da: la Repubblica
Gere:
"Io, Squalo intoccabile tra Madoff e la vostra Italia..."
Il
divo presenta "La Frode": "Interpreto un magnate della finanza
che ricorda un po' anche Ted Kennedy, Bill Clinton e ciascuno di noi: tutti
facciamo compromessi e mentiamo". Poi rivela le sue passioni oltre cinema
e buddismo: "Guardare dentro l'animo umano è il mio lavoro a tempo
pieno"
di Claudia
Morgoglione
Richard Gere non è uno di quei divi che in
carriera ha scelto sempre ruoli positivi: accanto all'Ufficiale e gentiluomo adorato
dalle spettatrici, o al milionario che cambia la vita alla Julia Roberts
versionePretty woman, ci sono i prostituti (American Gigolò), i mariti
ossessivi (L'amore infedele), i venditori di falsi scoop (L'imbroglio), gli
avvocati dall'infernale cinismo (Chicago). E adesso, ad arricchire questa
galleria di personaggi oscuri, eccolo incarnare un magnate spietato e disonesto
in La Frode: un uomo ricchissimo impegnato in una corsa contro il tempo,
per nascondere una trama di imbrogli e disonestà. "Potremmo definirlo uno
Squalo - spiega il divo da un lussuoso hotel di piazza del Popolo, utilizzando
quello che è da sempre il soprannome di Ruper Murdoch - un animale che non può
fermarsi mai, altrimenti muore. Uno componente della casta di Intoccabili che esiste
in ogni categoria: dalla finanza all'industria, dal cinema al governo. Quando
ne fai parte, l'impunità è assicurata: e anche voi, qui in Italia, sapete di
cosa sto parlando...". Il riferimento è forse agli ultimissimi scandali
del nostro Paese, o alle vicende di Silvio Berlusconi che tanta eco anno avuto
all'estero, nel recente passato.
LA FRODE: LE IMMAGINI
Scritto e diretto dall'esordiente Nicholas Jarecki, interpretato anche da
Signor Gere, cosa l'ha attratta di questo personaggio così in chiaroscuro?
"E' una figura molto contemporanea,
una sorta di maschio Alfa che rappresenta bene lo spirito del nostro tempo. Uno
che divide le persone tra quelle che hanno il potere, come lui, e tutti quelli
che non ce l'hanno. Il momento che più svela lo spirito del film è la scena in
cui lui è al parco con la figlia: lei lo rimprovera di averla lasciata
all'oscuro, io la correggo dicendo 'non sei la mia socia, sei una che lavori
per me'. Credo sia questa la radice di tutti i problemi del mondo: la
tentazione di sentirsi al centro dell'universo, di pensare che gli altri siano
tutti al tuo servizio".
Un carattere complesso: difficile da interpretare?
"Spesso in questi giorni mi hanno
chiesto come faccio io, che sono buddista e che sono un allievo del Dalai
Lama, a calarmi in un personaggio così orribile. Bé, la risposta è che il mio
lavoro consiste proprio nel rendere gli errori di chi incarno, umani: perché
per interpretare questi tipi bisogna sapersi guardare allo specchio. Del resto
la recitazione è gioco, è mettersi in gioco. Robert Miller fa gli sbagli che
forse io stesso avrei fatto, se mi fossi trovato in quella situazione: tutti
noi facciamo compromessi, tutti noi mentiamo almeno un po'. Il vero nemico del
protagonista on è la legge, i cui tecnicismi non riescono a incastrarlo, ma
proprio l'opposto della menzogna: la verità".
Guardando il film vengono in mente tanti possibili riferimenti all'attualità internazionale: concorda?
"Io leggendo per la prima volta la
sceneggiatura ho pensato in primo luogo a Madoff, personaggio simbolo delle
truffe finanziarie. Ma anche a Ted Kennedy: una persona in gamba che quando ci
fu quell'incidente al lago, in cui morì la ragazza che era insieme a lui, si
avviluppò in una serie di menzogna assolutamente non credibili. Ma c'è anche
l'altra faccia della madaglia, come Clinton: ha fatto tante cose splendide e ha
commesso tanti errori, all'epoca dello scandalo che lo coinvolse sembrava aver
perso la sua famiglia, invece adesso è più unita che mai. A volte capita anche
che le cose si aggiustino".
Un altro tema forte della pellicola è quello dell'impunità.
"E' vero: perché in ogni campo ci sono
i potenti che a un certo punto, superato un certo livello, entrano a far parte
di una sorta di club degli Intoccabili: se vi accedi vieni protetto dagli altri
membri, diventi quasi un semidio. E voi in Italia lo sapete bene...".
Anche lei, nel cinema, è da considerare un Intoccabile?
"Bé, in un certo senso sì, visto che
dopo tanti anni sono ancora qui. Ma l'industria del cinema è molto cambiata:
questo film ad esempio non è affatto estremo né sperimentale, eppure visti i
temi realizzarlo, nella Hollywood di adesso, è stato molto difficile".
E' sempre contrario, come ha detto più volte in passato, a cimentarsi nella regia?
"Effettivamente non è una cosa molto
nelle mie corde, altrimenti lo avrei già fatto. Ma in questo momento sto
valutando diversi progetti che mi interessano, e non escludo che magari in uno
di questi passi dietro la macchina da presa".
Oltre al cinema, cos'è che l'appassiona di più?
"Il mio vero lavoro a tempo pieno è
vedere dentro la mia mente, capire chi siamo e come operiamo nella realtà, come
purificarmi dalle emergie negative. Poi ho un figlio di tredici anni, so che
tra un po' spiccherà il volo, e per questo cerco di passare con lui quanto più
tempo di qualità è possibile. E naturalmente c'è la mia battaglia per il Tibet,
in cui la situazione continua a essere incresciosa: c'è tanto da fare per
cercare di promuovere la liberazione di quel popolo".
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