da: La Stampa
La
rumba di Massimo Ranieri
di Alessandra
Comazzi
Strehler. Storia e mitologia del teatro.
Tanto che «Mi voleva Strehler», uno spettacolo scritto nel 1978 da Umberto
Simonetta e Maurizio Micheli, ancora interpretato con successo, è diventato
frase-simbolo. Un attore di cabaret deve sostenere davanti al grande regista un
provino che gli aprirà le porte del teatro «vero». Massimo Ranieri lo volle
Strehler, e fece benissimo. Capì che dietro al «Giannino» napoletano c’era un
talento sconfinato. E così abbiamo ora questo interprete bravissimo che tiene
il palcoscenico cantando, ballando, raccontando aneddoti, piccole storie di
vita, con qualche pizzico di retorica, tra sogni, dignità e coraggio. E «Sogno
e son desto», tratto da un suo spettacolo teatrale, ha debuttato sabato su
Raiuno, perdendo di poco il confronto con «C’è posta per te» di Maria De
Filippi di cui si parlerà un’altra volta. Ha avuto ospiti, Bocelli, Lucia Bosè,
De Gregori, che non ama particolarmente la tv: ma come Ranieri cantava bene i
suoi pezzi! Forse meglio di lui: quando ha offerto «La leva calcistica della
classe ’68» eravamo tutti lì a incitare Nino a non aver paura a tirare il
calcio di rigore. Ha cantato in italiano e in napoletano, ha cambiato
giacchetta cambiando genere, ha recitato e danzato, ha reso omaggio
all’avanspettacolo, al jazz (con Rava), a Pinocchio, ha trasmesso l’amore per
l’arte e la scena. Chapeau.
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