da:
la Repubblica
Operazione sabotaggio
di
Giovanni Valentini
Il primo
atto concreto del nuovo vertice Rai
rischia di essere un atto di autolesionismo o addirittura un sabotaggio. Avrà
le sue buone ragioni il direttore generale Gubitosi a proporre la nomina del
suo predecessore, Lorenza Lei, ad amministratore delegato della Sipra.
La proposta di nomina di Lorenza Lei è
arrivata in mezzo ad altri avvicendamenti più o meno di routine. Ma la Sipra è
la concessionaria di pubblicità
dell’azienda, il suo polmone
finanziario, raccoglie all’incirca metà dei suoi ricavi e dunque
rappresenta uno dei due pilastri fondamentali, insieme al canone d’abbonamento,
su cui si regge ancora il nostro malandato servizio pubblico radiotelevisivo.
Degradata
in
pochi mesi da “signora di ferro” a
“signora di latta”, alla guida della Rai Lorenza Lei ha deluso le
aspettative interne ed esterne, dilapidando rapidamente un’apertura di credito
che anche noi, su questo giornale, le avevamo accordato all’inizio
dell’incarico in funzione dell’esperienza e della fedeltà aziendale. Sotto la
sua direzione, è stata portata a termine l’operazione di “pulizia etnica” già avviata
da Mauro Masi su mandato del governo
di centrodestra, sottraendo alla Rai professionalità, ascolti e quindi
risorse economiche. Alla fine i conti dell’azienda, chiusi formalmente con un
piccolo attivo, nascondono in realtà un passivo di bilancio che sarà arduo
risanare.
C’è da aggiungere poi che, proprio durante il mandato della signora Lei,
la stessa Sipra ha accusato un calo
vistoso nella raccolta pubblicitaria, tanto da indurre ora la nuova direzione
generale a esonerare l’amministratore delegato della stessa concessionaria,
Aldo Reali. È vero che in questa difficile congiuntura tutte le aziende editoriali stanno risentendo pesantemente della crisi,
a cominciare da Mediaset. Ma non si può
licenziare come un capro espiatorio il
responsabile della filiale o della succursale e nel contempo promuovere l’ex dirigente della casa madre:
o sono sbagliate tutte e due le scelte oppure, se è giusta la prima, vuol dire
che comunque è sbagliata la seconda.
Le motivazioni addotte confidenzialmente da
Gubitosi al Consiglio di amministrazione, ammesso che siano autentiche e
fondate, non fanno che accrescere le preoccupazioni in ordine alla gestione
della Rai. Se Lorenza Lei ha uno stipendio
molto alto e non è agevole assegnarle un altro posto adeguato, questa non è
evidentemente una ragione valida per consegnarle le chiavi della cassaforte
aziendale. E il fatto che lo stesso direttore
generale si proponga come presidente
della Sipra, quasi a garantire come un “tutor”
l’amministratrice delegata, aggiunge l’ulteriore incognita di un doppio
incarico che incombe sul futuro del servizio pubblico.
Per completare il quadro, è necessario
forse ricordare che sul piano dell’audience e della pubblicità la Rai deve
contendere il terreno a Mediaset? E che la signora Lei è notoriamente gradita
al centrodestra e al suo padre-padrone? Non c’è il rischio, insomma, che la
Sipra diventi sotto la sua guida uno “sleeping
partner” di Publitalia o – per essere ancora più espliciti – un suo arrendevole
concorrente?
Non sono interrogativi che riguardano
soltanto il mercato e il pluralismo televisivo. Coinvolgono l’intero sistema
dell’informazione italiana, il suo equilibrio complessivo, i vecchi e i nuovi
media. E dunque, l’assetto generale di un settore nevralgico per la libertà di
espressione, per la formazione e l’aggregazione del consenso.
È sotto gli occhi di tutti il colossale flop del passaggio al digitale terrestre, imposto dal centrodestra e introdotto nel modo più affrettato e maldestro per favorire la concentrazione televisiva che fa capo all’ex premier-tycoon. Quel disastro porta inequivocabilmente il nome di un esecutore materiale: l’ex ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri. Ma il mandante è senz’altro Silvio Berlusconi, con alle spalle la sua azienda-partito, i suoi affari privati e familiari. In tempi di lacrime e sangue, di sacrifici per tutti, di tagli e spending review, non è accettabile che il “governo dei tecnici”, o chi ne discende, s’inchini alle ultime volontà del regime televisivo e a quell’indecente conflitto d’interessi su cui storicamente fu fondato.
È sotto gli occhi di tutti il colossale flop del passaggio al digitale terrestre, imposto dal centrodestra e introdotto nel modo più affrettato e maldestro per favorire la concentrazione televisiva che fa capo all’ex premier-tycoon. Quel disastro porta inequivocabilmente il nome di un esecutore materiale: l’ex ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri. Ma il mandante è senz’altro Silvio Berlusconi, con alle spalle la sua azienda-partito, i suoi affari privati e familiari. In tempi di lacrime e sangue, di sacrifici per tutti, di tagli e spending review, non è accettabile che il “governo dei tecnici”, o chi ne discende, s’inchini alle ultime volontà del regime televisivo e a quell’indecente conflitto d’interessi su cui storicamente fu fondato.
foto da: Adnkronos
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