martedì 13 novembre 2012

Primarie del PD a Sky: il solito “chi ha vinto” tra Bersani e Renzi


da: Lettera 43

Pd, in tivù la spunta Renzi
Il 37enne ha la meglio. Bersani si difende.
di Edda Guerrini

Il vincitore del primo confronto tivù tra i candidati del centrosinistra andato in onda in prima serata l'11 novembre su Sky Tg24è stato senza dubbio Matteo Renzi. L’unico a guardare in camera, il più a suo agio nei tempi brevissimi imposti dalle regole, brillante nelle battute, diretto nelle risposte. Sullo stile, sul format, sul linguaggio, il sindaco di Firenze ha battuto i suoi avversari.
BERSANI MEDAGLIA D'ARGENTO. In un’ipotetica classifica, al secondo posto si è piazzato Pier Luigi Bersani anche se è partito male. Male nel linguaggio corporeo, prima ancora che verbale: occhi sempre bassi, mai in macchina, espressione triste, aria evidentemente scocciata. Dava l’impressione di non essere a suo agio e di trovarsi lì contro la sua volontà. A metterlo in difficoltà anche i tempi serrati delle risposte, non adatte allo stile oratorio del segretario del Pd.
NESSUNA SPALLATA A RENZI. Una cosa è certa: l'effetto «tutti contro il rottamatore» non c’è stato, perché sia Bruno Tabacci, sia Nichi Vendola non sono stati sufficientemente efficaci. E perché Bersani non è passato come leader autorevole, attorniato dai leaderini inadeguati. Colpa anche della postazione centrale che il sorteggio ha assegnato a Renzi.
PIER LUIGI FA SQUADRA. E PARTITO. Il segretario è però migliorato con il passare del tempo. È stato l’unico, per esempio, a citare per nome gli altri candidati: «Matteo, Laura, Nichi». Un modo per rendere plasticamente l’immagine dell’unico capace di tenere insieme la squadra. Ed è stato l’unico a citare più volte il Pd, le proposte di legge del Pd, come fossero cosa sua. E questo è stato percepito come un segno di forza.

Puppato paga un eccessivo localismo. Vendola l'agitazione
Terza classificata, Laura Puppato. Più per l’immagine rassicurante e materna, che per l’efficacia delle risposte. A differenza di Vendola e di Bersani, non ha tradito mai nervosismo, né irritazione. È apparsa a suo agio, nonostante fosse l’outsider del gruppo democratico e la più inesperta. Ma ha scontato un «localismo» e una vaghezza nelle proposte che ne hanno neutralizzato la competitività.
Il fatto di citare più volte la sua esperienza di sindaco a Montebelluna, per esempio, se da un lato l'ha resa credibile, dall’altro l'ha fatta sembrare unfit - inadeguata - a guidare un Paese e in un momento difficile come questo.
LA RIPRESA DI TABACCI. Bruno Tabacci, va detto, è partito male. Emozionato, è stato incapace di rispettare i tempi e già al primo quesito è stato ripreso dal moderatore perché andava fuori tema. Poi, cammin facendo, è migliorato. Anche se contro di lui ha giocato il fatto che, pur essendo il candidato di centro, su molti temi era più a sinistra di Bersani e Vendola (evasione, tasse, Casta).
VENDOLA IN DIFFICOLTÀ. Il peggiore del confronto è stato Vendola. Il sudore che per tutto il tempo gli ha imperlato la fronte è stato visto come sintomo di difficoltà. Sbagliata anche la scelta di voltarsi spesso verso Renzi, quasi ne subisse la sudditanza. La narrazione vendoliana non ha sopportato il minuto e mezzo del format. Così come il leader Sel non è riuscito a mettere in difficoltà il rottamatore che era il suo vero obiettivo.
I Pantheon dei magnifici 5: papi, cardinali, politici del Dopoguerra e una blogger
Pochissimi i numeri citati. Forse perché tutti erano spaventati dal fact checking che si sapeva avrebbe seguito il dibattito.
Gli scivoloni peggiori li hanno infilati Laura Puppato che ha attribuito a Renato Brunetta la battuta sui «bamboccioni» fatta da Tommaso Padoa Shioppa (è stata corretta da Renzi) e Vendola che ha citato, come suo punto di riferimento, un cardinale (Martini) dopo che già Bersani aveva citato un papa (Giovanni XIII).
OMOGENEITÀ NELLE RISPOSTE.
Così come sulla riforma Fornero (tutti hanno detto di volerla cambiare).
Renzi ha cavalcato molti temi grillini, dall’attacco a Equitalia all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Argomento, quest’ultimo, su cui invece Bersani, Vendola e Tabacci sono apparsi più in difficoltà.
Gol del rottamatore anche su Sergio Marchionne, con l’idea (copiata da Vendola) di rivolgersi a lui direttamente: «Caro ingegner Marchionne» (anche se in realtà l'amministratore delegato Fiat è laureato in Legge).
DISTINGUO SULLE ALLEANZE. Gli unici distinguo si sono registrati sulle future alleanze. Vendola e Renzi hanno chiuso con decisione la porta all'Udc di Pier Ferdinando Casini. «Nell'alleanza che abbiamo in testa», ha detto il sindaco di Firenze, «non ci dovrebbe essere Casini. Di Casini ne abbiamo abbastanza dei nostri». Puppato si è detta più  possibilista: «La coalizione è questa, abbiamo un'unità di intenti. Casini non ha sciolto i nodi. Se la sua opinione fosse chiara avremmo una carta in più da giocare». Molto più morbido Bersani che ha ribadito: «La coalizione è quella presente qui questa sera». Aggiungendo però di essere pronto a «discutere con chiunque sia pronto a porre un argine», alle forze populiste e di estrema destra che stanno agitandosi in Europa.
GLI APPELLI FINALI. Sugli appelli finali, ha vinto ancora Renzi. Tra cardinali, papi e politici del Dopoguerra - Puppato ha inserito nel proprio Pantheon Nilde Iotti e Tina Anselmi, Tabacci Alcide De Gasperi e Giovani Marcora - il sindaco di Firenze è stato l’unico che si è smarcato citando un leader mondiale, oltre che popolare, Nelson Mandela, e la giovane blogger tunisina Lina.

Nessun commento:

Posta un commento