mercoledì 27 febbraio 2013

Punto e Stop: elezioni 2013, l’assenza di un vero partito socialdemocratico


Vorrei chiudere l’argomento post elettorale - quanto meno, la prima fase - con queste considerazioni.

Non c’è da gioire di quanto è successo al PD. Un partito che riesce a perdere anche quando numericamente vince. Non è tempo di rivalse da parte di coloro che, comprensibilmente, sono incazzati e delusi dalla sinistra.
Questo paese non può più permettersi l’assenza di un vero partito socialdemocratico. Possiamo discutere che sia, quali forme e contenuti. Ma serve.

Il vantaggio di arrivare ultimi – purché si smetta di non arrivare mai – è quella di imparare dall’esperienza altrui. Guardiamo ai paesi che riescono a gestire una congiuntura economica senza rinunciare a uno stato sociale. Siamo in una fase congiunturale particolare. Nel 2012, ancora una volta, una parte del paese ha pagato al posto di altri e per anni di malgoverno e incapacità gestionale.
Mettiamoci pur tutte le incapacità e le inadeguatezze europee. Ma i limiti stanno, in primis, nel nostro paese. Che è diviso in due tronconi: chi vede sempre più ridursi il potere d’acquisto del suo reddito, chi vive tranquillo e serafico perché continua a evadere il fisco, perché riesce ad accrescere la sua rendita di posizione proprio in virtù di una crisi generalizzata. E non mi riferisco ai grandi patrimoni. Mi riferisco a quel ceto medio e benestante che ha interesse a mantenere Berlusconi e, più in generale, non trae nocumento se non, addirittura, trae giovamento da un sistema liberista.

Ciò che manca è una politica che abbia ideali, progetti. Che pensi in grande ma quando passa dalla teoria alla pratica abbia chiaro che la gestione dev’essere concreta, snella, efficiente, semplificata. Criteri più applicati nel privato che nel pubblico.

Basta con le balle sulle privatizzazioni e liberalizzazioni. Facciamole. Ma in un contesto organico nel quale sia definito cosa dev’essere pubblico, cosa privato, e dove sia chiaro che la gestione deve necessariamente essere funzionale e non assistenziale.
Tutto questo, è per me più vicino, concettualmente e praticamente, a politiche di cosiddetta socialdemocrazia.
Ovviamente, ogni sistema ha dei limiti. Il punto della questione è che noi non abbiamo manco provato. Noi siamo passati dalla prima repubblica dell’assistenzialismo, dell’inflazione galoppante del modello democristiano all’individualismo becero e volgare del modello del berlusconismo. Senso della collettività a puttane. In tutti i sensi.
Ergo: non sappiamo quanti e quali limiti possa avere – mi si passi il termine – la “terza via”.
Più del 50% degli italiani ritengo abbia capito quali sono i limiti della nostra rappresentanza politica e quali gli effetti. Si aspetta, vuole altro.

Con tutto il rispetto per la partecipazione diretta che piace a Grillo, dovremo dare un senso e un’efficacia alla democrazia rappresentativa. Non tutti sanno fare tutto. Non tutti possono fare tutto. Quindi. Serve un gruppo di persone in grado di gestire la delega degli italiani che, ovviamente, devono poter partecipare ed esprimersi. Ma la politica non è solo esprimere il proprio pensiero, il proprio voto, è anche affidare una delega a chi ha capacità di coordinamento e gestione.
Io so fare alcune cose meglio di altri. Altri sanno fare alcune cose meglio o diversamente da me. Rimettiamo o mettiamo la gente che sa fare dove deve stare. Che si tratti del modello socialdemocratico all’italiana o di altro, serve un gruppo di politici in grado di pensare e attuare, attingendo ai cittadini ma anche sostituendosi.
La Politica è questa. La pratichiamo nella vita di tutti i giorni. Quando decidiamo, quando ci assumiamo delle responsabilità. In ufficio, all’assemblea del condominio, a casa (soprattutto le donne, quando devono mediare). C’è il momento della libera espressione, c’è il momento della sintesi e dell’azione.
Sono comprensibili certe reazioni e certi distacchi attuali (Grillo-Bersani). Ma il primo modo per essere una comunità – parola che ho sentito in bocca a Grillo – è quella di superare certe contrapposizioni. Deve riuscire a trovare un punto d’incontro tra il 'non sputtanamento' (coerenza) e il senso di responsabilità verso una comunità. 
Non è facile. Ma ha voluto la bicicletta, gliel’hanno consegnata. Che pedali..

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