da: la Repubblica - 26 febbraio
Ogni mio commento, di pancia o di testa, è
il commento di un quasi sessantenne benestante.
Che è cresciuto e si è formato nella prima
Repubblica, con quei valori (soprattutto l’antifascismo) e quell’idea della democrazia rappresentativa. Penso che
la spallata delle Cinque Stelle sia soprattutto una spallata generazionale, di
trentenni e quarantenni che non si sentono più rappresentati dall’Italia dei
padri (cioè la mia), di ventenni che non hanno niente da perdere e niente da
sperare. Non mi piacciono i modi e i
toni del loro capo, trovo ripugnanti i “vaffanculo” di massa e mi fa paura chiunque si senta depositario della
virtù e indichi tutti gli altri come incapaci o farabutti. Ma credo che
l’avanzata travolgente di quell’esercito di sconosciuti fosse inevitabile e
fisiologica. E che non sia assolutamente
esorcizzabile come “antipolitica”. È
politica allo stato puro. Per anni ci siamo chiesti come mai le nuove
generazioni fossero mute. Ora possiamo dirlo un po’ di meno. Hanno parlato, e
se lo hanno fatto a modo loro, con mezzi propri, idee proprie, significa che il
nostro mondo, come tutti i mondi, comincia a diventare vecchio.
Ps. Spero che Ingroia torni in Guatemala e
ci resti per sempre.
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