da: Il Fatto Quotidiano
La legge della Consulta: proporzionale e inciucio
Dopo le motivazioni della bocciatura del porcellum l’Italia
torna alla prima repubblica, preferenze e niente premio di maggioranza
di Marco Palombi
Da ieri sera l’Italia
è di nuovo una Repubblica fondata sul proporzionale. Col deposito delle
motivazioni con cui la Corte costituzionale ha bocciato il Porcellum sul premio
di maggioranza senza soglia e l’assenza della possibilità di esprimere almeno
“una preferenza”, il sistema elettorale italiano viene ridisegnato in
profondità: da stamattina è in vigore la legge scritta dagli ermellini, il cui
nome in filigrana è “larghe intese per sempre”.
Cosa resta, infatti,
della legge di Roberto Calderoli dopo il passaggio dei giuristi della Consulta?
Solo la Prima Repubblica, cioè quella parte proporzionale della legge del 2005
scritta da Pier Ferdinando Casini e dall’Udc (il premio di maggioranza e le
coalizioni le volle invece il Cavaliere). La nuova legge elettorale italiana è
la seguente. I voti vengono ripartiti proporzionalmente: a livello nazionale
alla Camera a tutte le liste che superino il 4 per cento e alle
coalizioni che
superino il 10; a livello regionale in Senato per le liste che vadano oltre l’8
per cento (il 20 per le coalizioni). Ovviamente l’elettore potrà esprimere una
preferenza: per introdurle non serve nemmeno una legge, mette nero su bianco la
Corte, ma basta un semplice regolamento o una circolare del Viminale, se si
dovesse andare al voto senza che il Parlamento trovi l’accordo su una nuova
legge.
Il sistema “Prima
Repubblica” applicato ai risultati di febbraio, ad esempio, significherebbe
immaginare un Pd senza quasi un terzo dei suoi eletti alla Camera e parecchi in
meno anche in Senato, seggi che sarebbero finiti in larga parte al Movimento 5
Stelle e al Pdl. Il risultato più ovvio di questa situazione è che oggi Enrico
Letta non sarebbe più a palazzo Chigi : la scissione del Nuovo Centrodestra di
Angelino Alfano, infatti, non sarebbe bastata a tenere in vita l’esecutivo.
Anche coi sondaggi attuali, peraltro, se si votasse ora non ci sarebbe alcuna
maggioranza dopo il voto.
Non solo: anche
ammesso che il centrosinistra s’avvicini al 40 per cento – come prevedono e
sperano ai vertici del nuovo Pd – Matteo Renzi non potrebbe formare il governo
se non attraverso un accordo con qualche ex avversario. Motivo per cui il
sindaco di Firenze si gioca molto nelle trattative sulla nuova legge
elettorale: la sua immagine di leader giovane e dinamico al limite della
frettolosità si sposerebbe poco con i minuetti necessari a un governo di
coalizione in cui ogni voto parlamentare finirebbe per pesare.
Forse anche per questo
la Consulta – con uno dei suoi tradizionali giudizi giocati sul filo
sottilissimo tra il magistero giuridica e il realismo politico – ha lasciato
graziosamente aperta la via alle due principali opzioni sul tappeto: il sistema
spagnolo e il Mattarellum. Entrambi, infatti, prevedendo le liste bloccate
potevano essere considerati incostituzionali. La Corte s’è preoccupata di far
capire a Renzi, Verdini, Alfano e chiunque altro giochi questa partita che
possono mantenere la mente aperta: le liste del Porcellum con enormi
circoscrizioni, a volte regionali, sono una cosa “non comparabile né con altri
sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi
(Mattarellum, ndr), né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di
dimensioni territorialmente ridotte (lo spagnolo, ndr)”. Altrimenti, sembrano
dire in un inciso gli ermellini, dovremmo considerare incostituzionale “il collegio
uninominale”.
Dunque i giochi sono
ancora tutti aperti. Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, Silvio Berlusconi
predilige il modello adottato in Spagna: si tratta in sostanza di un finto
proporzionale, o meglio di un proporzionale che grazie a circoscrizioni molto
piccole ha effetti maggioritari fortissimi.
Lo spagnolo è un
sistema che piace, ovviamente, ai partiti più grandi (non escluso il M5S, che
aveva presentato una bozza di questo tenore anche se poi derubricata ad
iniziativa individuale) e anche a quelli radicati territorialmente com’era un
tempo la Lega e sono ancora la SVP sudtirolese e l’UV valdostana. Sel,
l’attuale Carroccio, alfaniani, dipietristi e quant’altro non conterebbero
niente e probabilmente non entrerebbero in Parlamento (a meno di non lasciare
per legge un po’ di seggi al cosiddetto “diritto di tribuna”).
Il Mattarellum è,
d’altra parte, il sistema che potrebbe mettere tutti d’accordo (più della legge
dei sindaci col doppio turno, che ha il grosso problema di applicarsi ad un
sistema che non è un premierato, non prevede cioè elezione diretta). Il vecchio
sistema – in vigore per le politiche del 1994, 1996 e 2001 – ha due grandi
vantaggi: può entrare in funzione con una leggina di due righe che si limita ad
abolire il Porcellum e piace anche ai piccoli e medi partiti perché costringe
quelli grandi a coalizzarsi per forza. Il rapporto eletto ed elettore sarebbe
salvo, ma riavremmo governi sostenuti da maggioranze parecchio eterogenee.
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