da: Huffington Post
Dimissioni
Papa/ Il favorito tra i papabili italiani è Ravasi, metà Ratzinger, metà
Wojtyla
di Piero
Schiavazzi
Succede di rado che un prelato non ancora
Vescovo venga promosso al vertice di un dicastero, saltando i passaggi
intermedi, a meno che non abbia l’alone del primo della classe.
Benedetto XVI, nel novero delle porpore che
un Papa riserva direttamente a se stesso, senza tenere conto di precedenze
curiali e prelazioni geografiche, ha ragionato da professore, dando il massimo
dei voti e nominando il Prefetto della Biblioteca Ambrosiana, Gianfranco
Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
E oggi, con una chiara indicazione
elettorale, lo ha posto addirittura in pole position, chiamandolo a predicare
gli esercizi alla Curia, con gesto analogo a quello di Giovanni Paolo II, che
nel 2005 affidò a Ratzinger le meditazioni dell’ultima Via Crucis.
Ravasi ha compiuto settant’anni: l’età e la
vitalità giusta per garantire i grandi elettori senza spaventarli con la
prospettiva di un Pontificato troppo lungo, specialmente adesso che
l’ottantesimo genetliaco può diventare una soglia indicativa per valutare senza
tabù la possibilità delle dimissioni.
Ma soprattutto possiede la profondità
biblica per assicurare alla barca di Pietro un ancoraggio sicuro nella Parola
di Dio e al tempo stesso lo slancio per rigettarla nel vortice mediatico delle
parole degli uomini, dove Wojtyla aveva vinto tutte le regate e da cui
Ratzinger invece si è volutamente tenuto al largo, con la diffidenza istintiva
che Giovedì, parlando al clero romano, ha ribadito nei confronti della stampa,
ritenendola responsabile di travisare la storia della Chiesa.
Ma l’umanità del XXI secolo, riprendendo il
titolo di un volume di Ravasi, oltre ai libri sacri necessita di “breviari
laici”, per riscoprire Dio nei contesti più improbabili, come quando ha
proposto una inedita, e ardita, teologia del bacio.
Citando Prévert e muovendo dalla scena di
due innamorati che si baciano in un parco, ha infatti osservato che se l’amore
viene vissuto in pienezza“il tempo si dissolve e si pregusta l’eternità, si è
come immessi in un istante perfetto e pieno, ci si trova dalla parte del
divino”.
La sua fascinazione oratoria non diminuisce
da una lingua all’altra: cinque anni fa in una conferenza al corpo diplomatico
passò con disinvoltura compiaciuta dall’arabo all’ebraico, facendo presagire
l’effetto di un Papa che all’Angelus si rivolge in mondovisione ai fratelli
maggiori nella lingua della Bibbia e a un miliardo di musulmani in quella del
Corano.
Di Wojtyla possiede l’appeal televisivo,
anche se gli manca l’afflato pastorale, come a Ratzinger del resto e prima di
lui a Paolo VI, professore l’uno e diplomatico l’altro, principalmente
intellettuali nel tratto fondamentale della loro indole.
Ravasi tuttavia non è solo uomo di studio,
convinto che “i libri hanno valore se guidano all’azione e trasmettono un senso
di rinnovamento”.
In questi anni si è rivelato un incisivo
riformatore, ristrutturando il suo dicastero e trasformandolo in uno dei più
operativi.
L’assenza di feeling con i vertici della
CEI e con diversi vescovi, che rilevano in lui un velo di snobismo, è
compensata dalle simpatie trasversali che riscuote nelle istituzioni, a
cominciare dal colle più alto, come dimostra il confronto di Assisi con Giorgio
Napolitano sul tema di Dio, nell’ambito del “Cortile dei Gentili”, l’iniziativa
voluta da Benedetto XVI per il dialogo con i non credenti e affidata al
Pontificio Consiglio della Cultura.
Allo stesso modo, il Cardinale intrattiene
relazioni personali e di primo piano del mondo dell’economia che, qualora
salisse al soglio di Pietro, lo affrancherebbero da consiglieri e cacciatori di
teste nella stesura delle encicliche e nelle nomine allo IOR.
Nella Sistina, dove torna da elettore e candidato, ha portato i Pooh e Nanni
Moretti, per l’incontro di Benedetto XVI con gli artisti.
Ravasi potrebbe essere non solo il Papa delle riforme strutturali, ma anche di
sorprendenti e altrettanto improrogabili aperture dottrinali, che per ora si
guarda bene dall’enfatizzare, anzi mantiene prudentemente mimetizzate nelle
pieghe del suo eloquio e tra le righe dei suoi libri.
Nell’ultima conferenza stampa del 31
gennaio in Vaticano, ammettendo il proprio eclettismo culturale, anch’esso
rimproveratogli dai suoi detrattori, ha dichiarato un interesse preferenziale
per i nuovi linguaggi giovanili, anche nelle versioni “tematicamente e
musicalmente più lacerate, alla Amy Winehouse”, in quanto drammaticamente
foriere di una domanda di senso.
Il Cardinale ricorda che suo padre da bambino voleva che diventasse un
calciatore e questo, anche se non ha mai messo piede in uno stadio, ci consente
l’adozione di una metafora sportiva.
Se Ratzinger, come si addice a un
conservatore, ha condotto infatti la partita del Pontificato dalla propria metà
campo, Ravasi svarierebbe in quella avversaria, portandovi la sfida della fede.
E se il primo si è mostrato un sapiente regista difensivo, sorprendendoci con
il lancio lungo delle sue dimissioni, il secondo sarebbe un attaccante
difficile da marcare, che sa trovarsi al posto giusto nel momento giusto,
seminando dubbi e interrogativi nell’area del relativismo.
Io Ravasi lo seguo ogni domenica mattina su canale 5' se diventa Papa io come faccio la domenica? Ahah
RispondiEliminaCiao Sara...troveremo una soluzione..nel caso non ci riuscissimo, sacrificati!....se potessi scegliere lo eleggerei Papa ma non credo la spunterà
RispondiEliminaahah, sicuramente troveremo una soluzione. Io è mia madre vorremmo fosse lui il nuovo Papa, non conoscendo per nulla gli altri, ma chissà.
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