martedì 28 gennaio 2014

‘Renzellum’, preferenze o nominati: il punto della questione (come sempre) è un altro...


Fino a quando ho votato, nazionali e/o regionali, prima o seconda repubblica che fosse, non ho mai espresso una preferenza. Per me, le preferenze “funzionano” a posteriori: vedo come si comportano i candidati e caso mai li premio alla successiva elezione. Risultato: mai espresso una preferenza.

L’esperienza italiana insegna che le preferenze sono un modo per controllare i voti. Mafia e lobby varie ne hanno fatto uso. E’ altresì vero che un sistema elettorale che porta in parlamento solo nominati soggiace alle stesse logiche clientelari e illegali. Perché il punto della questione non è: preferenze o nominati. E’ la qualità delle persone. Le caratteristiche morali e cerebrali di chi seleziona e di coloro che si propongono per esercitare la delega affidata dai cittadini a governare e legiferare.
Se i partiti sapessero fare il loro mestiere, pur con un margine di errori inevitabili, pur mettendo in conto che possa esserci una mela marcia (una…non una moltitudine), il fatto che siano loro a scegliere una parte dei candidati ci starebbe.
Il problema è che una casta e una classe politica di morti viventi non può esprimere candidati adeguati.

Detto che, non ho mai espresso una preferenza e mi pare inconfutabile che la stessa non sia garanzia di adeguatezza e correttezza, non si può togliere al cittadino il diritto di esprimere il nome dei candidati. E’ una questione di principio. Di democrazia.

Caso mai, bisognerebbe introdurre un sistema misto: parte dei seggi da attribuire in base ai candidati proposti dai partiti, parte da assegnare in base alle preferenze espresse dagli elettori.
Se poi i candidati proposti dai partiti subissero una selezione tramite primarie, meglio ancora.

In conclusione, per quanto mi riguarda, l’esercizio della preferenza da parte del cittadino è una questione di principio con tutti i rischi connessi: controllo mafioso e lobbystico, scelte alla cazzum da parte degli elettori.
Però, poiché fare politica non è mestiere per tutti, è accettabile che i partiti possano nominare un numero ristretto di candidati. Il problema è che: se i partiti sono un misto di disonestà e incapacità, non possono scegliere nessuno. Ma, tant’è, non si dovrebbe neppure votarli. A prescindere da listini bloccati o preferenze.

Ma più che il “dibattito” sulle preferenze, a me interessa capire se l’accordo Renzi-Berlusconi porti a una riforma elettorale che preveda un sistema proporzionale più regalo.
Questa è truffa pura. “Mitigata” dal fatto, che qualora nessuna coalizione raggiungesse il 35%, si passerebbe a una seconda votazione – il cosiddetto turno di ballottaggio – nel quale tutti gli italiani potrebbero tornare a esprimersi: anche coloro che al primo turno non hanno votato per i primi due partiti.

Ora.
Berlusconi ha problemi mensili (non quelli della giovincella Pascale). Quando gli cambiano il cocktail di farmaci, perde il senso tattico. Dicono che stia stato lui a opporsi a un sistema con il doppio turno e alle preferenze. Sulle preferenze non fatico a credere: lui è il padrone della baracca, lui decide chi nominare.
Non capisco, però, perché dovrebbe essere contrario a un sistema a doppio turno. Pare che ciò sfavorisca il suo elettorato. Come può pensare una roba simile? La maggior parte dei suoi elettori vota per impedire che la sinistra (?!) vinca. Se Forza Italia non raggiunge il 35% al primo turno, al secondo si ripresentano a votare solo per scongiurare il “partito delle tasse”.

Certo. Alle prossime elezioni l’avversario sarà Renzi. Non esattamente un comunista mangia bambini che controlla le procure e che vuole stanare gli evasori fiscali. L’”uomo solo al comando” del Pd piace anche all’elettorato di centro destra. Ma il rischio di perdere contro Renzi, Berlusconi lo corre già al primo turno. Ergo: tanto vale scegliere una riforma che adotti il modello con il quale si vota il sindaco o il sistema francese (va che mi tocca scrivere, a me che stanno sui coglioni i francesi).

Istituire un proporzionale con premio di maggioranza qualora nessuna coalizione raggiunga il 35% è un principio inaccettabile. Il modello elezione sindaco o il sistema francese è un sistema più corretto: si presentano dei candidati, prendono dei voti, se nessuno arriva al 50% si passa al secondo turno, chi arriva primo vince e si prende – questo sì – la maggioranza per governare.
Se dev’essere truffa, che almeno si limiti il “bottino della rapina”. Il premio dovrebbe scattare per la coalizione che raggiunge il 40%. Anche perché, un conto è presentarsi da soli e prendere il 35%, un conto è presentarsi almeno in due (se non di più, come sempre succede in Italia). Certo. Se si ponesse l’asticella al 38% il M5S sarebbe sfavorito, perché difficilmente potrebbe prendere una simile percentuale. Ma un proporzionale con premio di maggioranza è tollerabile solo con un premio basso.

Ma non sarà che c’è un accordo nell’accordo tra Renzi e Berlusconi? Che ci sarebbero state lamentale per la soglia del 35, Renzi, e pure Verdini, capo progetto Forza Italia in materia di riforma elettorale, l’hanno messo in conto.
Se si arriverà al 38%, percentuali che una coalizione di centro destra può raggiungere, significherà che questo accordo è contro Grillo. Ma anche Renzi ha convenienza a stare sul 35%. Finora non ha mai subito il battesimo delle elezioni nazionali. Meglio partire con asticella truffa bassa.
Però,  il rischio per Renzi e Berlusconi è che il 35% possa diventare un obiettivo raggiungibile anche per Grillo. Se il M5S arriva al 35% che fanno Renzi e Berlusconi. Si incontrano in un day hospital per farsi medicare il culo a vicenda?

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