da: Il
Fatto Quotidiano
Firenze, questione di marketing. È ancora permesso
criticare Renzi (e Farinetti)?
di Tomaso Montanari
Dopo aver letto 356
commenti al mio ultimo post, ho pensato che forse può essere utile chiarire
qualche punto.
1. Sono uno storico
dell’arte, non un giornalista. Se mi occupo di Eataly, o di Renzi, è nella
misura in cui Eataly e Renzi usano la storia dell’arte. Ovviamente ho
un’opinione su Farinetti come imprenditore, e leggo gli articoli e le
interviste del Fatto. Ma in questo blog scrivo come storico dell’arte.
2. Se il negozio
Eataly di Firenze dice di avere un «percorso museale», chi è abilitato a dire
se si tratta di una cosa seria? Non posso dire se nel vasetto delle alici di
Cetara ci sono alici di Cetara, ma posso (e devo) dire che quello non è un
«percorso museale». Ma solo una sfilza di cartelli pieni di cose sbagliate,
approssimative, banali, retoriche, inutili. Maleducazione del popolo italiano,
avrebbe detto il Roberto Benigni di un tempo. Ora, uno può dire che nel merito
delle singole affermazioni sbaglio io: ma non riesco a capire perché non dovrei
occuparmene.
3. Non ho nulla contro
Farinetti personalmente, anche se sono rimasto basito leggendone l’intervista
al Fatto. Ci siamo conosciuti e confrontati in una diretta di Radio3 da Matera.
E abbiamo scoperto che su molte cose non siamo d’accordo. Si può?
4. Renzi. Il nesso tra
il sindaco di Firenze e Farinetti è forte, esplicito, pubblico, come si evince
dal sito del neosegretario del Pd. Nel mio post mi sono limitato a constatare
che i due fanno un identico uso del mito del Rinascimento, strafalcioni
inclusi: un uso strumentale, finalizzato al rispettivo marketing. Al rapporto
tra Renzi e il patrimonio artistico ho dedicato una parte rilevante di un libro
recente: naturalmente chiunque può essere in radicale disaccordo, ma è
difficile dire che il tema non esista.
Sono fiorentino, e
conosco Renzi dai tempi del nostro comune liceo. Quando il sindaco ha iniziato
la sua battaglia in nome della rottamazione ho creduto che davvero volesse
cambiare le cose. E quando mi ha invitato a parlare alla Leopolda del 2011, ci
sono andato dicendo esattamente ciò che dico ora. Ma da allora, progressivamente,
mi sono accorto che Renzi non aveva intenzione di cambiare alcunché, ma solo di
cavalcare lo stato presente delle cose, per fini esclusivamente personali.
E me ne sono reso
conto perché Renzi ha parlato, scritto e usato ossessivamente il patrimonio
artistico di Firenze: e su quello ho gli strumenti per capire come stanno
davvero le cose. La caccia al Leonardo inesistente e poi in generale il
rapporto tra Renzi e la cultura mi hanno fatto capire molte cose. E, anche qua:
chiunque può dire che mi sbaglio, ma non che io ce l’abbia a priori con Renzi.
Scherzando mi viene da dire: è lui che si occupa di storia dell’arte più che di
asili nido o strade, non sono io che voglio fare il politologo. Certo, ho le
mie idee da cittadino italiano e fiorentino, e non ho paura ad esporle, ma non
in un blog in cui scrivo come storico dell’arte.
La cosa che non mi è
davvero piaciuta, in molti commenti, è il tono pressoché squadristico. Dopo
l’uscita del mio libro (anche) su Renzi ho ricevuto una raccomandata che mi
licenziava dalla collaborazione con il Corriere Fiorentino (dorso locale del
Corsera) perché quel libro mi aveva reso incompatibile con la «linea del
giornale».
Nella stagione
renziana che si sta aprendo sarà possibile criticare il leader senza essere
epurati, o linciati?
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