Vorrei chiudere l’argomento post
elettorale - quanto meno, la prima fase - con queste considerazioni.
Non
c’è da gioire di quanto è successo al PD. Un partito che
riesce a perdere anche quando numericamente vince. Non è tempo di rivalse da
parte di coloro che, comprensibilmente, sono incazzati e delusi dalla sinistra.
Questo
paese non può più permettersi l’assenza di un vero partito socialdemocratico. Possiamo
discutere che sia, quali forme e contenuti. Ma serve.
Il vantaggio di arrivare ultimi – purché si
smetta di non arrivare mai – è quella di imparare dall’esperienza altrui. Guardiamo
ai paesi che riescono a gestire una congiuntura economica senza rinunciare a
uno stato sociale. Siamo in una fase congiunturale particolare. Nel 2012, ancora una volta, una parte del paese ha pagato al posto di altri e per anni di
malgoverno e incapacità gestionale.
Mettiamoci pur tutte le incapacità e le inadeguatezze europee. Ma i limiti
stanno, in primis, nel nostro paese.
Che è diviso in due tronconi: chi
vede sempre più ridursi il potere d’acquisto
del suo reddito, chi vive tranquillo
e serafico perché continua a evadere il fisco, perché riesce ad accrescere
la sua rendita di posizione proprio in virtù di una crisi generalizzata. E non
mi riferisco ai grandi patrimoni. Mi riferisco a quel ceto medio e benestante che ha interesse a mantenere Berlusconi e, più in generale, non trae nocumento
se non, addirittura, trae giovamento da un sistema liberista.
Ciò che manca è una politica che
abbia ideali, progetti. Che pensi in
grande ma quando passa dalla teoria
alla pratica abbia chiaro che la gestione dev’essere concreta, snella, efficiente,
semplificata. Criteri più applicati nel privato che nel pubblico.
Basta
con le balle sulle privatizzazioni
e liberalizzazioni. Facciamole.
Ma in un contesto organico nel quale
sia definito cosa dev’essere pubblico,
cosa privato, e dove sia chiaro che la
gestione deve necessariamente essere funzionale e non assistenziale.
Tutto questo, è per me più vicino,
concettualmente e praticamente, a politiche
di cosiddetta socialdemocrazia.
Ovviamente, ogni sistema ha dei limiti. Il
punto della questione è che noi non abbiamo manco provato. Noi siamo passati
dalla prima repubblica dell’assistenzialismo, dell’inflazione galoppante del
modello democristiano all’individualismo becero e volgare del modello del
berlusconismo. Senso della collettività a puttane. In tutti i sensi.
Ergo: non sappiamo quanti e quali limiti possa
avere – mi si passi il termine – la “terza via”.
Più del 50% degli italiani ritengo abbia
capito quali sono i limiti della nostra rappresentanza politica e quali gli
effetti. Si aspetta, vuole altro.
Con tutto il rispetto per la partecipazione diretta che piace a Grillo, dovremo dare un senso e un’efficacia alla democrazia
rappresentativa. Non tutti sanno
fare tutto. Non tutti possono fare tutto. Quindi. Serve un gruppo di persone in grado di gestire la delega degli italiani che,
ovviamente, devono poter partecipare ed esprimersi. Ma la politica non è solo
esprimere il proprio pensiero, il proprio voto, è anche affidare una delega a
chi ha capacità di coordinamento e gestione.
Io so fare alcune cose meglio di altri.
Altri sanno fare alcune cose meglio o diversamente da me. Rimettiamo o mettiamo
la gente che sa fare dove deve stare. Che si tratti del modello
socialdemocratico all’italiana o di altro, serve un gruppo di politici in grado
di pensare e attuare, attingendo ai cittadini ma anche sostituendosi.
La Politica è questa. La pratichiamo nella
vita di tutti i giorni. Quando decidiamo, quando ci assumiamo delle responsabilità. In
ufficio, all’assemblea del condominio, a casa (soprattutto le donne, quando
devono mediare). C’è il momento della libera espressione, c’è il momento della
sintesi e dell’azione.
Sono comprensibili certe reazioni e certi
distacchi attuali (Grillo-Bersani). Ma il primo modo per essere una comunità –
parola che ho sentito in bocca a Grillo – è quella di superare certe
contrapposizioni. Deve riuscire a trovare un punto d’incontro tra il 'non
sputtanamento' (coerenza) e il senso di responsabilità verso una comunità.
Non è facile. Ma ha voluto la bicicletta, gliel’hanno consegnata. Che pedali..
Non è facile. Ma ha voluto la bicicletta, gliel’hanno consegnata. Che pedali..
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