da:
Lettera 43
#coglioneNo, i lavoratori creativi alzano la voce
Videomaker. Grafici. Giornalisti. Impiegati e non
retribuiti. Viaggio tra i giovani raccontati dal collettivo Zero.
di Paola Alagia
In meno di 24 ore ha
fatto incetta di contatti e adesioni sui social network. Solo su Facebook i
like sono schizzati a più di 10 mila. La campagna
virale, promossa il 13
gennaio dal collettivo di videomaker Zero, insomma, ha fatto il botto.
L'iniziativa va a
difesa della generazione di lavoratori creativi sempre più bistrattati, mal
pagati o addirittura costretti a lavorare gratis. Tre video, con tre
protagonisti diversi, un idraulico, un giardiniere e un antennista, e un
messaggio comune: freelance sì, coglione no. E proprio l’hashtag #coglioneNo
ormai impazza su Twitter.
L'IDEA DI TRE UNDER 30. La
scelta dei soggetti delle clip da parte di Zero non è casuale: «È stata
funzionale a marcare ancora di più le parole assurde che noi creativi ci
sentiamo sempre ripetere», ha detto a Lettera43.it Niccolò
Fraschetti, il 26enne di Grossetto che, insieme a Stefano De Marco, 25 anni
di Roma e Alessandro Grespan, 29 di Treviso, fa parte del collettivo. «E cioè: “Per questo progetto non c’è budget”».
Frasi che fanno il paio con “Ti fa curriculum”, oppure “Sei giovane, ti sei fatto un’esperienza” che, appunto, nessuno rivolge a un idraulico o a un elettricista «perché il loro mestiere ha una dignità accertata», ha incalzato Fraschetti, «mentre chi fa o prova a fare il grafico, il fotografo e il videomaker si sente dire di continuo».
UN RITORNELLO CHE HA STUFATO. Un ritornello comune all’intera galassia di freelance: «Non che la musica cambi per giovani giornalisti, avvocati e architetti», ha aggiunto Fraschetti, «e le attestazioni di solidarietà, insieme alla piena condivisione della battaglia, che stiamo raccogliendo in queste ore ne è la prova. Basta guardare il nostro profilo Facebook: in un anno e mezzo avevamo raggiunto 1.200 like e in meno di un giorno siamo passati a oltre 10 mila».
di Roma e Alessandro Grespan, 29 di Treviso, fa parte del collettivo. «E cioè: “Per questo progetto non c’è budget”».
Frasi che fanno il paio con “Ti fa curriculum”, oppure “Sei giovane, ti sei fatto un’esperienza” che, appunto, nessuno rivolge a un idraulico o a un elettricista «perché il loro mestiere ha una dignità accertata», ha incalzato Fraschetti, «mentre chi fa o prova a fare il grafico, il fotografo e il videomaker si sente dire di continuo».
UN RITORNELLO CHE HA STUFATO. Un ritornello comune all’intera galassia di freelance: «Non che la musica cambi per giovani giornalisti, avvocati e architetti», ha aggiunto Fraschetti, «e le attestazioni di solidarietà, insieme alla piena condivisione della battaglia, che stiamo raccogliendo in queste ore ne è la prova. Basta guardare il nostro profilo Facebook: in un anno e mezzo avevamo raggiunto 1.200 like e in meno di un giorno siamo passati a oltre 10 mila».
Mal comune, mezzo
gaudio, però: «Da una parte ci inorgoglisce che i nostri video abbiamo colto
nel segno, ma dall’altra desta amarezza che così tante categorie siano trattate
come se non lavorassero, come se si dedicassero a un passatempo».
Boom di iscrizioni alle facoltà umanistiche: il 34% nel
2013
Eppure le facoltà
universitarie che negli ultimi anni hanno registrato il maggior numero di
iscritti sono proprio quelle dell’area umanistica.
Il rapporto Excelsior
di Unioncamere del mese di novembre scorso parla chiaro: il 33,9% di laureati
previsti nel 2013 hanno seguito corsi di indirizzo letterario. Al secondo posto
si collocano, invece, le lauree di tipo economico (32,7%), seguite da quelle
d’indirizzo politico-sociale (a quota 14%).
DOMANDA BASSA. Le previsioni di assunzioni, però, riguardano soprattutto chi è in possesso di un titolo di studio di tipo economico-sociale (18,2% ) e, in particolare, economisti e statistici (17,4).
La richiesta di competenze umanistiche è, naturalmente, più bassa: la ricerca fa un calcolo previsionale di 75 assunzioni, superiore alla richiesta di laureati delle facoltà medico-sanitarie, delle aree scientifiche e dell’area giuridica. Ma rimane una magra consolazione.
DOMANDA BASSA. Le previsioni di assunzioni, però, riguardano soprattutto chi è in possesso di un titolo di studio di tipo economico-sociale (18,2% ) e, in particolare, economisti e statistici (17,4).
La richiesta di competenze umanistiche è, naturalmente, più bassa: la ricerca fa un calcolo previsionale di 75 assunzioni, superiore alla richiesta di laureati delle facoltà medico-sanitarie, delle aree scientifiche e dell’area giuridica. Ma rimane una magra consolazione.
UNO SCOGLIO INSORMONTABILE. Per il popolo dei creativi, insomma, il lavoro
rimane uno scoglio insormontabile: «Sappiamo bene che le nostre attività non
portano a entrate immediate. Ma l’assenza totale di guadagno è un’altra cosa.
Ed è inconcepibile», ha aggiunto il videomaker.
«Speriamo solo di
riuscire, con queste clip, a capitalizzare le energie raccolte per sbloccare la
situazione. E l’attenzione che stiamo riscontrando è un bel segnale. Giovani e
meno giovani stanno sposando la nostra iniziativa. Chissà che, mettendo insieme
competenze diverse, non si possa uscire dallo stallo attuale».
A salutare con soddisfazione il progetto messo in campo dal collettivo Zero c’è Eleonora Voltolina, fondatrice e direttore de La Repubblica degli stagisti, ora impegnata con la testataArticolo36.it: « È da tempo ormai che porto avanti una campagna di coscienza individuale sul valore del lavoro e sugli effetti deleteri di ‘doping’ del mercato, creato involontariamente da chi accetta di svolgere la propria attività per poco o nessun guadagno», dice a Lettera43.it, «Dunque ben venga l’iniziativa #coglioneNo e tutte le altre mirate a far passare il messaggio che il lavoro in quanto tale va pagato. Altrimenti si chiamerebbe volontariato».
UNA FILIERA DA 2 MILIONI D'ITALIANI. Tra registi, copywriter, pubblicitari, art director, grafici, architetti, designer e blogger, senza dimenticare stilisti, professionisti dello spettacolo, dei media e dell'editoria, sono circa 2 milioni gli italiani impegnati nella filiera creativa. Non solo, ma secondo il rapporto 2013 Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi,, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, «la cultura frutta al Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, ossia 75,5 miliardi di euro, dando lavoro a 1 milione e 400 mila persone».
«Sarà anche vero» ha detto a Lettera43.it, Francesca, 31 anni di Roma, «ma questi dati non trovano nessuna rispondenza nella mia esperienza di vita». Una laurea in Lettere e un certificato Ditals (per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri ), «ma neppure l’ombra di un lavoro. Quando ho visto i video del collettivo Zero la mia reazione è stata un’amara risata».
A salutare con soddisfazione il progetto messo in campo dal collettivo Zero c’è Eleonora Voltolina, fondatrice e direttore de La Repubblica degli stagisti, ora impegnata con la testataArticolo36.it: « È da tempo ormai che porto avanti una campagna di coscienza individuale sul valore del lavoro e sugli effetti deleteri di ‘doping’ del mercato, creato involontariamente da chi accetta di svolgere la propria attività per poco o nessun guadagno», dice a Lettera43.it, «Dunque ben venga l’iniziativa #coglioneNo e tutte le altre mirate a far passare il messaggio che il lavoro in quanto tale va pagato. Altrimenti si chiamerebbe volontariato».
UNA FILIERA DA 2 MILIONI D'ITALIANI. Tra registi, copywriter, pubblicitari, art director, grafici, architetti, designer e blogger, senza dimenticare stilisti, professionisti dello spettacolo, dei media e dell'editoria, sono circa 2 milioni gli italiani impegnati nella filiera creativa. Non solo, ma secondo il rapporto 2013 Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi,, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, «la cultura frutta al Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, ossia 75,5 miliardi di euro, dando lavoro a 1 milione e 400 mila persone».
«Sarà anche vero» ha detto a Lettera43.it, Francesca, 31 anni di Roma, «ma questi dati non trovano nessuna rispondenza nella mia esperienza di vita». Una laurea in Lettere e un certificato Ditals (per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri ), «ma neppure l’ombra di un lavoro. Quando ho visto i video del collettivo Zero la mia reazione è stata un’amara risata».
Un posto da giardiniere in cambio di un corso gratuito
Altro che “Per questo
progetto non c’è budget”, Francesca si è sentita addirittura proporre un
baratto: «Di fronte alla mia candidatura come docente di lingua per stranieri
nella stessa scuola in cui mi sono formata, mi hanno liquidato con un’offerta
di lavoro a dir poco originale. Un posto da giardiniere nell’istituto in cambio
di un corso di lingua gratuito. Un controsenso che grida vendetta».
La giovane 31enne ha
perso il conto di tutte le volte che le hanno proposto lavori gratuiti e punta
l’indice soprattutto contro i portali di ricerca di annunci: «Migliaia di
risposte a offerte nel settore istruzione e formazione, senza mai un feedback.
Neanche negativo. E meno male che si tratta di annunci».
«LA RIVOLUZIONE PARTA
DAI GIOVANI». Davide Demichelis, documentarista freelance di Torino, per
lo meno, non si sente più fare offerte di lavoro gratis: «Ho 48 anni e da 20
realizzo documentari. Negli ultimi 12 soprattutto naturalistici. Ho accumulato
una certa esperienza e ho dei rapporti di lavoro ormai consolidati per
cui nessuno prova più a propinarmi attività non retribuite», ha raccontato a Lettera43.it,
«Ma in passato il “Fa curriculum” era all’ordine del giorno». Demichelis, una
carriera iniziata da giornalista e un impegno ancora attivo nel sindacato
piemontese della categoria, pensa soprattutto a chi oggi si affaccia per la
prima volta al mondo del lavoro: «I video del collettivo Zero hanno colto nel
segno. La vera rivoluzione, però, deve partire proprio da chiunque svolge un
lavoro creativo. I giovani, insomma, devono cominciare a rifiutare tutte le
offerte di lavoro senza paga. Solo così si può cominciare a cambiare qualcosa».
MA C'È CHI CAMBIA
VITA. Alfredo che di anni ne ha 29, invece, è talmente scoraggiato che ha
deciso di cambiare completamente vita: «Ho frequentato il Dams a Bologna e dopo
la laurea mi sono dedicato anima e corpo alla mia passione e cioè fare il
critico d’arte», si è sfogato conLettera43.it, «Per guadagnare cosa?
Solo collaborazioni gratuite. Con i biglietti agli spettacoli teatrali tutti,
ovviamente, a mio carico». Dopo due anni la svolta: «Non potevo andare
avanti così», ha concluso, «Come facevo a vivere a Bologna? Dovevo continuare a
campare sulle spalle della mia famiglia? Ho frequentato un corso da assistente
di volo e il mese prossimo mi trasferisco a Barcellona. Con l’Italia ho
chiuso».
«LA POLITICA? NON PUÒ AIUTARCI». Al contrario di Fraschetti, laureato in Lettere e Filosofia.
Il giovane videomaker, che per arrotondare ha fatto tanti piccoli lavori (dal
barista al cameriere, passando per il volantinaggio), non si dà per
vinto: «Non è vero che nel nostro Paese il lavoro non ci sia. Manca una
corretta redistribuzione. E soprattutto la grande assente è una vera cultura
del lavoro».
Certo, dalla politica
non si aspetta granché: «Non ha risposte. Per averle avrebbe bisogno di
tempo. Proprio quello che le manca, dal momento che insegue il consenso che, è
risaputo, richiede feedback immediati».
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