da: Lettera 43
Pd,
in tivù la spunta Renzi
Il
37enne ha la meglio. Bersani si difende.
di Edda
Guerrini
Il vincitore del primo confronto tivù tra i candidati del centrosinistra andato
in onda in prima serata l'11 novembre su Sky Tg24è stato senza dubbio
Matteo Renzi. L’unico a guardare in camera, il più a suo agio nei tempi
brevissimi imposti dalle regole, brillante nelle battute, diretto nelle
risposte. Sullo stile, sul format, sul linguaggio, il sindaco di Firenze ha
battuto i suoi avversari.
BERSANI
MEDAGLIA D'ARGENTO. In un’ipotetica classifica, al
secondo posto si è piazzato Pier Luigi Bersani anche se è partito male. Male
nel linguaggio corporeo, prima ancora che verbale: occhi sempre bassi, mai in
macchina, espressione triste, aria evidentemente scocciata. Dava l’impressione
di non essere a suo agio e di trovarsi lì contro la sua volontà. A metterlo in
difficoltà anche i tempi serrati delle risposte, non adatte allo stile oratorio
del segretario del Pd.
NESSUNA
SPALLATA A RENZI. Una cosa è certa: l'effetto «tutti
contro il rottamatore» non c’è stato, perché sia Bruno Tabacci, sia Nichi
Vendola non sono stati sufficientemente efficaci. E perché Bersani non è
passato come leader autorevole, attorniato dai leaderini inadeguati. Colpa
anche della postazione centrale che il sorteggio ha assegnato a Renzi.
PIER
LUIGI FA SQUADRA. E PARTITO. Il segretario è però migliorato
con il passare del tempo. È stato l’unico, per esempio, a citare per nome
gli altri candidati: «Matteo, Laura, Nichi». Un modo per rendere plasticamente
l’immagine dell’unico capace di tenere insieme la squadra. Ed è stato l’unico a
citare più volte il Pd, le proposte di legge del Pd, come fossero cosa sua. E
questo è stato percepito come un segno di forza.
Puppato paga un eccessivo localismo.
Vendola l'agitazione
Terza classificata, Laura Puppato. Più per
l’immagine rassicurante e materna, che per l’efficacia delle risposte. A
differenza di Vendola e di Bersani, non ha tradito mai nervosismo, né
irritazione. È apparsa a suo agio, nonostante fosse l’outsider del gruppo
democratico e la più inesperta. Ma ha scontato un «localismo» e una vaghezza
nelle proposte che ne hanno neutralizzato la competitività.
Il fatto di citare più volte la sua
esperienza di sindaco a Montebelluna, per esempio, se da un lato l'ha resa credibile,
dall’altro l'ha fatta sembrare unfit - inadeguata - a
guidare un Paese e in un momento difficile come questo.
LA RIPRESA DI TABACCI. Bruno Tabacci, va detto, è partito male. Emozionato, è stato incapace di rispettare i tempi e già al primo quesito è stato ripreso dal moderatore perché andava fuori tema. Poi, cammin facendo, è migliorato. Anche se contro di lui ha giocato il fatto che, pur essendo il candidato di centro, su molti temi era più a sinistra di Bersani e Vendola (evasione, tasse, Casta).
LA RIPRESA DI TABACCI. Bruno Tabacci, va detto, è partito male. Emozionato, è stato incapace di rispettare i tempi e già al primo quesito è stato ripreso dal moderatore perché andava fuori tema. Poi, cammin facendo, è migliorato. Anche se contro di lui ha giocato il fatto che, pur essendo il candidato di centro, su molti temi era più a sinistra di Bersani e Vendola (evasione, tasse, Casta).
VENDOLA
IN DIFFICOLTÀ. Il peggiore del confronto è stato
Vendola. Il sudore che per tutto il tempo gli ha imperlato la fronte è stato
visto come sintomo di difficoltà. Sbagliata anche la scelta di voltarsi spesso
verso Renzi, quasi ne subisse la sudditanza. La narrazione vendoliana non ha
sopportato il minuto e mezzo del format. Così come il leader Sel non è riuscito
a mettere in difficoltà il rottamatore che era il suo vero obiettivo.
I Pantheon dei magnifici 5: papi,
cardinali, politici del Dopoguerra e una blogger
Pochissimi i numeri citati. Forse perché
tutti erano spaventati dal fact checking che si sapeva avrebbe seguito il
dibattito.
Gli scivoloni peggiori li hanno infilati Laura Puppato che ha attribuito a Renato Brunetta la battuta sui «bamboccioni» fatta da Tommaso Padoa Shioppa (è stata corretta da Renzi) e Vendola che ha citato, come suo punto di riferimento, un cardinale (Martini) dopo che già Bersani aveva citato un papa (Giovanni XIII).
Gli scivoloni peggiori li hanno infilati Laura Puppato che ha attribuito a Renato Brunetta la battuta sui «bamboccioni» fatta da Tommaso Padoa Shioppa (è stata corretta da Renzi) e Vendola che ha citato, come suo punto di riferimento, un cardinale (Martini) dopo che già Bersani aveva citato un papa (Giovanni XIII).
OMOGENEITÀ
NELLE RISPOSTE.
Quanto ai temi, sulle tasse i candidati non si sono differenziati molto tra loro.
Così come sulla riforma Fornero (tutti
hanno detto di volerla cambiare).
Renzi ha cavalcato molti temi grillini,
dall’attacco a Equitalia all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
Argomento, quest’ultimo, su cui invece Bersani, Vendola e Tabacci sono apparsi
più in difficoltà.
Gol del rottamatore anche su Sergio Marchionne, con l’idea (copiata da Vendola) di rivolgersi a lui direttamente: «Caro ingegner Marchionne» (anche se in realtà l'amministratore delegato Fiat è laureato in Legge).
DISTINGUO SULLE ALLEANZE. Gli unici distinguo si sono registrati sulle future alleanze. Vendola e Renzi hanno chiuso con decisione la porta all'Udc di Pier Ferdinando Casini. «Nell'alleanza che abbiamo in testa», ha detto il sindaco di Firenze, «non ci dovrebbe essere Casini. Di Casini ne abbiamo abbastanza dei nostri». Puppato si è detta più possibilista: «La coalizione è questa, abbiamo un'unità di intenti. Casini non ha sciolto i nodi. Se la sua opinione fosse chiara avremmo una carta in più da giocare». Molto più morbido Bersani che ha ribadito: «La coalizione è quella presente qui questa sera». Aggiungendo però di essere pronto a «discutere con chiunque sia pronto a porre un argine», alle forze populiste e di estrema destra che stanno agitandosi in Europa.
GLI APPELLI FINALI. Sugli appelli finali, ha vinto ancora Renzi. Tra cardinali, papi e politici del Dopoguerra - Puppato ha inserito nel proprio Pantheon Nilde Iotti e Tina Anselmi, Tabacci Alcide De Gasperi e Giovani Marcora - il sindaco di Firenze è stato l’unico che si è smarcato citando un leader mondiale, oltre che popolare, Nelson Mandela, e la giovane blogger tunisina Lina.
Gol del rottamatore anche su Sergio Marchionne, con l’idea (copiata da Vendola) di rivolgersi a lui direttamente: «Caro ingegner Marchionne» (anche se in realtà l'amministratore delegato Fiat è laureato in Legge).
DISTINGUO SULLE ALLEANZE. Gli unici distinguo si sono registrati sulle future alleanze. Vendola e Renzi hanno chiuso con decisione la porta all'Udc di Pier Ferdinando Casini. «Nell'alleanza che abbiamo in testa», ha detto il sindaco di Firenze, «non ci dovrebbe essere Casini. Di Casini ne abbiamo abbastanza dei nostri». Puppato si è detta più possibilista: «La coalizione è questa, abbiamo un'unità di intenti. Casini non ha sciolto i nodi. Se la sua opinione fosse chiara avremmo una carta in più da giocare». Molto più morbido Bersani che ha ribadito: «La coalizione è quella presente qui questa sera». Aggiungendo però di essere pronto a «discutere con chiunque sia pronto a porre un argine», alle forze populiste e di estrema destra che stanno agitandosi in Europa.
GLI APPELLI FINALI. Sugli appelli finali, ha vinto ancora Renzi. Tra cardinali, papi e politici del Dopoguerra - Puppato ha inserito nel proprio Pantheon Nilde Iotti e Tina Anselmi, Tabacci Alcide De Gasperi e Giovani Marcora - il sindaco di Firenze è stato l’unico che si è smarcato citando un leader mondiale, oltre che popolare, Nelson Mandela, e la giovane blogger tunisina Lina.
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