servizi annunciata da Matteo Renzi arriva dunque tardiva ma è pur sempre un
fatto rilevante, al netto del marketing politico che la contraddistingue.
Naturalmente occorre intendersi: sulle
materie oggetto della declassificazione annunciata dal presidente del Consiglio
non c’è segreto di Stato, regolato dalla legge di riforma dei servizi segreti
che, infatti, lo impedisce - perché si tratta di stragi. La pubblicistica ed
anche esponenti delle istituzioni in questi anni hanno
spesso parlato in modo
improprio di segreto di Stato, alimentando l'attesa di una verità nascosta. In
realtà, la norma più generale in merito alla "copertura" degli atti
della Pubblica Amministrazione è contenuta nel Codice dei Beni culturali e del
paesaggio e prevede la loro declassificazione non prima di 40 anni se si tratta
di provvedimenti di natura penale, di 50 anni per gli atti di politica estera o
interna dello Stato e di ben 70 anni nel caso di documenti contenenti dati
sensibili relativi alle persone. Una norma che speriamo sia rivista presto.
Gli atti a cui si riferisce Renzi non sono
dunque coperti da segreto di Stato ma si tratta di documenti classificati che
difficilmente potranno contenere le attese verità - a meno di essere passati
inosservati sotto il naso di inquirenti, magistrati e varie commissioni
parlamentari d'inchiesta - ed è davvero assurdo e intollerabile che ci sia
voluto così tanto tempo per mettere a disposizione di tutti questi documenti.
Dunque, l'operazione di Renzi non è priva di sostanza, ancorchè di grande
impatto di immagine. Questi documenti dovranno essere letti, compresi,
"ricollocati" nella storia a cui rinviano. Un lavoro tutto da fare
prima di poter dire che si è fatto uno o più passi in avanti verso la verità.
C'è comunque da sperare che il gesto possa dare anche coraggio a quanti hanno
qualcosa da dire dentro gli apparati dello Stato e non parlano per paura delle
ritorsioni; che, insomma, escano allo scoperto altri Enrico Rossi (l'ex
ispettore di Ps che ha raccontato gli ostacoli alla sua indagine su via Fani).
Perché strutture e uomini della strategia della tensione, non lo dimentichiamo,
non si sono dissolti al vento.
Dunque, lo Stato apre gli archivi ma non è
detto che sveli i segreti. Per scoprire la verità occorre una grande operazione
di ricostruzione nella quale utilizzare e ricomporre come un puzzle tutti i
pezzi mancanti. Perché ormai abbiamo capito che la verità è una conquista più
che una concessione: anche perché chi mai potrà mettere mano ai documenti che
non sono mai arrivati negli archivi?
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