lunedì 25 febbraio 2013

La7, Cairo editore: “rinnovare e potenziare, senza stravolgere”


La7 non ha un ottimo palinsesto. Sicuramente, non ha un palinsesto che presenti qualche innovazione rispetto alle altre reti generaliste. Il suo punto di forza è in alcuni programmi informativi (alcuni sono ripetitivi e hanno vita corta), ma ha sfondato solo con Santoro e Berlusconi. Questo vorrà pur dire qualcosa….


da: la Repubblica

Urbano come Rattazzi tv e calcio come il Cav i progetti di Cairo per rilanciare La7
Dalla rottura con Dell’Utri che lo portò al licenziamento dalla Fininvest fino all’offerta per l’emittente di Telecom. Un piemontese riservato ma anche scaramantico. Le sue idee per il canale e il futuro del Torino
di Paolo Griseri

Pronto, dottor Cairo? «Buongiorno. Innanzitutto una cortesia: non chiamatemi berluschino». Comincia così l’autoritratto di Urbano Cairo, 55 anni, «un imprenditore che prossimamente potrebbe rilevare LA7», come tiene a essere definito. Sì perché il patron alessandrino, segno zodiacale Gemelli (per un solo giorno non è nato sotto quello del Toro) è anche sommamente scaramantico: «Non mi piace annunciare di aver acquistato quando formalmente non è ancora vero». A meno di sorprese sarà comunque lui il futuro proprietario della tv di Mentana, Gruber, Santoro. E oggi è uno dei rari casi di self made man che nel curriculum esibisce, orgoglioso, un licenziamento: «Nel 1995 venni mandato via da Berlusconi ». Chi è l’uomo che metterà le mani sul terzo polo televisivo
italiano («dica quarto, porta meglio, forse siamo dietro Sky»)? E’ un monferrino di Masio, millecinquecento anime sulle colline, a metà strada tra Asti e Alessandria. E’ il paese d’origine della famiglia Rattazzi e così si spiega come mai il nostro di nome di battesimo faccia Urbano. Ma a differenza dell’Urbano Rattazzi che proprio in una villa di Masio fece con Cavour uno dei primi patti destra-sinistra nella storia italiana, l’Urbano di oggi alla politica non pensa proprio. E questa, al momento, è una delle vistose differenze che lo tengono lontano dall’imprenditore che per primo lo scoprì negli anni ’80: Silvio Berlusconi. Del Cavaliere Cairo è stato assistente personale fino a metà degli anni Ottanta quando traslocò in Publitalia e divenne vicepresidente della società di pubblicità del gruppo Finivest. Una carriera folgorante che, dicono i manager del tempo, giunse a coronamento della caparbietà con cui il ragazzo di Alessandria aveva saputo imporsi all’attenzione di Silvio Berlusconi. Non per caso, nel 1991, arrivò il grande salto: amministratore delegato di Mondadori Pubblicità. Una bella responsabilità ma anche l’inizio delle grane: «Volevo guidare la mia società in autonomia - ricorda oggi - e certe volte non era semplice. Anche perché ci tenevo che accanto a quella televisiva, la pubblicità sulla carta stampata avesse il suo ruolo». Tradotto in soldoni: Urbano Cairo era entrato in rotta di collisione con Marcello dell’Utri, padre-padrone di Publitalia. E quelli non erano tempi in cui il manager palermitano si potesse tenere fuori dalle liste elettorali come accade oggi. Nel 1995, al contrario, Dell’Utri era una potenza. «Fui licenziato da un giorno all’altro», racconta Cairo. Aggiungendo un particolare: «Era il 1995. Improvvisamente mi ritrovai su un marciapiede senza più nulla se non il mio telefonino, che all’epoca era di una certa dimensione. Non fu una bella sensazione. Ma oggi posso dire che quel licenziamento fu la mia fortuna». Oggi, a quasi vent’anni di distanza. Allora non era certo così. E quel giorno del 1995, mentre si rigirava il cellulare tra le mani, Urbano Cairo non avrebbe detto: «Quel licenziamento mi fece capire che volevo fare l’imprenditore ». Però si riprese in fretta. Nel 1996 ottenne la concessione da Rcs per la pubblicità su Io Donna, Oggi e Tv7. Tre anni dopo, l’acquisto della Giorgio Mondadori editore. «Non sentivo Berlusconi dal giorno del mio licenziamento. Quella volta mi chiamò e mi chiese perché volevo comperare quella casa editrice, che cosa ci trovavo. Cercò di scoraggiarmi. Ma successivamente i suoi collaboratori mi dissero che si era arrabbiato perché avrebbe voluto prenderla lui». Molti guardarono a quell’acquisto come a un’operazione avventata. La Giorgio Mondadori aveva testate un po’ datate, con un format vecchio stile, non sembrava quella gallina dalle uova d’oro che si sarebbe invece rivelata nelle mani del nuovo proprietario. La ricetta? «Rinnovare e potenziare senza stravolgere. Puntando sugli atout che già ci sono, dando mano libera ai direttori capaci e inserendo nuove professionalità al posto giusto». Sarà questa la ricetta per La7? Cairo conosce bene la tv di Mentana. La «Cairo Communication » ha da tempo la concessione della pubblicità. Dunque ha perfettamente chiari i punti di forza e i punti deboli: «La7 ha un ottimo palinsesto, eccellenti professionisti e il problema di avere un bilancio in perdita per 100 milioni all’anno da dieci anni». Ecco appunto: perché un imprenditore oggi dovrebbe accollarsi questo fardello? Cairo scommette «sulla forza dei programmi e sulla possibilità di migliorare facendo efficienza e rafforzando alcune aree del palinsesto come la fascia pomeridiana e la seconda serata ».
Evitare cadute di programmazione, insomma, sostenere l’audience prima e dopo i programmi di punta. Facile a dirsi. Per ora comunque l’editore alessandrino una prima battaglia l’ha vinta ed è stato individuato da Telecom come unico offerente con cui provare a chiudere la trattativa per la vendita: «Un passo importante ma non decisivo», ripete scaramantico. E si lancia nell’inevitabile metafora calcistica: «E’ come pensare di aver vinto la partita quando hai fatto gol ma mancano ancora venti minuti alla fine». Gli incontri sono andati avanti nel fine settimana. Perché Telecom ha scelto Cairo? Perché l’offerente ha proposto di lasciar fuori dal contratto di vendita Mtv? «La mia proposta è vantaggiosa per molti motivi, compreso il fatto di lasciar fuori Mtv», replica il pretendente. E spiega: «Mtv è la parte che rende di più, io mi prendo la parte più difficile e capisco che il venditore possa essere interessato ». Ci sono due settimane per chiudere l’affare. E da qualche giorno tutti studiano ogni minima dichiarazione del nuovo patron per capire se e come potrà cambiare la linea editoriale della sua tv. Bisogna scrutare con qualche domanda rivelatrice. Per esempio: a Cairo è piaciuto il Crozza di Sanremo? Sì proprio quello che ha fatto irritare il pubblico berlusconiano in prima fila. Ma anche quel Crozza che è certamente uno dei personaggi di punta della sua tv. La risposta è un capolavoro diplomatico: «Confesso che Crozza è uno dei comici che mi piacciono di più. Sono andato a vedere più volte il suo Paese delle Meraviglie. A Sanremo è rimasto preso in contropiede dalla contestazione di chi non sa apprezzare la satira ma è stato molto bravo a recuperare e a concludere il suo intervento ».
Bisognerà attendere dunque per capire quanto influirà il cambio di proprietà sui programmi e sul palinsesto. Cairo dice di apprezzare «tutti gli eccellenti professionisti » della televisione che sta per acquistare. Certo, almeno all’inizio, sarà necessario pompare denaro, fare investimenti. E qui tremano i tifosi del Torino, la squadra di calcio che Urbano Cairo ha acquistato nel 2005. «Fanno male a tremare», ammonisce il Presidente. E spiega che la Cairo Communication è una società separata dal Torino Calcio, che mai e poi mai i due bilanci saranno comunicanti, perché «il Torino è una cosa mia e non c’entra con la casa editrice». Non ci sarà il rischio dunque che per salvare il contratto con Mentana si venda Ogbonna? «Assolutamente no. Il Torino è una realtà che io ho rilevato dal fallimento e che è cresciuta nel corso di questi anni ». Tutti nel capoluogo piemontese ricordano la rovente estate del 2005, con il fallimento del Toro di Cimminelli, il tentativo di acquisto da parte di Luca Giovannone, tycoon della sanità ciociara, la rivolta dei tifosi e l’arrivo di Urbano Cairo a salvare la patria granata. Le ovazioni durarono poco. La squadra in altalena tra A e B, addirittura, nel 2010, il proposito di Cairo di vendere tutto. Poi la scelta di resistere. Il Torino è risalito in serie A e oggi gioca in uno dei due stadi torinesi. Si propone anche qui grandi traguardi? «Noi siamo una neopromossa e il nostro traguardo è la salvezza». Tra i suoi tifosi c’è chi sogna l’Europa nel giro di non molto tempo: «Lei è matto. Le ho spiegato che sono scaramantico. Queste cose non si dicono nemmeno per scherzo».

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