E’ dal 1994 che il
principale partito della cosiddetta sinistra non coglie il disagio reale.
Al massimo tra due
turni elettorali, il Pd sarà completamente dissolto. Questo partito non ha una connotazione, non ha un modello
culturale e sociale. E’ quindi destinato a dissolversi se non troverà presto un
gruppo capace di rianimarlo.
Con Matteo Renzi
avrebbe preso più voti ma non credo avrebbe sfondato. E, dato atto del
comportamento serio di Renzi dopo la sconfitta alle primarie, continuo a non
capire che ci faccia in zona centro-sinistra.
Non ho capito che
proposta e modello abbia. Saper comunicare non è – almeno per me – requisito
sufficiente per essere considerato un leader con una proposta di società
convincente su cui puntare.
da: La Stampa
Tasse
e crisi riconsegnano il Nord al centrodestra
Il
Pd non coglie il disagio reale degli imprenditori e i voti persi dal
Carroccio vanno a Grillo
Il Nord resta a
Berlusconi. E quella parte che non resta a Berlusconi va con Beppe Grillo il
quale, come il Cavaliere, ha saputo capire le istanze profonde di una parte del
Paese che nell’ultimo anno s’è sentita segnata da due calamità: le tasse e il
crollo dei consumi.
La sinistra
questo mondo continua a non capirlo. Una dichiarazione che dice
tanto - non
tutto, ma tanto - sui motivi della sua sconfitta l’ha fatta a metà pomeriggio
Laura Puppato del Pd: «Non capisco», ha detto, «come gli imprenditori veneti
non si siano resi conto e abbiano votato ancora Pdl-Lega. Poi c’è stata
l’avanzata del Movimento 5 Stelle di Grillo che ha portato via voti a tutti noi
e al centrodestra». Laura Puppato non è una qualunque. È stata candidata premier
alle primarie della sua coalizione. È veneta. È consigliere regionale e vanta
un record di preferenze. Ha fatto il sindaco. È tanto sensibile ai tempi nuovi
che Beppe Grillo la premiò, nel 2007, come «primo sindaco a cinque stelle».
Insomma è una persona capace e con una grande conoscenza del territorio. Eppure
«non capisce» perché gli imprenditori del Veneto, i «suoi» imprenditori, alla
fine abbiano votato ancora per Berlusconi e per la Lega. Certo non nella misura
di una volta: i voti al Carroccio, in particolare, sono diminuiti di molto. Ma
il Veneto è rimasto al centrodestra. Così come la Lombardia.
In questo «non
capire» c’è forse un’irriducibile distanza della sinistra da tutto quel mondo
delle piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale del Paese e in
particolare del Nord. Il Nord dei capannoni, degli artigiani, delle partite
Iva. Questo mondo, ormai da mesi, non parlava che di due argomenti: le tasse e
la crisi. Ogni tanto ne intervallava un terzo: la burocrazia. Quanto sono stati
sottovalutati questi temi?
Solo nove mesi fa,
alle amministrative di primavera, Pdl e Lega erano crollati in gran parte del
Nord. In roccaforti storiche del centrodestra come Como, Monza e Cantù, erano
stati eletti sindaci di centrosinistra. Il Pdl sembrava allo sbando. Non si
trovava mezzo imprenditore, né medio né piccolo, che dichiarasse di fidarsi
ancora di Berlusconi. Non parliamo poi di Bossi, del quale non si fidavano più
neppure i suoi.
La sinistra vinceva
non perché guadagnasse voti. Se si guardano i risultati numerici, e non
percentuali, delle elezioni appunto di Monza, Como, Cantù eccetera (ma anche
quelli di Milano nel 2011) si vede che i candidati sindaci del centrosinistra -
pur vincendo - non hanno preso più voti di quanti ne avevano presi nelle
elezioni precedenti, quando avevano perso. Anzi in alcuni casi ne hanno presi
di meno. Ma hanno vinto, perché buona parte dell’elettorato di centrodestra non
è andata a votare.
Perché non è andata?
Perché era delusa da Berlusconi e dalla Lega. Cioè dai due partiti sui quali
aveva più volte riposto, a partire dai primi anni Novanta, le sue speranze. Non
si fidava più.
E allora la sinistra
s’è illusa di poter finalmente conquistare quella parte del Paese senza la
quale non si vincono le elezioni (o meglio le si possono anche vincere, ma poi
non si può governare). Il Veneto non è mai andato alla sinistra, neppure una
volta, in tutta la storia della Repubblica; la Lombardia è nettamente di
centrodestra dal 1995, anno della prima vittoria di Formigoni. Negli ultimi
mesi la sinistra ha cominciato ad accarezzare il sogno di conquistare tutte e
due queste regioni. In Veneto, di ottenere la maggioranza al Senato; in
Lombardia, anche il consiglio regionale. S’è cominciato a parlare di risultati
in bilico.
Ieri il brusco
ritorno sulla terra. Come ha fatto il centrodestra a recuperare
così tanti suoi elettori? Sicuramente la maestria di Berlusconi nel condurre,
praticamente da solo, tutta una campagna elettorale, ha avuto una parte
importante. Ma Berlusconi, proprio perché è un maestro nel cogliere gli umori
del popolo, ha capito che doveva puntare appunto su quegli argomenti che al
Nord da mesi monopolizzano ogni discussione. Le tasse. I soldi che non girano.
I consumi fermi.
Ci sono stati molti
segnali non colti. Come le code degli imprenditori che vanno a far causa contro
verbali di accertamento fiscale per redditi ipotizzati e non dimostrati;
verbali, per giunta, gravati da interessi anche del due, trecento per cento. Di
fronte al grido di dolore di tutto un mondo che, già segnato dalla crisi
economica, si lamentava di essere tartassato come mai nella storia, molta
sinistra ha pensato si trattasse dei soliti furbastri, dei soliti evasori.
Così, in quel mondo s’è tuffato a capofitto Berlusconi. Così, tanta parte del
Nord è tornata a fidarsi di lui: magari tappandosi il naso, ma convinta che non
c’era di meglio.
Quelli invece che si
sono persuasi che ci fosse qualcosa di meglio hanno votato per Grillo. Già: i
voti che al Nord il Movimento 5 Stelle ha preso alla destra, soprattutto alla
Lega, li ha presi proprio battendo su quei tasti delle tasse e della crisi.
L’espressione che abbiamo usato prima - «spina dorsale del Paese» riferita ai
piccoli e medi imprenditori - Grillo l’ha urlata dal palco di piazza Duomo. E
l’abolizione di Equitalia (insieme con la non pignorabilità della prima casa)
Grillo è stato il primo a proporla; Berlusconi è venuto a ruota.
È su questi temi che
al Nord il centrodestra ha recuperato e Grillo ha sfondato. Temi che la
sinistra appunto non ha capito, come ha ammesso Laura Puppato. In verità c’era
uno che su questi argomenti s’era speso. Uno che aveva detto che «nella lotta
all’evasione fiscale si è stati forti con i deboli e deboli con i forti»; che
bisogna liberare le piccole e medie imprese dai lacci della burocrazia. Uno che
gran parte degli elettori delusi del centrodestra erano pronti a votare in
blocco. Era Matteo Renzi, questo qualcuno. Un nome e un cognome che forse
resteranno nella storia della sinistra come la grande occasione perduta.
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