da:
la Repubblica
Bradley Cooper, il pupillo
di De Niro:
"La candidatura all'Oscar è come aver vinto"
"La candidatura all'Oscar è come aver vinto"
L'attore di "Un
weekend da leoni" è in corsa per l'Oscar come protagonista di "Il
lato positivo", nelle nostre sale dal 7 marzo. Il grande Bob è diventato
il suo mentore dopo il film "Limitless". "Sono mezzo italiano,
vivo con la mamma"
di
Arianna Finos
La maniacalità di Bradley Cooper è seconda
solo a quella del suo mentore Robert De Niro. Lo certifica il regista David O.
Russell "Sul set a Filadelfia, travolto da pioggia ghiacciata, avevo
deciso una pausa. Il walkie talkie del set crepita e l'assistente:
"Bradley Cooper vuole provare ancora le scene della corsa. E vuole che lo
accompagni"". A 38 anni, l'attore che ha esordito come episodico
flirt televisivo della Carrie di Sex and the city corre come mai ha fatto in
vita sua. Corre per l'Oscar da protagonista, il ruolo è di un tenero e fragile
bipolare in Il lato positivo, forgiato con l'aiuto dell'amico Robert De
Niro, che interpreta suo padre. Tratto dal bestseller Silver linings
playbook (in sala giovedì 7 marzo per Eagle) il film racconta l'incontro
tra un uomo uscito da un istituto psichiatrico e una ragazza (Jennifer Lawrence)
che soffre a sua volta di problemi psichici. Una gara di ballo sarà, per
entrambi, l'occasione per tentare
la rivincita nei confronti della vita.
"Per me invece questo film è la grande occasione della carriera"
confessa Bradley Cooper, i cui occhi grandi e limpidi hanno ben restituito la
purezza del disturbato personaggio. Finora al suo attivo l'attore aveva una
manciata di film da grande incasso (A Team, Un weekend da leoni) e
altrettante opere indipendenti (Limitless e The Words).
Forbidabile divoratore di libri (ne sta adattando uno per il grande schermo) si
è sempre accompagnato a colleghe di forte personalità (Renée Zellwegger,
Zoe Saldana). Ha stroncato sul nascere i tentativi dei tabloid di attribuirgli
una storia con la giovane collega Jennifer Lawrence, "potrebbe essere mia
figlia" e ha creduto tanto in Il lato positivo da volerlo
produrre. "Ci ho messo tutto me stesso. Non c'erano scorciatoie. Russell
pretendeva che fossimo davvero i personaggi, sul set ci chiedeva di
improvvisare. Mi sono preparato frequentando amici che soffrono di disturbo
bipolare, ho passato molto tempo con il figlio del regista che ha problemi
simili. Ho studiato documentari sulla depressione maniacale e scavato dentro le
mie fragilità. Avevo il beneficio dell'appartenenza: vengo da quei luoghi, i
Philadelphia Eagles sono anche la mia squadra. E, soprattutto, ho avuto Bob
come maestro".
È vero che De Niro voleva far recitare
sua madre?
"Gli avevo confidato che temevo di non
essere all'altezza del ruolo e lui ha suggerito al regista di far recitare mia
madre, per mettermi a mio agio. Ma dopo un provino David ha detto "non se
ne parla". Meglio, a mia madre sarebbe venuto un colpo. Ma l'attrice
Jackie Weaver le somiglia molto e sono state così tanto insieme da diventare
osmotiche".
Lei, Lawrence, Weaver e De Niro siete
tutti candidati all'Oscar. A De Niro non succedeva daPromontorio della paura,
nel '92.
"David O. Russell sa creare grande
affiatamento sul set. E io e Bob siamo amici dai tempi di Limitless. Quando mio
padre è morto c'è stato quasi un passaggio di consegne, tra loro. Abbiamo molto
in comune, siamo entrambi italo-irlandesi, e Bob ha perso suo padre alla mia
età. Ci sentiamo vicini e io lo considero il mio punto di riferimento".
Sua madre l'accompagnerà alla notte
degli Oscar.
"Sì. Mi hanno insegnato che la
famiglia è tutto. Mio padre è scomparso due anni fa e da allora praticamente
mia madre vive con me. Cosa che sembra strana agli americani, presumo che in
Italia sia più comprensibile. Non c'è altra scelta, se non altro non adesso. Mi
manda al manicomio, però è mia madre e io la amo".
I suoi genitori non volevano che lei
facesse l'attore.
"Avevano paura. Mio nonno faceva il
poliziotto e coltivava aglio, l'altro nonno era vigile del fuoco. Erano
immigrati, mio padre è stato il primo a lasciare il quartiere in cui era nato.
La sfida della loro vita è stata poter mantenere la propria famiglia. Quando io
gli ho detto che volevo fare l'attore papà ha esclamato: "Porca
miseria". Ma dopo il college io ho chiesto un prestito allo Stato per un
master in recitazione e al saggio, dal palco, ho visto lo sguardo di mio padre
seduto tra il pubblico: finalmente aveva iniziato a credere possibile il mio
sogno".
C'è stato un momento in cui ha pensato
di mollare?
"Molte volte. Ho lavorato spesso, ma
avuto anche grandi crisi. E' una professione in cui devi imparare a superare i
rifiuti".
La peggiore audizione?
"Un provino per un horror con Wes
Craven. Era una scena in cui uscivo da una macchina, ubriaco, dopo un
incidente. Ero nervoso, paralizzato, ho letto sulla faccia del regista quale
schifezza stessi facendo e ho pensato "questo lavoro non fa per me".
Ma sono andato avanti. Oggi essere candidato all'Oscar per me è come avere già
vinto. Mi godrò la serata e tornerò a lavoro. Un nuovo film con Russell e
Jennifer Lawrence, poi porterò a Broadway The elephant man. Una corsa
continua, lo so, ma non è questo il momento di smettere".
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