Bersani è fondamentalmente una brava
persona. Un buon tecnico in un governo che però dev’essere diretto da gente in
grado di far politica. Non è un leader. Nel senso proprio che deve avere questo
termine: un uomo capace di scegliere un gruppo e di guidarlo.
Ma se ha limiti e commesso errori, peggio
di lui hanno fatto Eugenio Scalfari e Ezio Mauro.
E’ meglio non averli certi “amici”. Non ti
criticano o correggono quando dovrebbero, non ti suggeriscono perché non
capiscono o non vogliono capire. Non ti sostengono quando ne avresti bisogno o
te lo meriteresti.
da: Il Fatto Quotidiano
Instant
Poll e miraggi Twitter nei salotti tv travolti dalle urne
di Andrea
Scanzi
Il calvario ha molti interpreti, ma la
medesima faccia: un fermo immagine tragicomico, da “vorrei ma non posso”. Enrico Mentana gestisce il
salotto post-elettorale. Non crede – e fa bene – agli instant poll, ma li legge
agli ospiti piluccando dalla concorrenza Rai-Set/Sky. Gad Lerner gongola:
vince il centrosinistra, vince Umberto Ambrosoli, Grillo non sfonda il 20 e
soprattutto Berlusconi è sconfitto. Wow.
Gad non è il solo a gioire anzitempo. Massimo Franco garantisce che la
sola certezza è Bersani premier. La sua forza? Il basso profilo, il non mettere
il proprio nome nel simbolo: l’avere rifuggito il presenzialismo (a differenza
di Berlusconi e Grillo, che infatti di lì a poco risulteranno i vincitori reali). Su
RaiUno è nervoso il gigante Guido Crosetto, che ha appena retwittato un
c
ommento vagamente tremendo su Beppe Grillo (“#Grillo al seggio porta via la
matita. Poi si giustifica: Era per mia figlia Luna, (la) voleva per far(SI) una
riga!!!”). È triste anche Giorgia Meloni, sin troppo struccata, che si
esercita in un balbettante mirror climbing. Nulla, però, al confronto di
Mario Sechi(candidato con Monti). Gli fanno capire che non li ha votati
nessuno, a parte Buffon e la Bellucci, ma lui ripete di aspettare i
risultati veri. Deriso e disgregato come il fratello figlio unico della canzone
di Rino Gaetano, Sechi vivrà una lunga apocalisse tutta sua.
Tenerissimo.
Nel quartier generale del Pd c’è
l’entusiasmo delle grandi occasioni: la gioiosa macchina da guerra ha davvero
smacchiato il giaguaro. Roberto
Saviano, attorno alle 16, scrive su Twitter parole che si riveleranno la
versione sinistrorsa dell’Emilio Fede con le bandierine al Tg4: “Per ora
prevale la certezza: Berlusconi è stato sconfitto. E voglio godermela per un
po’”. Il problema della sinistra
riformista italiana, intesa come nomenklatura
ma pure come intellighenzia, è che continua a credere che la realtà sia
quella sognata da Repubblica.
Arrivano proiezioni e schede scrutinate: è
martirio, è pianto, è sangue. In breve cambia tutto. Il Pd è riuscito a fare persino peggio di 1996 e 2006. Travolti da un
destino cinico e baro, il primo alibi si rivela quello più stantio: “Berlusconi
ha vinto per colpa di Grillo”. Ovvero il sempiterno “Teorema Bresso”.
Pierluigi
Battista, su RaiTre, parla a lungo (rendendo felici gli
insonni). Aldo Cazzullo, su
La7, esibisce una couperose generosa (“Ha uno sfogo tipo Pimpa, sarà la
tensione”, scrive sadicamente Lia Celi). Gianni
Riotta, su Sky, parla bene dell’uso di Beppe Grillo su Twitter mentre
consiglia a Monti di usare meglio i social network (parole forti). Giuliano Ferrara, a RaiTre, se la ride.
Infastidito dai numeri di Grillo, cincischia che “in fondo è solo la terza
forza”. Poi sostiene che chi ha dato il
voto al M5S “non ha una forte autonomia intellettuale” (lo asserisce uno che pensa per interposta persona
da almeno vent’anni). Come uscire dallo stallo di Camera e Senato? Ancora
Ferrara: “Bersani e Berlusconi insieme”.
E non è una battuta.
Flavio Tosi auspica un governo
breve che faccia la legge elettorale, per poi tornare al voto. Maurizio Gasparri rifiuta
l’ipotesi di tornare al voto a breve. Matteo Orfini è distrutto, Stefano
Fassina inconsolabile. Il successo restituisce l’arroganza dei bei tempi a Fabrizio Cicchitto e Ignazio La
Russa. Il secondo infierisce su Enrico Letta (“Ve la state facendo addosso,
sei messo molto male, non vi auguro l’itterizia ma vi vedo gialli come nel
’94). Il primo sfancula direttamente La7: “Ci davate per brutti, sporchi e
cattivi, dicevate che eravamo finiti e puzzavamo”. Si rivede pure Daniele Capezzone, che continua ad
avere non a caso un cognome doppiamente fallico. Tacciono al bunker di
Rivoluzione Civile, versione 2.0 della Sinistra Arcobaleno. Grillo commenta il
postvoto in streaming con Piero Ricca, Dario Fo e Marco Travaglio. La Rete,
all’unisono, si chiede chi abbia vinto. Risposta non complicata: Beppe Grillo.
E Silvio Berlusconi. E Matteo Renzi. Nel frattempo, e probabilmente, a
perdere è stata l’Italia. Un’altra volta.
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