da: Il Fatto Quotidiano
Il
lavoro secondo Matteo, costi e omissioni del Jobs Act
Servono
due miliardi per ridurre l’Irap, i costi dell’energia salgono e la legge sui
sindacati è già in Parlamento.
Quanto c’è di nuovo e, soprattutto, di
fattibile nel tanto atteso Jobs Act di Matteo Renzi, annunciato nelle sue
grandi linee mercoledì sera? Ecco una prima analisi dei punti principali.
- Taglio dell’Irap del 10 per cento finanziato dall’aumento dell’aliquota sulle
rendite finanziarie.
L’Irap vale 33 miliardi all’anno e serve a
finanziare la sanità delle Regioni. Ammesso che Renzi voglia ridurre del 10 per
cento solo l’Irap privata, che vale una ventina di miliardi, dovrebbe comunque
trovare 2 miliardi di copertura, un aumento del carico fiscale di circa il 20
per cento, non poco.
- Energia:
ridurre il costo del 10 per cento per le aziende attraverso un taglio degli
“incentivi cosiddetti interrompibili”.
Martedì sera a Otto e Mezzo Renzi aveva
un’idea completamente diversa:
tagliare gli oneri di distribuzione, cioè far
pagare il conto alle reti (Terna e Snam) e ai venditori di energia. La nuova
proposta invece mira a ridurre quei 600-700 milioni all’anno dati a grandi
aziende disposte a subire un’interruzione della fornitura di energia. Il costo
viene scaricato sulle altre imprese. Tagliare questi incentivi “interrompibili”
avrà come effetto immediato quello di far salire i costi per alcune grosse
aziende.
- Assegno
universale per chi perde il lavoro,
con obbligo di seguire un corso di formazione e di non rifiutare più di una
proposta di lavoro.
L’assegno universale esiste già, è l’Aspi e
la mini-Aspi introdotta dalla riforma Fornero nel 2012 e perde il diritto a
riceverlachi “non accetti una offerta di un lavoro superiore almeno del 20 per
cento rispetto all’importo lordo dell’indennità cui ha diritto”. L’unica cosa
che Renzi può fare è ridurre i requisiti necessari per accedere all’Aspi. A
meno di non voler rivedere del tutto gli ammortizzatori sociali a partire dalla
cassa integrazione
- Obbligo di rendicontazione online ex post per ogni voce dei denari utilizzati
per la formazione professionale
finanziata da denaro pubblico.
Il pozzo oscuro della Formazione
professionale è bene che sia illuminato perché assorbe circa 600 milioni l’anno
senza controlli. Non è detto, però, che una volta controllati i fondi il lavoro
lo si crei davvero o i corsi divengano davvero formativi.
- Eliminazione
della figura del dirigente a tempo
indeterminato nel settore pubblico.
Serve a contrastare l’inamovibilità dei
dirigenti della Pa anche se incapaci. Eliminare la garanzia dell’incarico a
tempo indeterminato rende i dirigenti più soggetti alla politica.
- Trasparenza:
amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati devono pubblicare online ogni
entrata e ogni uscita.
Sarebbe una novità positiva, in particolare
per le spese delle Pubbliche amministrazioni. Ma anche per partiti e sindacati,
finora esentati dal rendere trasparenti i loro bilanci.
- Nuovi
posti di lavoro. Per sette settori (Cultura-Turismo-agricoltura, Made in
Italy, Ict, Green economy, Nuovo Welfare, Edilizia , Manifattura), il JobsAct
conterrà un singolo piano industriale.
Il cuore del “piano del lavoro” di Renzi
non ha concretezza. Si limita ai titoli.
- Presentazione entro otto mesi di un codice del lavoro.
Il Codice del lavoro forse va presentato
prima di otto mesi, il tempo delle attese non era finito?
- Riduzione
delle varie forme contrattuali, oltre 40. Processo verso un contratto di
inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Le forme di lavoro previste dalle attuali
normative sono, probabilmente, 40 ma quelle utlizzate non arrivano a dieci
(tempo indeterminato o determinato, contratti a progetto, lavoro interinale,
lavoro stagionale, le “false” partite Iva, lo staff leasing e poco altro). Il contratto
unico indeterminato è stato proposto inizialmente da Tito Boeri e Pietro
Garibaldi e si basa sull’idea che basti una forma contrattuale in cui il
raggiungimento di tutte le garanzie avvenga nell’arco di tre anni. Una
razionalizzazione che va verso la stabilità solo se spazza davvero via tutte le
tipologie contrattuali esistenti. Se si trasforma in un “processo” potrebbe
significare solo un nuovo modo di chiamare la realtà esistente.
- Agenzia
Unica Federale che coordini i centri per l’impiego, la formazione e
l’erogazione degli ammortizzatori sociali.
La novità più rilevante attiene alla
possibilità di erogare gli ammortizzatori sociali da parte di un’Agenzia unica
che sostituirebbe l’Inps. I Centri per l’impiego sarebbero frequentati in modo
significativo. Ma i 556 Centri diffusi in Italia danno lavoro solo al 3,7% dei
richiedenti, mentre in Germania la percentuale è del 13. L’agenzia unica può
servire a coordinare meglio ma, al fondo, la differenza sarà fatta dalle
effettive opportunità di lavoro.
- Legge
sulla rappresentatività sindacale e rappresentanti eletti dai lavoratori
nei Cda delle grandi aziende.
La legge è già in discussione alla
commissione Lavoro della Camera. La si potrebbe approvare in poche settimane
rendendo felici sia la Fiom che la Cgil. Sull’ingresso nei Cda delle aziende:
il sistema tedesco, la Mitbestimmung, prevede la presenza dei lavoratori in
Consigli di sorveglianza con possibilità di intervenire sulle scelte aziendali
e, anche, di nominare i manager. Ma non di divenire azionisti o amministratori
dell’impresa.
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