mercoledì 20 febbraio 2013

Vaticano, dopo Benedetto XVI: Ravasi, metà Ratzinger e metà Wojtila


da: Huffington Post

Dimissioni Papa/ Il favorito tra i papabili italiani è Ravasi, metà Ratzinger, metà Wojtyla
di Piero Schiavazzi

Succede di rado che un prelato non ancora Vescovo venga promosso al vertice di un dicastero, saltando i passaggi intermedi, a meno che non abbia l’alone del primo della classe.
Benedetto XVI, nel novero delle porpore che un Papa riserva direttamente a se stesso, senza tenere conto di precedenze curiali e prelazioni geografiche, ha ragionato da professore, dando il massimo dei voti e nominando il Prefetto della Biblioteca Ambrosiana, Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
E oggi, con una chiara indicazione elettorale, lo ha posto addirittura in pole position, chiamandolo a predicare gli esercizi alla Curia, con gesto analogo a quello di Giovanni Paolo II, che nel 2005 affidò a Ratzinger le meditazioni dell’ultima Via Crucis.
Ravasi ha compiuto settant’anni: l’età e la vitalità giusta per garantire i grandi elettori senza spaventarli con la prospettiva di un Pontificato troppo lungo, specialmente adesso che l’ottantesimo genetliaco può diventare una soglia indicativa per valutare senza tabù la possibilità delle dimissioni.
Ma soprattutto possiede la profondità biblica per assicurare alla barca di Pietro un ancoraggio sicuro nella Parola di Dio e al tempo stesso lo slancio per rigettarla nel vortice mediatico delle parole degli uomini, dove Wojtyla aveva vinto tutte le regate e da cui Ratzinger invece si è volutamente tenuto al largo, con la diffidenza istintiva che Giovedì, parlando al clero romano, ha ribadito nei confronti della stampa, ritenendola responsabile di travisare la storia della Chiesa.

Ma l’umanità del XXI secolo, riprendendo il titolo di un volume di Ravasi, oltre ai libri sacri necessita di “breviari laici”, per riscoprire Dio nei contesti più improbabili, come quando ha proposto una inedita, e ardita, teologia del bacio.
Citando Prévert e muovendo dalla scena di due innamorati che si baciano in un parco, ha infatti osservato che se l’amore viene vissuto in pienezza“il tempo si dissolve e si pregusta l’eternità, si è come immessi in un istante perfetto e pieno, ci si trova dalla parte del divino”.
La sua fascinazione oratoria non diminuisce da una lingua all’altra: cinque anni fa in una conferenza al corpo diplomatico passò con disinvoltura compiaciuta dall’arabo all’ebraico, facendo presagire l’effetto di un Papa che all’Angelus si rivolge in mondovisione ai fratelli maggiori nella lingua della Bibbia e a un miliardo di musulmani in quella del Corano.
Di Wojtyla possiede l’appeal televisivo, anche se gli manca l’afflato pastorale, come a Ratzinger del resto e prima di lui a Paolo VI, professore l’uno e diplomatico l’altro, principalmente intellettuali nel tratto fondamentale della loro indole.
Ravasi tuttavia non è solo uomo di studio, convinto che “i libri hanno valore se guidano all’azione e trasmettono un senso di rinnovamento”.
In questi anni si è rivelato un incisivo riformatore, ristrutturando il suo dicastero e trasformandolo in uno dei più operativi.
L’assenza di feeling con i vertici della CEI e con diversi vescovi, che rilevano in lui un velo di snobismo, è compensata dalle simpatie trasversali che riscuote nelle istituzioni, a cominciare dal colle più alto, come dimostra il confronto di Assisi con Giorgio Napolitano sul tema di Dio, nell’ambito del “Cortile dei Gentili”, l’iniziativa voluta da Benedetto XVI per il dialogo con i non credenti e affidata al Pontificio Consiglio della Cultura.

Allo stesso modo, il Cardinale intrattiene relazioni personali e di primo piano del mondo dell’economia che, qualora salisse al soglio di Pietro, lo affrancherebbero da consiglieri e cacciatori di teste nella stesura delle encicliche e nelle nomine allo IOR.

Nella Sistina, dove torna da elettore e candidato, ha portato i Pooh e Nanni Moretti, per l’incontro di Benedetto XVI con gli artisti.
Ravasi potrebbe essere non solo il Papa delle riforme strutturali, ma anche di sorprendenti e altrettanto improrogabili aperture dottrinali, che per ora si guarda bene dall’enfatizzare, anzi mantiene prudentemente mimetizzate nelle pieghe del suo eloquio e tra le righe dei suoi libri.

Nell’ultima conferenza stampa del 31 gennaio in Vaticano, ammettendo il proprio eclettismo culturale, anch’esso rimproveratogli dai suoi detrattori, ha dichiarato un interesse preferenziale per i nuovi linguaggi giovanili, anche nelle versioni “tematicamente e musicalmente più lacerate, alla Amy Winehouse”, in quanto drammaticamente foriere di una domanda di senso.

Il Cardinale ricorda che suo padre da bambino voleva che diventasse un calciatore e questo, anche se non ha mai messo piede in uno stadio, ci consente l’adozione di una metafora sportiva.

Se Ratzinger, come si addice a un conservatore, ha condotto infatti la partita del Pontificato dalla propria metà campo, Ravasi svarierebbe in quella avversaria, portandovi la sfida della fede.

E se il primo si è mostrato un sapiente regista difensivo, sorprendendoci con il lancio lungo delle sue dimissioni, il secondo sarebbe un attaccante difficile da marcare, che sa trovarsi al posto giusto nel momento giusto, seminando dubbi e interrogativi nell’area del relativismo.

3 commenti:

  1. Io Ravasi lo seguo ogni domenica mattina su canale 5' se diventa Papa io come faccio la domenica? Ahah

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  2. Ciao Sara...troveremo una soluzione..nel caso non ci riuscissimo, sacrificati!....se potessi scegliere lo eleggerei Papa ma non credo la spunterà

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  3. ahah, sicuramente troveremo una soluzione. Io è mia madre vorremmo fosse lui il nuovo Papa, non conoscendo per nulla gli altri, ma chissà.

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