mercoledì 29 gennaio 2014

Luca Ciarrocca: I padroni del mondo /3



La riunione segreta dei banchieri

Non molto tempo dopo, il 13 ottobre 2008, a Washington fu convocato un vertice politico-bancario di emergenza. L’obiettivo non era cambiato: evitare il collasso dell’economia americana. Lo scenario rimaneva da stato di belligeranza: Borsa in caduta libera, disoccupazione in rapida crescita, quattro milioni di persone senza lavoro in due mesi, il Pil globale in crollo per la prima volta dai tempi della Seconda guerra mondiale, dopo decenni di sviluppo. Fu in tale clima che un piccolo drappello di bankster, i capi delle maggiori banche degli Stati Uniti (tutti azionisti di peso della banca centrale, la Federal Reserve), furono comandati dal segretario al Tesoro Henry Hank Paulson (ex Ceo di Goldman Sachs) per un vertice top secret fuori dai radar dei media. Appuntamento alle nove del mattino, al 1500 di Pennsylvania Avenue, sede del dipartimento del Tesoro, a poche decine di metri dalla Casa bianca.
  Visi tirati per le notti insonni, abiti blu o grigioscuri d’ordinanza, nove tra i bankster piu influenti del capitalismo occidentale, i loro istituti di credito sull’orlo del fallimento, entrarono alla spicciolata nel palazzo dove si sarebbero decisi i destini dell’economia mondiale. L’architettura neoclassica dell’edificio, la grande statua di Alexander Hamilton, primo segretario al Tesoro Usa nel 1789, conferivano solennità al momento.

  I boss di Bank of America, Bank of New York Mellon, Citigroup, Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Merrill Lynch, Morgan Stanley, State Street e Wells Fargo furono accolti dall’ex collega banchiere Paulson, ora ministro nell’amministrazione di George W. Bush, dal chairman della Federal Reserve, Ben Bernanke, e dal potente capo della Federal Reserve di New York, Tim Geithner (che qualche mese dopo, con la vittoria di Barack Obama alle presidenziali del 4 novembre 2008, avrebbe preso il posto di Paulson al vertice del dipartimento al Tesoro).
La tensione era palpabile, le notizie dai mercati finanziari in continuo peggioramento. Una giornata capitale, tanto quanto il 17 settembre 2001, quando Wall Street riaprì i battenti dopo molti giorni di chiusura in seguito all’attacco alle due Torri.
  Anche il bank run e la crisi dei mercati erano una questione di sicurezza nazionale. Cosi la considerava il presidente Bush. In netta contraddizione con i principi del libero mercato a cui, da repubblicano, si era sempre, in modo rozzo, appellato. La Casa bianca, con quel regista ex banchiere al Tesoro, stava per dare il via a un intervento storico dello Stato per salvare dalla morte il sistema bancario.
  L’America in ginocchio, come sotto un tremendo e inatteso attacco militare da parte di un nemico feroce, preparava la propria difesa tramite un maxipiano di salvataggio delle banche. Con i soldi dei contribuenti. Avrebbe potuto farlo un qualsiasi governo statalista o socialista.

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